Autoferrotranvieri: «Ora il contratto»

Adesioni altissime ieri per lo sciopero del trasporto pubblico locale. Hanno incrociato le braccia per 24 ore (rispettando comunque le fasce di garanzia) gli autoferrotranvieri, per sbloccare la vertenza sul rinnovo del secondo biennio economico, scaduto il 31 dicembre scorso. I sindacati giudicano insufficienti le risorse stanziate dal governo. E annunciano un’altra giornata di mobilitazione «senza fasce di garanzia» per il prossimo 13 dicembre.
La vertenza insomma va verso un inasprimento. E in ballo, oltre al rinnovo contrattuale, c’è «la situazione di emergenza in cui versa il trasporto pubblico locale» per usare le parole del presidente di Asstra (una delle associazioni di categoria), Marcello Panettoni. Non è per caso infatti, nè per magnanimità, che le associazioni imprenditoriali (Asstra e Anav) hanno tra le righe «appoggiato» lo sciopero di ieri. Diffondendo anche dati non così distanti dalle stime fornite dai sindacati che avevano proclamato lo sciopero (Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Faisa Cisal e poi anche i sindacati di base ). Le risorse messe a disposizione dalla Finanziaria, in buona sostanza, scontentano tutti. Fermi restando però tutti i distinguo del caso quando si parla di come impiegare i maggiori fondi richiesti.
Innanzitutto c’è la vertenza contrattuale. Il rinnovo del biennio economico già scaduto, e per il quale i sindacati chiedono 111 euro di aumento (come adeguamento all’inflazione), mentre la disponibilità delle imprese è ferma a quota 65. «Insufficienti» del resto sono state ritenute le maggiori risorse (40 milioni di euro) messe a disposizione dal governo con un emendamento votato l’altro ieri: 120 milioni di euro complessivi per tre anni, che aggiunti ai 60 milioni l’anno già previsti, portano la dotazione annua per gli autoferrotramvieri a 100 milioni. Secondo i sindacati ne servirebbero almeno il doppio, mentre le imprese chiedono un miliardo di euro per finanziare, oltre al rinnovo contrattuale, anche nuovi mezzi e infrastrutture.
Quello che ormai pare a tutti evidente è la situazione di emergenza in cui versa il trasporto pubblico locale. «Una crisi urgente – dice Santo Di Santo, Filt Cgil – che il governo, insieme a Regioni e imprese, deve affrontare immediatamente». Con la riforma del 1998 si è dato il via libera al processo di privatizzazione delle aziende mediante la costituzione di Spa (con la partecipazione in molti casi degli enti locali) senza contestualmente avviare la liberalizzazione dei servizi di pubblico trasporto. Negli ultimi dieci anni gli stanziamenti dello Stato, fatti salvi alcuni interventi straordinari, sono rimasti pressoché invariati e le aziende si sono indebitate. Attualmente, spiega Di Santo, lo Stato finanzia il 65% del costo dei trasporti, il resto essendo a carico di enti locali, Regioni, e delle stesse aziende (che naturalmente in questi anni, per guadagnare in economicità, si sono rivalse sul lavoro). Per evitare dunque «un anno nero dei trasporti», tutti i soggetti chiedono al governo l’apertura di un confronto vero sulle politiche del trasporto locale. Con qualche distinguo però. «Servono fondi, certo – conclude Di Santo – ma servono anche nuove regole». Il sistema delle imprese del trasporto pare affetto, neanche a dirlo, da nanismo. «E senza una sua evoluzione non si andrà molto lontano».
Le adesioni allo sciopero si sono attenute su percentuali molto alte secondo i sindacati (con punte del 100% in alcune città). «Il blocco dei mezzi pubblici è stato pressoché totale in tutte le grandi città», ha dichiarato Walter Baricevic della Fit Cisl. «Uno sciopero riuscito e che potrebbe aprire una lunga serie di proteste» si legge infine in una nota congiunta firmata dai sindacati di base.