«Attenzione, il piduismo è un rischio perenne»

Parlando con Gaetano Arfé, eleganza culturale formata alla scuola di Benedetto Croce e Federico Chabot, viene il dubbio se la P2 abbia davvero stravolto la politica italiana o ne sia stato solo un sintomo codificando le pratiche meno nobili nascoste nei cassetti della società dei potenti. «Mi verrebbe da dire, parafrasando un grande filosofo italiano, che da oltre mezzo secolo il piduismo è un momento eterno dello spirito italico. Quando si è estinta la destra storica, il piduismo si è affacciato quale espressione di un conservatorismo rimasto rozzo e brutale. Tendenzialmente eversivo».
Arfé ha vissuto questa storia dall’altra parte. Partigiano nella prima Divisione Alpina in Valtellina, iscritto al Partito Socialista nel ’45, con Francesco de Martino e Antonio Giolitti ha diretto la rivista “Mondo Operaio” e, per dieci anni, l’“Avanti”. Senatore e deputato europeo del Psi, nel ’84 lascia il partito per militare con la Sinistra Indipendente. Torna al Senato nelle liste del Pci. Intanto insegna storia contemporanea a Bari, Firenze, infine Napoli. I suoi libri indagano su Mezzogiorno, socialismo italiano, integrazione europea, antifascismo, analisi il cui rigore disegna i propositi di un’Italia pulita.
«Precursori dei piduisti sono stati i circoli monarchici che riempirono le patrie galere. Lo erano i nazionalisti quando attaccarono il Giolitti capo del governo: veniva accusato di essersi venduto alla Germania perché contrario a coinvolgere l’Italia nella prima guerra mondiale. E poi le caste militari e burocratiche strette attorno al re e sostenute dal governo inglese: hanno sabotato la Resistenza tentando di impedire la sollevazione nazionale contro il fascismo».
Quando ha scoperto l’esistenza della loggia segreta P2, non si è, dunque, meravigliato ?
«Dopo le prime notizie di agenzia e di stampa, ne ho parlato con Riccardo Lombardi, leader della sinistra socialista: era fortemente turbato dal fatto che un suo fedelissimo – Fabrizio Cicchitto – aveva aderito alla setta dopo una lunga serie di pressioni e intimidazioni (come gli ha ripetuto per giustificare l’errore). Ma intendeva uscirne. Nella sua generosità, Lombardi lo aveva assolto invitandolo, per penitenza, a tenersi lontano da ogni attività politica per un tempo ragionevole. L’invito è stato accolto, ma le vie del peccato sono sempre in discesa, e la contrizione, come accade a molti pentiti, non è stata duratura».
Cicchitto non era il solo socialista o democristiano, insomma, l’unico uomo di un partito di governo, ad essere iscritto nelle liste di Gelli…
«In quegli elenchi figuravano, non confessi, altri giovani dirigenti e deputati socialisti dichiaratamente di sinistra. Lombardi, nel suo candore, si sforzava di trovare una ragione non totalmente ignobile in questa loro scelta. Ma non riuscivamo a spiegare fino in fondo perché lo avevano fatto. Abbiamo convenuto che si imponeva una bonifica radicale, e con urgenza».
Con quale allarme politologi e analisti hanno affrontato il problema della loggia segreta?
«Sottovalutarono la componente occulta di questa storia, soprattutto delle resistenze rimaste nell’ombra: trovavano nella P2 un efficace centro di organizzazione, embrione a lunga maturazione di quella che sarebbe diventata Forza Italia».
Come ha reagito alla scoperta?
