Call center, sono arrivate le urne elettorali: e ad Atesia il recente accordo tra il gruppo Cos e i sindacati è stato bocciato. Il 58,7% degli operatori simbolo della precarietà ha respinto l’intesa che prevede l’assunzione a tempo indeterminato per tutti i 6300 cocoprò della Cos. Nel noto call center romano ha votato un terzo dei 3600 aventi diritto, ovvero 1042 persone: 612 i no, 426 i sì. Questo voto, però, non mette una croce sopra l’accordo, in quanto si vota anche negli altri call center del gruppo di Alberto Tripi. A Palermo si è già votato, anche se non con referendum a scrutinio segreto come a Roma, ma per alzata di mano: i verbali non sono stati resi noti, ma sembra che dal capoluogo siciliano siano in arrivo almeno 1700 sì. Dal 27 al 29 dicembre, si vota a Napoli e a Catania: a Napoli con referendum a scrutinio segreto (sono coinvolti circa 340 operatori), a Catania si deve decidere il metodo, per 950 votanti: anche qui il risultato appare indirizzato verso il sì.
Importantissimo il fatto che gli operatori dei call center siano stati chiamati al voto: scelta della sola Cgil, che ha subordinato la conferma della firma al consenso dei lavoratori, mentre Cisl e Uil si sono dette contrarie e hanno marciato contro. Interessante il compromesso realizzato all’Atesia di Roma, dove Cgil e Cobas litigano ormai da anni: si è deciso che fossero presenti ai seggi due scrutatori Cgil e due del Collettivo precari, dando dunque alle votazioni il massimo della trasparenza. L’azienda, però, non ha voluto fornire la lista dei cocoprò (è ancora da verificare, infatti, il numero degli eventuali assumendi: si parla di «circa 6300» in tutta Italia): chi ha votato, dunque, ha mostrato il badge d’entrata e un documento d’identità. Bisogna anche dire che, purtroppo, le consultazioni non sono uniformi nei vari call center, e non solo per le differenti metodologie di voto: a Roma hanno votato sia i cocoprò che i dipendenti (interessati dalla parte dell’accordo che prevede trattative sull’integrativo); anche a Palermo sono stati consultati sia i 1100 dipendenti che i 1600 cocoprò. A Napoli voteranno solo 230 lavoratori a progetto e un centinaio di interinali, escludendo i 330 dipendenti; a Catania, infine, votano sia gli 810 cocoprò che i 130 dipendenti.
Come è possibile che dei cocoprò rigettino un’assunzione a tempo indeterminato? Nell’Italia della precarietà può sembrare incredibile, ma invece il risultato di Atesia deve far riflettere il sindacato e la stessa sinistra, chiamata a modificare le leggi sul lavoro e ad affrontare il ridimensionamento del contratto nazionale chiesto a gran voce dalle imprese, con l’imperativo ribadito dal presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo: bisogna aumentare la produttività, flessibilizzando gli orari. Atesia parla di tutto questo, perché nel call center romano il tema del precariato (inteso come forma atipica dei contratti) si intreccia con quello del salario e della flessibilità oraria. Per capirci dobbiamo ricordare cosa prevede l’accordo siglato la settimana scorsa: si parla di assumere tutti i 6300 cocoprò del gruppo Cos a tempo indeterminato – scelta storica, di per sé – ma con un particolare non secondario: avranno orari part time di 4 ore, con salari netti di 580-600 euro al mese. Una conquista non da poco per città come Napoli, Palermo o Catania, dove certo il costo della vita non è alto come a Roma ma neppure troppo più basso, ma che vedevano medie mensili dei compensi già attestate su quelle cifre, se non inferiori. Acquisire dunque la certezza del salario, l’articolo 18, le ferie, la malattia, i contributi, i diritti sindacali, è senza dubbio un miglioramento. Diverso è il caso Atesia, dove ci sono precari storici che lavorano da 15 anni, e diverse centinaia di loro, come cocoprò, riescono a tirare su compensi netti da 1200-1400 euro al mese. «La tipologia dei lavoratori Atesia è molto varia – spiega Alessio De Luca, della Cgil – e spiegare la valenza politica dell’accordo è stato difficile: alle assemblee venivano poche persone. Tanti ventenni possono non essere interessati al tempo indeterminato, perché magari sono studenti, e dall’altro lato i cinquantenni devono far fronte alle spese familiari, per cui preferiscono più soldi subito rispetto alle tutele del lavoro dipendente».
