Si discute in questi giorni della necessità di attuare una manovra straordinaria e aggiuntiva di finanza pubblica motivandola con l’esigenza posta dal reperimento immediato di circa 7 miliardi di euro necessari al rispetto di accordi presi con la Ue dal precedente governo circa il valore dell’indebitamento netto di competenza per il 2006. Il contenuto di tale manovra aggiuntiva non si conosce nel dettaglio ma è presumibile che la parte preponderante di essa sarà data dall’innalzamento delle attuali aliquote Iva. Tutti percepiscono l’impatto regressivo di tale misura, anche se essa fosse eventualmente attuata nella forma più morbida possibile (spostamento del classamento Iva di alcuni beni e servizi). A fronte di ciò occorre chiedersi innanzi tutto se la manovra bis è necessaria e a quale logica di programma generale di finanza pubblica essa risponde. La necessità è dubbia. I risultati della Commissione Faini sono stati drammatizzati e non sembrano esistere ragioni per non aspettare le normali scadenze della politica di bilancio (DPEF e Finanziaria) per procedere verso un ragionato risanamento. La logica cui la manovra bis risponde è preoccupante. Essendo aggiuntiva e non anticipatrice della politica finanziaria ordinaria la manovra tende ad aumentare l’entità complessiva del saldo primario per il 2007 in modo da tenere il deficit di tale anno al valore del 2,8% del PIL. Per fare ciò occorrono circa 30 miliardi di euro (più quelli della manovra bis) ed un avanzo primario di circa il 2,2% del PIL. In questa prospettiva tutta la manovra per il 2007 sarebbe indirizzata al risanamento e quasi per nulla allo sviluppo. I due tempi cacciati dalla porta rientrano dalla finestra. C’è una linea alternativa, che consiste nel tendere alla stabilizzazione dello stock di debito con derivazione da tale valore delle altre grandezze dei saldi. La stabilizzazione del debito richiederebbe un avanzo primario tra 1 e 1,5 del Pil (oggi circa 0,5), un indebitamento netto di competenza per il 2007 di poco superiore al 3% e circa 13/14 miliardi di manovra ordinaria finalizzati al risanamento. Strumenti semplici e ordinari di finanza pubblica consentirebbero di reperire tale cifra: circa 6 miliardi con l’annullamento del secondo modulo della riforma Tremonti; circa 3 o 4 con misure di recupero dell’Iva elusa; circa 3 o 4 con la riorganizzazione della tassazione delle rendite finanziarie; circa 3 o 4 con la razionalizzazione dei trasferimenti alle imprese. Avanzerebbe gettito per esentare la prima casa dall’Ici (circa 2,5 miliardi di euro)! In realtà possono essere concepite misure, sempre ordinarie, per aumentare ancor di più le entrate e finalizzare le risorse allo sviluppo, contestualmente al risanamento. Allora occorre chiedere un annullamento della progettata manovra Iva e, se proprio occorre anticipare i tempi normali, implementare una manovra che sia solo contabilmente anticipatrice di quella ordinaria verso la quale dovrebbero tendere gli sforzi del governo e delle parti sociali. L’Iva subito è invece una misura fin troppo facile dal punto di vista tecnico che rappresenta molto bene una possibile tendenza della politica di bilancio prossima ventura in cui lo sviluppo (con equità) gioca un ruolo eventuale e residuale. Speriamo che non si scelga tale strada.
* Università di Milano Bicocca