Certo gli organizzatori della mostra “Cuba. Avanguardie 1920-1940” non potevano immaginare l’attualità della loro scelta espositiva. In uno dei momenti più delicati della storia recente di Cuba, a Torino, nelle sale di Palazzo Bricherasio, è possibile ammirare le opere degli artisti che all’inizio del Novecento hanno rinnovato l’arte dell’isola. L’esposizione, patrocinata dall’Ambasciata di Cuba in Italia e curata da Humiliana LLilian LLanes, in collaborazione con il Museo Nacionale di Belle Arti de l’Avana e l’Istituto di Arte Moderna di Valencia, presenta, per la prima volta in Italia, i più importanti artisti attivi a Cuba tra gli anni Venti e gli anni Quaranta del Novecento. Sono gli anni in cui l’isola, due decadi dopo l’indipendenza dalla Spagna, vive dei forti fermenti sociali, che porteranno allo sciopero generale del 1933, costringendo il Presidente Machado a dimettersi, poco prima del golpe di Fulgencio Batista.
Il percorso della mostra è suddiviso in tre nuclei che ripercorrono le tappe fondamentali della modernizzazione della pittura cubana e l’universo formale e concettuale in cui agirono artisti come Victor Manuel García, riconosciuto dai suoi contemporanei come il leader dell’avanguardia, Antonio Gattorno, Amelia Peláez, Eduardo Abela, Marcelo Pogolotti, Carlos Enriquez Mariano Rodriguez, René Portocarrero, Mario Carreño, Wifredo Lam.
Il primo nucleo, incentrato sul ritratto di donna, tradizionalmente presente nell’arte cubana, raggruppa artisti insofferenti alle regole accademiche, che avevano trovato nella figura femminile un elemento di rivendicazioni estetica e di sperimentazione plastica. La donna misteriosa di Victor Manuel Garcia, che introduce elementi di esotismo, cattura lo sguardo per il sereno incanto che trasmette e anticipa i successivi sviluppi di questo genere pittorico. Il carattere di rottura della figura femminile si fa ancora più esplicito nei lavori di Carlos Rodriguez, che ritrae nudi di donna in chiari atteggiamenti omosessuali, come difesa dell’erotismo in tutte le sue dimensioni. Se nell’opera Lesbiche non si cercano mediazioni col tema trattato, producendo una rottura della convenzioni che farà scuola, ne El rapto de las mulatas Rodriguez riprende il mito greco del ratto di Proserpina ma in chiave indigena. E’ questo un motivo che più di altri segnerà la rottura con la tradizione: la scoperta e la valorizzazione del creolo, della cultura rurale in cui è possibile rintracciare tracce indigene mai rappresentate.
Nel contatto con i movimenti pittorici europei, col cubismo in particolare, ma anche con la scuola messicana di Diego Rivera, gli artisti cubani trovano una propria autonomia rappresentativa, come si può vedere nel secondo nucleo della mostra, che affronta il rapporto tra la pittura moderna e l’identità culturale. Si osserva in queste opere il protagonismo che i pittori di questo movimento attribuirono alla campagna cubana e al mondo contadino. La mitizzazione del rurale, del rigore dell’uomo e della donna nei campi, risulta però, come spesso accade nella pittura moderna, condita di ridondanze nostalgiche, di un presunto passato di armonia contadina tutto da verificare.
Decisamente più dirompente la forza rappresentativa dell’opera di Marcelo Pogolotti, colui il quale per i suoi contributi dovrebbe essere considerato l’iniziatore della corrente sociale nella pittura dell’isola. I suoi quadri, che fanno parte del terzo nucleo della mostra, ritraggono scene di vita quotidiana capitalista con tono grottesco. Se Il capitalismo è un uomo gigante col cilindro che dirige uomini e donne sottoposti a ritmi inumani nei campi, in fabbrica o in miniera, L’alba è un corteo di persone, a piedi o in bicicletta, in fila mesta per entrare in una fabbrica oscura che si staglia sul chiarore del mattino.
Contemporaneamente alla mostra, nelle sale storiche del Palazzo, è possibile vedere una rassegna fotografica dei lavori di Alberto Korda, uno dei più importanti fotografi della rivoluzione cubana, noto anche per aver scattato la fotografia di Che Guevara che tutti conosciamo, avendola egli regalata a Giangiacomo Feltrinelli, che la stampò poi in milioni di esemplari. Korda, fotografo scelto dal governo di Fidel Castro per il giornale Revolucíon, con la missione di promuovere, al di fuori dei confini, l’immagine di un governo dinamico e pieno di energie, è stato testimone diretto della storia cubana, potendo riprenderne da vicino i momenti chiave, come l’ingresso di Fidel a l’Avana nel 1959. La mostra racconta attraverso circa 40 scatti la storia vissuta da Korda, tanto nella sua veste ufficiale, quanto in quella guidata dal suo desiderio di scendere in strada per captare le emozioni del popolo cubano. Persone comuni colte nei cortei o al lavoro, fanno da contraltare alle immagini di Che Guevara con Sartre e Simone de Beauvoir o a quelle di Castro in Unione Sovietica. Entrambe le esposizioni resteranno in allestimento fino all’8 ottobre, insieme ad un bar “sullo stile dei tradizionali patios de Cuba” (sic!) su cui sarebbe meglio sorvolare.