Al problema del salario si aggiunge quello degli orari, a rischio flessibilizzazione. Un nodo messo in evidenza dal Collettivo precari, che seppure non abbia potuto attaccare i confederali sul tema del tempo indeterminato – obiettivo comune a tutte le piattaforme – ha contestato il basso numero delle ore ottenute e la possibilità per l’impresa di imporre il cosiddetto «orario h24», ovvero la disponibilità su tutti i turni, già operante sui dipendenti full time. Ma una cosa è essere sempre disponibili quando guadagni 1200 euro al mese e non devi cercarti un altro lavoro, ben altra è concedere la disponibilità ai cambi turno (peraltro con un preavviso di sole 48 ore previsto dalla legge 30) quando ne guadagni 600 e sei costretto a procacciarti un secondo impiego. Il Collettivo aveva chiamato l’ispezione del ministero che aveva riconosciuto questa estate a tutti i 3600 lavoratori di Atesia il diritto al lavoro dipendente, e le ore svolte dai cocoprò erano certamente più di 4 al giorno. Oltretutto, l’accordo di Cgil, Cisl e Uil, oltre a bloccare le ore a 4 e i salari a 600 euro, dispone una sorta di «sanatoria» rispetto al pregresso, in ragione dell’articolo 178 della finanziaria, che permette ai cocoprò regolarizzati il recupero totale dei contributi, ma subordina l’assunzione a conciliazioni che rischiano di far perdere quasi tutto il salario pregresso. E’ anche vero che i confederali hanno ottenuto l’impegno dell’azienda a trattare sui premi di risultato, i passaggi di livello, e soprattutto su orari, turni e possibile aumento delle ore: i cocoprò conservano ancora le loro matrici turni con le fasce rigide (solo mattina o solo pomeriggio) e il passaggio al temuto «h24» è solo una possibilità su cui dovrà decidere la contrattazione. Ma evidentemente questi impegni non hanno convinto i cocoprò di Atesia.
A Palermo, sia in Cos che in Alicos, le votazioni ad alzata di mano hanno invece decretato la vittoria del sì: all’unanimità, con partecipazione all’80%. Chi è in disaccordo deve alzare la mano per primo: un sistema, è evidente, che può inibire i lavoratori. Secondo Marco Tarantino, Rsu Slc Cgil, «è difficile trovare a Palermo cocoprò insoddisfatti perché chi lavora alla campagna Sky fa dai 200 ai 550 euro al mese. Forse sulle commesse Wind si potrebbe perdere qualcosa sul netto, ma si è capito che si guadagna molto sul fronte dei diritti». Alla Alicos, Rosalba Vella (Slc Cgil) segnala il problema di 53 interinali che resterebbero esclusi dalle assunzioni: «Lavorano al servizio Alitalia Usa, ma non fanno fronte a picchi improvvisi di traffico: stanno qui ormai da tre anni, rinnovati ogni tre mesi». A Napoli, spiega il segretario Slc Gialuca Daniele, voteranno solo i cocoprò e gli interinali interessati alle assunzioni, mentre resta aperto il problema di diverse decine di apprendisti al 190 Vodafone non ancora confermati. Anche a Catania c’è il caso di un cocoprò non rinnovato, sembra a causa della sua attività sindacale. Nel capoluogo etneo le assemblee sono state unitarie, e anche se i delegati Cgil vorrebbero votare a scrutinio segreto, forse prevarrà l’opinione della segreteria Cgil, interessata a non rompere con Cisl e Uil e dunque più propensa all’alzata di mano.