«Le racconto tre episodi. Un professore di sociologia politica è stato mandato in Italia dal governo americano (cominciava l’era Reagan-Bush padre) per un’inchiesta sullo stato dei nostri partiti. Ho avuto con lui molti incontri. L’ho accompagnato da Giorgio Amendola. Alla fine mi disse che ciò che stava facendo era utile e necessario, avrebbe dato maggior credito agli informatori italiani del suo governo. Ho poi scoperto che tra i personaggi che la Cia teneva d’occhio, c’ero anch’io. Un giorno i partigiani a riposo della Valtellina mi avvertono che un nostro compagno, già combattente eroico, stava cercando di arruolare uomini per non so quale avventura: l’incarico gli veniva da Edgardo Sogno, medaglia d’oro della Resistenza. Con Boldrini e Zaccagnini abbiamo organizzato un imponente raduno di partigiani per confermare fedeltà alla Repubblica, questa Repubblica. Infine una volta, mentre ero direttore dell’Avanti e parlamentare, ricevo una telefonata strana: mi si dice che gli studi storici languivano senza il mio apporto e mi si invitava caldamente a farvi ritorno. Dovevo lasciare la politica? Nel mio telefono e in quello di molti redattori scoprimmo delle cimici ad alta tecnologia. Pochi giorni dopo la mia abitazione di Roma è stata devastata da una forte carica di tritolo. Lo studio è andato distrutto. Mi sono salvato perché non ero in casa».
Chi può averlo fatto?
«Giorgio Pisanò, “ragazzo di Salò”, e ottimo conoscitore dell’estremismo fascista, collega al Senato, mi ha rivolto per la prima e ultima volta la parola per darmi la sua “parola d’onore, da combattente a combattente” che l’attentato non veniva da loro. Avrei fatto bene ad indagare fra i miei alleati di governo. Qualche tempo dopo ho sentito parlare di Gladio».
È l’Italia di chi trama fra le quinte, ma tutto ciò cosa c’entra con la P2?
«Ho fatto riferimenti frettolosi per spiegare che il caso P2 non è isolabile da questo torbido contesto. Appartengono alla mia esperienza, pur marginale e modesta, i fenomeni di corruzione della politica sollecitati in larga misura dalla così detta società civile. Non ho mai avuto posizioni di potere, eppure esimi colleghi universitari, senza pretendere contropartite, mi hanno offerto pompe di benzina sulle autostrade, terreni edificabili a prezzo vile, fruttuose operazioni finanziarie. Ho studiato nei miei giovani anni le origini del partito socialista raccogliendo via via in un unico quadro manifestazioni lontane e diverse, rintracciando i fili che le collegavano anche se, a volte, i protagonisti ne erano ignari. Ecco, una ricerca analoga andrebbe fatta per ricostruire il progetto che ha dato vita al partito di Berlusconi, partendo dai “pionieri” della P2».
Corriamo gli stessi rischi di 30 anni fa?
«Per ora non sento tintinnare di sciabole e non avverto segni di avventure spericolate e la ragione è forse nel fatto che il coagulo, da Bossi a Casini, alla fine è riuscito. E il programma del venerabile Gelli si è ormai tradotto in leggi e atti di governo che hanno ancora il carattere della precarietà: controllo dell’informazione, subordinazione della magistratura al potere politico, dominio nella società dei ricchi e dei poteri, sfascio della costituzione. Potrebbero diventare acquisizioni definitive se la sedicente Casa della Libertà dovesse conservare il potere nonostante gli spettacoli quotidiani di cui è protagonista».
Se il centrosinistra vince, come può frenare questo disegno?
«Sul piano operativo non sarà facile restaurare la legalità e consolidare dalle fondamenta la democrazia. È un impegno che richiede iniziative culturali per ricostruire nell’integrità e nella dialettica il processo storico che ha permesso a un oscuro personaggio di provincia la conquista di intelligenze e coscienze. È la domanda angosciosa che ripeteva Lombardi. Bisogna capire come abbia potuto suscitare il movimento che ha trovato in Silvio Berlusconi il suo ideologo e il suo capo politico. Ecco perché il caso P2 non va isolato, ma visto come manifestazione di una tendenza che ha radici antiche: non basterà una sconfitta elettorale per estirparle. Il nuovo governo dovrà fronteggiare le insidie della componente occulta della nostra storia. Regolarmente riemerge nei momenti di crisi».
Il Fabrizio Cicchitto pentito che aveva promesso di lasciare la P2 e di allontanarsi dalla politica per un tempo ragionevole, è tornato alla alla grande, rovesciando l’impegno. Da sinistra a destra: come lo spiega?
«Ha realizzato la vocazione».
2 – continua