Leonardo Vilei
Certo gli organizzatori della mostra “Cuba. Avanguardie 1920-1940” non potevano immaginare l’attualità della loro scelta espositiva. In uno dei momenti più delicati della storia recente di Cuba, a Torino, nelle sale di Palazzo Bricherasio, è possibile ammirare le opere degli artisti che all’inizio del Novecento hanno rinnovato l’arte dell’isola. L’esposizione, patrocinata dall’Ambasciata di Cuba in Italia e curata da Humiliana LLilian LLanes, in collaborazione con il Museo Nacionale di Belle Arti de l’Avana e l’Istituto di Arte Moderna di Valencia, presenta, per la prima volta in Italia, i più importanti artisti attivi a Cuba tra gli anni Venti e gli anni Quaranta del Novecento. Sono gli anni in cui l’isola, due decadi dopo l’indipendenza dalla Spagna, vive dei forti fermenti sociali, che porteranno allo sciopero generale del 1933, costringendo il Presidente Machado a dimettersi, poco prima del golpe di Fulgencio Batista.
Il percorso della mostra è suddiviso in tre nuclei che ripercorrono le tappe fondamentali della modernizzazione della pittura cubana e l’universo formale e concettuale in cui agirono artisti come Victor Manuel García, riconosciuto dai suoi contemporanei come il leader dell’avanguardia, Antonio Gattorno, Amelia Peláez, Eduardo Abela, Marcelo Pogolotti, Carlos Enriquez Mariano Rodriguez, René Portocarrero, Mario Carreño, Wifredo Lam.
Il primo nucleo, incentrato sul ritratto di donna, tradizionalmente presente nell’arte cubana, raggruppa artisti insofferenti alle regole accademiche, che avevano trovato nella figura femminile un elemento di rivendicazioni estetica e di sperimentazione plastica. La donna misteriosa di Victor Manuel Garcia, che introduce elementi di esotismo, cattura lo sguardo per il sereno incanto che trasmette e anticipa i successivi sviluppi di questo genere pittorico. Il carattere di rottura della figura femminile si fa ancora più esplicito nei lavori di Carlos Rodriguez, che ritrae nudi di donna in chiari atteggiamenti omosessuali, come difesa dell’erotismo in tutte le sue dimensioni. Se nell’opera Lesbiche non si cercano mediazioni col tema trattato, producendo una rottura della convenzioni che farà scuola, ne El rapto de las mulatas Rodriguez riprende il mito greco del ratto di Proserpina ma in chiave indigena. E’ questo un motivo che più di altri segnerà la rottura con la tradizione: la scoperta e la valorizzazione del creolo, della cultura rurale in cui è possibile rintracciare tracce indigene mai rappresentate.
Nel contatto con i movimenti pittorici europei, col cubismo in particolare, ma anche con la scuola messicana di Diego Rivera, gli artisti cubani trovano una propria autonomia rappresentativa, come si può vedere nel secondo nucleo della mostra, che affronta il rapporto tra la pittura moderna e l’identità culturale. Si osserva in queste opere il protagonismo che i pittori di questo movimento attribuirono alla campagna cubana e al mondo contadino. La mitizzazione del rurale, del rigore dell’uomo e della donna nei campi, risulta però, come spesso accade nella pittura moderna, condita di ridondanze nostalgiche, di un presunto passato di armonia contadina tutto da verificare.
Decisamente più dirompente la forza rappresentativa dell’opera di Marcelo Pogolotti, colui il quale per i suoi contributi dovrebbe essere considerato l’iniziatore della corrente sociale nella pittura dell’isola. I suoi quadri, che fanno parte del terzo nucleo della mostra, ritraggono scene di vita quotidiana capitalista con tono grottesco. Se Il capitalismo è un uomo gigante col cilindro che dirige uomini e donne sottoposti a ritmi inumani nei campi, in fabbrica o in miniera, L’alba è un corteo di persone, a piedi o in bicicletta, in fila mesta per entrare in una fabbrica oscura che si staglia sul chiarore del mattino.
Contemporaneamente alla mostra, nelle sale storiche del Palazzo, è possibile vedere una rassegna fotografica dei lavori di Alberto Korda, uno dei più importanti fotografi della rivoluzione cubana, noto anche per aver scattato la fotografia di Che Guevara che tutti conosciamo, avendola egli regalata a Giangiacomo Feltrinelli, che la stampò poi in milioni di esemplari. Korda, fotografo scelto dal governo di Fidel Castro per il giornale Revolucíon, con la missione di promuovere, al di fuori dei confini, l’immagine di un governo dinamico e pieno di energie, è stato testimone diretto della storia cubana, potendo riprenderne da vicino i momenti chiave, come l’ingresso di Fidel a l’Avana nel 1959. La mostra racconta attraverso circa 40 scatti la storia vissuta da Korda, tanto nella sua veste ufficiale, quanto in quella guidata dal suo desiderio di scendere in strada per captare le emozioni del popolo cubano. Persone comuni colte nei cortei o al lavoro, fanno da contraltare alle immagini di Che Guevara con Sartre e Simone de Beauvoir o a quelle di Castro in Unione Sovietica. Entrambe le esposizioni resteranno in allestimento fino all’8 ottobre, insieme ad un bar “sullo stile dei tradizionali patios de Cuba” (sic!) su cui sarebbe meglio sorvolare.