Asor Rosa fa autocritica: per noi è una lezione

“Molti si sono trincerati dietro pregiudizi. Chi si è schierato contro la guerra “senza se e senza ma” ha sottovalutato che l’ostilità a Saddam era profonda”

ROMA – «Ciò che è accaduto in Iraq rappresenta una grande lezione per tutti noi». Dopo aver chiamato a raccolta la sinistra radicale, dopo aver aperto ufficialmente una «Camera di consultazione» – ieri, nella Casa della cultura in via di san Crisogono, a Trastevere, c’erano anche Bertinotti, Diliberto, Pecoraro Scanio, Mussi e Occhetto – il professor Alberto Asor Rosa ammonisce proprio il popolo delle grandi marce pacifiste «e non solo». La lezione che arriva da queste elezioni irachene, professore, chi altro riguarda?

«In generale, credo debba servire da monito a tutti gli avversari della guerra. La realtà dell’Iraq, infatti, appare ben più complessa di come loro avevano previsto e, se m’è permesso di dare un suggerimento…».

Prego, professore.

«Eviterei, in futuro, di ragionare trincerati dietro a certe barriere pregiudiziali».

Che genere di barriere sono state?

«Sono state simili a quelle che c’erano dall’altra parte, tra i favorevoli al conflitto: l’opinione pubblica italiana, come d’altra parte quella europea, s’è divisa banalmente tra favorevoli e contrari».

Ci fosse stata un’analisi migliore?

«Forse saremmo arrivati a scenari migliori, forse avremmo adottato qualche procedura migliore di quella, barbara, della guerra. D’altra parte, prova lampante di ciò che dico è proprio l’esito della consultazione elettorale».

In che senso?

«L’affluenza al voto, che sembra essere stata massiccia, testimonia due cose. Primo: l’ostilità al regime di Saddam era profonda, attraversava la società irachena in modo intenso… un aspetto, questo, ampiamente sottovalutato da quelli che si schierarono contro la guerra senza se e senza ma…».

E poi?

«Beh, se così tanti iracheni avevano voglia di democrazia, forse il regime non era così impermeabile».

Lei vuol dire che…

«Ma sì, certo: forse, con una efficace azione diplomatica, ci si sarebbe potuti sbarazzare di Saddam evitando l’uso dei carri armati. Invece c’era tanta gente che sfilava senza porsi ipotesi alternative, e tanta altra che replicava che l’uso delle armi fosse indispensabile…».

Professore, non crede che, ad un certo punto, in Italia, sfilare contro la guerra coincidesse con lo sfilare contro Berlusconi?

«No, non credo… piuttosto, credo che molti sfilassero soprattutto per protestare contro la politica espansionistica degli Stati Uniti. Ma ormai…».

Ormai, alla sinistra italiana resta solo un problematico argomento di riflessione in più. Non sarà facile per la Gad ragionare anche su quella che lei, professore, definisce la lezione irachena…

«Ma no, no… riprendere il discorso sulle vie della guerra e della pace con toni, in termini più maturi, io credo che potrà aiutare la coalizione a trovare punti in comune che, fino a due giorni fa, neppure si potevano intravedere».

Fabrizio Roncone