Atesia risponde allo sciopero con la «serrata»

Come un vecchio padrone delle ferriere dell’800, ieri pomeriggio Atesia – il call center ormai diventato sinonimo di «schiavitù moderna» – ha reagito allo sciopero totale dei dipendenti con il vecchio strumento della «serrata». Constatato che i «liberi collaboratori» entrati a lavorare non erano comunque sufficienti a far fronte alle esigenze, ha preferito «mettere tutti in libertà».
Un comunicato aziendale l’aveva comunque preannunciato: «visto il pesante clima di intimidazione creato da qualche decina di elementi, in massima parte estranei all’azienda, che impediscono l’accesso a miglia di lavoratori…» si vede «costretta a sospendere le attività». Un testo paradossale, perché la polizia presidiava in forze gli ingressi fin dalla mattina, senza che – per tutta la giornata – si sia mai creato il pur minimo appiglio per intervenire. I «lavoratori» (è la prima volta che l’azienda li chiama così) sono rimasti disciplinatamente fuori dagli ingressi, limitandosi a parlare con i colleghi più incerti. Alle 16, infine, cancelli chiusi per tutti, con un paio di «crumiri» respinti dalla sorveglianza. Verso le 18 un cartello avvertiva che alle 20 si sarebbe riaperto.
Finisce così una giornata di protesta per i 400 «mancati rinnovi» (dei contratti a progetto) decisi da Atesia come parte dell’accordo siglato con Cisl, Uil e mezza Cgil. Accordo mai sottoposto a referendum tra i dipendenti (come chiedeva anche il Nidil-Cgil), bocciato dai lavoratori e respinto dal Collettivo precari, l’unica struttura che abbia saputo fin qui raccogliere un consenso maggioritario tra i lavoratori.
La partita è dunque ancora aperta. Anche perché l’azienda, che ha chiesto un incontro al ministro del lavoro, Cesare Damiano, si è sentita per tutta risposta invitare a «fare le assunzioni applicando i termini dell’accordo» e a «rinnovare tutti i contratti in scadenza al 31 maggio». Non che la soluzione sia chiarissima: l’«accordo», infatti, prevedeva implicitamente un migliaio di mancati rinnovi «in cambio» di 170 assunzioni part-time e 1.100 contratti di apprendistato per gente che lavora in Atesia da 6-7 anni.
In ogni caso, l’invito a prorogare i contratti in scadenza è esplicito. Ma questo vorrebbe dire reimmettere sul lavoro quella massa di «ribelli» di cui Atesia ha provato a liberarsi. Vedremo le prossime mosse, ma è ormai abbastanza chiaro che Alberto Tripi – patron del gruppo Almaviva, di cui fanno parte anche Cos e Finsiel, l’ex gioiello informatico di Telecom – potrebbe giocato la carta di un accordo al ribasso (poche assunzioni e poco costose) in cambio di un accesso privilegiato alle commesse che il governo può affidare. I comparti interessati sono quelli dei sistemi informatici e i call center per la pubblica amministrazione (terreno di scorrerie, dopo la smobilitazione berlusconiana dell’Aipa), ma anche l’e-government (idem). Parte da una buona posizione: gestisce i sistemi informatici delle Fs, la Carta nazionale dei servizi, i call center Alitalia, Fiat, Wind e via dicendo. Soprattutto, però, conta sui suoi rapporti politici. E’ tra i fondatori dell’Ulivo, ala Margherita rutelliana, al punto da aver prestato (pare gratuitamente) la sede di piazza Santi Apostoli. A Roma, uno così, potrebbe esser sospettato di voler ora «passare all’incasso».