Atenei, tutti contro il decreto Moratti

I senati accademici di tutta Italia chiedono il ritiro immediato del ddl sullo stato giuridico dei docenti. Protestano compattamente rettori, ricercatori studenti e Confindustria

Atenei in rivolta contro il ddl Moratti sullo stato giuridico di docenti e ricercatori. Un testo che il governo cerca di portare a casa – come ghiotto e forse unico bottino visto il fallimento del decreto sulla secondaria superiore nonché della legge sulle droghe – prima delle vacanze estive. Con la convocazione straordinaria dei senati accademici di tutti gli atenei italiani, rettori, docenti, ricercatori, studenti e sindacati hanno accolto l’invito alla mobilitazione rivolta all’intero mondo accademico addirittura dalla stessa Conferenza dei rettori. Sottoscritto da tutti, il documento che richiede il ritiro di un disegno di legge – già approvato dalla Camera e attualmente all’esame della commissione istruzione del Senato – che risulta indigesto persino alla Confindustria. «Se passa questo provvedimento – aveva dichiarato il presidente della Crui Pietro Tosi solo pochi giorni fa – saremo costretti a chiudere molti corsi di laurea già a partire da ottobre. La nostra non sarà una scelta ma una necessità». Tosi si era anche appellato ai legislatori mettendoli in guardia dall’adozioni di norme destinate a produrre danni irreversibili al sistema universitario italiano: «In conseguenza dei mancati incarichi, i ricercatori hanno già annunciato che non assumeranno più contratti di docenza».

Netto ma non isolato dissenso, dunque, quello espresso dalla Crui che sottolinea «il disaccordo completo» che circonda il provvedimento morattiano. E che avanza due proposte: riformare i concorsi universitari e introdurre la valutazione centrale nazionale degli atenei – attraverso un organismo indipendente – per aumentare la produttività e la meritocrazia. La Crui – anche se in lotta – resta sempre la Crui.

La protesta di cattedratici e aspiranti tali attraversa l’Italia da nord a sud: dibattito serrato al senato accademico della Sapienza di Roma che ha approvato a larghissima maggioranza «un documento che chiede il ritiro del ddl e la sua sostituzione con un disegno di legge che faciliti l’accesso dei giovani ai ruoli dell’università con regole più trasparenti e consistenti risorse economiche». Prima che venga calendarizzata la discussione del testo al senato, la Sapienza ha fatto sapere che convocherà una conferenza d’ateneo. A Roma – come pure a Bologna – sono stati ascoltati per la prima volta anche i pareri dei rappresentanti della rete dei ricercatori precari, quelli maggiormente colpiti dal ddl.

Durissimi i giudizi espressi dai rettori degli atenei milanesi della Statale, del Politecnico e della Bicocca. Enrico Decleva – a guida della Statale – non usa mezzi termini: «il ddl va ritirato anche e soprattutto perché la sua approvazione danneggerebbe in particolare le università pubbliche». Per non parlare delle perplessità relative all’iter della sua approvazione, «avvenuto finora a pezzi e non in maniera organica». Daccordo con lui si sono dichiarati i rettori del Politecnico e della Bicocca, Giulio Ballio e Marcello Fontanesi.

In agitazione anche i rappresentanti dei docenti e degli studenti della Federico II di Napoli che hanno approvato all’unanimità il documento della Crui. Con una nota – vale la pena sottolineare – di carattere meritoriamente meridionalista: «Il ddl – aveva già dichiarato nei giorni scorsi il rettore Guido Trombetti – contribuirà ad aumentare il divario tra nord e sud e concorrerà ad esportare ulteriormente prezioso capitale umano».

Non si esime dall’esprimere giudizio nettamente negativo neanche il rettore dell’ateneo palermitano Giuseppe Silvestri che ribadisce il suo no per un ddl licenziato dopo un confuso iter procedurale e «considerato del tutto inaccettabile». Ma le dichiarazioni più tranchant arrivano dal rettore dell’Università della Basilicata Francesco Lelj Garolla di Bard: «In caso di approvazione definitiva del ddl, mi dimetterei immediatamente, chiederei il pre-pensionamento e andrei a chiudere la mia carriera di ricercatore all’estero».

Quanto al ministro Letizia Moratti, pare essere sorda a qualsiasi critica. «Con il disegno di legge – continua ad affermare con insopportabile sicumera e nel vuoto pneumatico che ormai la circonda – vi saranno oltre diecimila posti da ricercatori nei prossimi tre anni». E per quel che concerne «le eventuali osservazioni e proposte della comunità accademica – dice ancora Moratti – verranno valutate». Eventuali? Alle 16,45 di ieri «solo» 62 atenei avevano aderito alla mobilitazione. «Porterò io stesso al ministro – è stato il secco commento di Tosi – le proposte della Crui oggi unanimamente fatte proprie dal tutto il sistema universitario».

La speranza è che oltre alla posizione della Crui, qualche accademico decida – in segno di protesta – di sopsendre la didattica.