Assedio a Cjubais è lui l´uomo nel mirino

L´arresto sabato scorso dell´oligarca Mikhail Khodorkovskij, si sta trascinando dietro in queste ore gli ultimi avamposti del gruppo di potere economico e politico nato e cresciuto sotto l´ombrello di Boris Eltsin. Le dimissioni del capo di gabinetto, Aleksandr Voloshin, vera eminenza grigia del Cremlino e garante della vecchia guardia, assieme all´affondo contro Anatolij Cjubais, l´uomo che concepì e realizzò la grande privatizzazione dell´ex Urss dopo la fine di Gorbaciov, sono il segno della fine di un´era. Al termine di questo travolgimento, altri uomini e altri assetti governeranno la Russia di Vladimir Putin.Bastava farsi un giro in questi giorni nelle stanze del Sps, il partito delle forze di destra, ovvero degli imprenditori e degli oligarchi, guidato da Cjubais, per rendersi conto del clima di paura e di disfacimento in cui si stanno dibattendo gli uomini più ricchi e potenti del Paese. Deputati, ex ministri, presidenti di enormi compagnie, hanno discusso giorno e notte sul da farsi, per salvare il salvabile. Si partiva da due assunti. Innanzitutto la generale impotenza di fronte a qualunque attacco giudiziario che il Cremlino voglia lanciare. Tutti gli oligarchi e i grossi imprenditori russi, infatti, hanno accumulato le loro fortune nel decennio eltsiniano con gli stessi mezzi, macchiandosi degli stessi crimini. Messi alle strette, nessuno può uscirne pulito. Lo ha detto, per tutti, con una certa forzatura, la deputata Irina Khakamada : «Con quel che è successo in questi anni e con le leggi che abbiamo, si potrebbero mettere in galera milioni di persone». In secondo luogo il fatto che i russi sanno che sotto le cupole del Cremlino valgono solo le regole del Capo. E appena può, il capo le cambia e impone le sue. Tra Voloshin e Cjubais, a Mosca lo sanno tutti, non è mai corso buon sangue. Ma i due erano legati da comuni interessi.Voloshin, uomo abituato a navigare tra gli intrighi del palazzo, era il trait d´union con la “famiglia” Eltsin e gli oligarchi. Cjubais, col suo partito, i suoi agganci nella “famiglia”, la sua storia di padre della privatizzazione, è l´alfiere di tutto il nuovo potere economico russo da poco costituito. Non solo l´Ente elettrico nazionale, di cui è presidente, ma tutti i più grossi oligarchi, incluso ovviamente Khodorkovskij, finanziano il suo partito pronto a portare un nutrito gruppo di deputati nella Duma che verrà eletta a dicembre e che, come ha annunciato Putin, avrà poteri rafforzati. Un gioco di lobby che Cjubais ha cercato e sta ancora cercando di salvare.Si era deciso di non mettersi in conflitto col Cremlino. Piuttosto, a Voloshin era stato chiesto di organizzare un incontro con Putin, all´indomani dell´arresto del re del petrolio, per cercare di giungere a un accordo. Ma Voloshin ha fallito, per la seconda volta in tre giorni, prendendo atto di aver perso il suo potere nel Palazzo. Putin non gli ha dato ascolto, è andato per la sua strada e non ha accettato neppure di incontrare Cjubais e gli altri uomini del business.La guerra tra Putin e i boiardi è solo all´inizio. Il nuovo capo di Gabinetto, Dmitrij Medvedev, non è ancora un´eminenza grigia, non è ancora avvezzo lavorare per bilanciare i poteri. Molti si domandano a Mosca quale sia il ruolo del magnate più vicino al Cremlino di Putin, Roman Abramovic, che nel caso di una caduta definitiva di Khodorkovskij diventerebbe l´uomo di riferimento della Yukos. E a quali condizioni e quanto dell´enorme potere ricevuto da Eltsin, Cjubais riuscirà a salvare per sé e per gli altri oligarchi.