Sarebbe utile che i lavoratori italiani chiamassero più spesso l’ispettorato, data l’esperienza Atesia. Nel call center più famoso d’Italia da anni non si riusciva a mettere ordine, e adesso – grazie ai controlli effettuati dagli ispettori – si è almeno chiarito il tipo di lavoro svolto dagli operatori: subordinato, di conseguenza inquadrabile esclusivamente sotto la tipologia del lavoro dipendente. E’ vero che l’ispezione si è conclusa prima che la circolare Damiano fissasse nuovi criteri interpretativi della legge 30 (con la distinzione inbound/outbound), ma d’altra parte sulla definizione di lavoro subordinato ancora oggi fa testo l’articolo 2094 del Codice civile, ed evidentemente gli ispettori hanno visto che di quel tipo di lavoro si tratta. A proposito – e ci torneremo alla fine dell’articolo – abbiamo ritenuto utile pubblicare il testo dell’esposto presentato il 27 luglio 2005 da cinque membri del Collettivo Precari Atesia, vicino ai Cobas, tanto per dare coraggio ad altri lavoratori che vogliano denunciare le aziende «cattive».
D’altra parte, anche se volessimo usare le nuove categorie esposteci qualche giorno fa (vedi il manifesto di giovedì 24 agosto) dal giuslavorista Nanni Alleva, comunque al call center difficilmente si potrebbero trovare delle forme di lavoro autonomo o parasubordinato: si parla infatti di un’organizzazione del lavoro (mezzi, strategie, la lista dei clienti da chiamare etc.) e di un risultato (rapporto con i committenti, criteri di efficienza etc.) in mano solo all’azienda, il che prefigura una dipendenza «socio-economica» del lavoratore, indipendentemente dal grado di controllo cui è sottoposto (rapporto con i capi, tempi di lavoro, orari). Criteri, quelli della dipendenza «socio-economica», fatti propri dalla Cgil nell’ultimo Congresso, chiuso a Rimini nel marzo scorso: Alleva fa parte della Consulta Cgil, ha preparato le proposte di legge avanzate dal sindacato e firmate da cinque milioni di cittadini, delineando la nuova definizione di lavoro dipendente attraverso la riforma dell’articolo 2094 del Codice civile, appunto con il concetto di dipendenza «socio-economica» (ripreso anche dalla campagna Precariare stanca). Sarebbe ora alquanto anomalo che la Cgil accettasse l’ipotesi «al ribasso» fissata dalla distinzione inbound/outbound della circolare Damiano, perché vorrebbe dire condannare dei dipendenti effettivi (organizzazione e risultato «alieni» al loro lavoro, decisi dall’azienda) ad essere perpetuamente lavoratori di serie B (bassi contributi, minori tutele, paghe a cottimo, niente articolo 18). Soprattutto, firmerebbe un’interpretazione della dipendenza che farebbe scuola per tutto il mondo del lavoro, e che influenzerebbe – lo stesso ministro Damiano non ne fa mistero – i prossimi interventi complessivi sulla legge 30.
E ora il testo dell’esposto, ricordando en passant che Alberto Tripi, titolare del call center Atesia e del gruppo Cos Almaviva, ha spiegato ieri che «non si possono assumere tutti i lavoratori (l’ispezione chiedeva il passaggio dei 3200 cocoprò a contratti dipendenti, ndr) perché i costi aziendali andrebbero fuori mercato». Assocontact (ramo confindustriale dei call center) dal Sole 24 Ore ha denunciato i «cantinari», ovvero quei call center che, spesso in nero e dai sottoscala di tante città italiane, fanno concorrenza sleale, obbligando i «virtuosi» ad abbassare i costi. Motivazioni comprensibili, e il governo dovrebbe intervenire sui committenti (molti di loro pubblici) che fanno gare al ribasso, tra i quali grosse compagnie come la Telecom (in un’inchiesta, tra aprile e maggio 2005, il manifesto ha denunciato l’esistenza di «cantinari» operanti per la Telecom a Catania e Roma). Ma certo non possono essere i lavoratori a pagare con compensi da fame e zero diritti la disonestà delle imprese «furbette».
Di seguito il testo integrale dell’esposto: «I sottoscritti (seguono i nomi dei lavoratori, ndr) chiedono un intervento urgente di codesta Direzione Provinciale inteso a verificare la natura dei rapporti di lavoro costituiti da Atesia s.p.a. con gli attuali operatori di call center. A tal fine rappresentano che la generalità degli attuali operatori, in numero di circa 4 mila unità, sono tutti stati giuridicamente inquadrati e retribuiti con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, ovvero con contratto a progetto. Tuttavia, prescindendo dalla qualificazione giuridica del contratto, i sottoscritti ritengono che per le modalità operative in atto, i contratti instaurati siano tutti di tipo subordinato».
«Si aggiunge che, sulla base di un accordo intervenuto con Cgil, Cisl e Uil, gli attuali contratti di collaborazione coordinata e continuativa, che giungeranno a scadenza il 30 settembre 2005, verrebbero sostituiti da contratti di apprendistato, ovvero da contratti di inserimento, e, per la parte residuale, da contratti a progetto. La circostanza determinerebbe, almeno per i lavoratori assunti con contratti di apprendistato e di inserimento, una notevole riduzione dei compensi».
«Inoltre, il mantenimento in servizio, con le trasformazioni di cui sopra, sarebbe condizionato alla firma di un “verbale di conciliazione”, con rinuncia a qualsiasi diritto o richiesta relativa al periodo di lavoro pregresso».
«Nel frattempo, circa 800 operatori addetti al servizio “out bound” (chiamate in uscita per attività promozionali) sono stati momentaneamente sospesi dal servizio con la motivazione che le relative campagne erano state esaurite. Di fatto sono stati messi in “ferie obbligatorie” non retribuite, così come avviene tutti gli anni di questo periodo, dal momento che nel mese di agosto l’attività naturalmente si riduce in maniera drastica. La circostanza ha determinato un notevole e diffuso malumore per cui gli operatori hanno deciso autonomamente di organizzare una pausa collettiva per discutere il problema».
«Quattro colleghi facenti parte del Collettivo, che, come altri, si sono attivati per organizzare la pausa, sono stati licenziati in tronco, con la motivazione che la loro condotta avrebbe configurato “la definitiva lesione del vincolo fiduciario posto a base del contratto di collaborazione” (vedere copia della lettera di licenziamento del lavoratore G. V. che si allega)».
«Si rappresenta l’urgenza dell’intervento, dal momento che entro il 30 settembre i lavoratori verranno invitati alla novazione del rapporto previa sottoscrizione dell’Accordo Conciliativo di cui sopra, condizione questa che deve ritenersi, tra l’altro, ricattatoria, in quanto in alternativa il contratto in atto viene comunque a scadere e il rapporto di lavoro non verrebbe più rinnovato. Per opportuna conoscenza si allega un “Dossier” da noi predisposto in merito ai fatti di cui trattasi e alla natura del rapporto di lavoro degli operatori telefonici».
Domani, alle ore 12 davanti al call center di Cinecittà la conferenza stampa dei lavoratori.