Arrivano i «supercontrollori» di volo

Dopo una nottata passata a discutere in videoconferenza ed una settimana di vuoto legale, sboccia l’intesa tra Stati uniti ed Unione europea sullo scambio dei dati dei passeggeri che volano dal vecchio continente verso il nuovo.
Come da tradizione è alla fine l’Europa a fare un passo verso l’America, accettando che le informazioni vengano trasmesse non solo alle agenzie che controllano le dogane ed i servizi di frontiera, come avveniva fino ad ora, ma anche alla Cia ed all’Fbi. In pratica gli estremi dei passeggeri finiranno a tutte le agenzie competenti in materia di lotta al terrorismo. «L’accordo è una misura vitale per combattere il terrorismo internazionale», commenta il Segretario di Stato John Reid. «Accettiamo la divulgazione di dati ad altre agenzie – spiega il commissario alla giustizia ed interni Franco Frattini – se hanno gli standard di protezione adeguati». «Le regole generali sulla privacy sono state rispettate», l’eco di Michael Chertoff, capo del Dipartimento Usa per la sicurezza.
Rassicurazioni che sanno di poco visto che già nel 2004, ai tempi del vecchio accordo, la stampa Usa parlava di migliaia di informazioni passate al Pentagono (ed allora non si poteva) e girate pure ad imprese private.

No su religione, salute e sesso
La Ue non cede invece alla richiesta di Washington di aumentare il numero di dati trasferibili, che rimane fermo a 34 (e rimangono esclusi quelli che possono indicare la religione, lo stato di salute e gli orientamenti sessuali), ed impone alla controparte un nuovo sistema per attingere le informazioni. Fino ad oggi le autorità statunitensi potevano prelevarle direttamente dalle compagnie aeree europee, in pratica avevano libero accesso ai loro registri di volo, il Passanger Name Record, Pnr. D’ora in avanti saranno le aerolinee a inviare i dati oltreoceano su richiesta degli Usa. Questo cambiamento entrerà però a regime solo una volta completati i nuovi sistemi tecnici, cosa che non avverrà prima del 2007. Invariati i tempi di stoccaggio dei dati, fermi a tre anni e mezzo. Il tutto per un accordo che entrerà ufficialmente in vigore la settimana prossima, dopo l’approvazione formale dei 25, e che avrà comunque vita breve, visto che sarà valido solo fino al luglio 2007, data in cui Bruxelles e Washington dovrebbero aver chiuso un’intesa di carattere permanente. «Il principale risultato di questo accordo – riassume la ministra finlandese della giustizia Leena Luhtanen a nome della Presidenza – è che possiamo adesso evitare una situazione in cui non avevamo alcun accordo».

Europarlamento, vittoria di Pirro
Con la videoconferenza di ieri si è chiuso il periodo di vuoto legale inaugurato lo scorso primo ottobre allo scadere dei quattro mesi di tempo concessi dalla Corte di Giustizia del Lussemburgo per trovare una nuova intesa tra Ue ed Usa, dopo che la precedente, siglata il 17 maggio 2004, era stata considerata illegale per un vizio di forma. Il 30 maggio la massima istanza giuridica della Ue accoglieva il ricorso del Parlamento europeo affermando che l’accordo non era «fondato su basi giuridiche appropriate», ma al tempo stesso non entrava nel merito dell’altra questione avanzata dall’Eurocamera: se l’intesa violava o meno il diritto alla privacy sancito dalla Carta dei diritti fondamentali della Ue. Come la forma dell’accordo non è valida – il sunto della posizione della Corte – allora è inutile discutere la sua sostanza, in pratica un giudizio limitato alla liturgia dell’intesa.
Questa vittoria di Pirro del Parlamento sui 25 e la Commissione rappresenta una vittoria praticamente piena per Washington, che ha avuto tutto il tempo per rivedere un accordo che ormai gli stava stretto: troppo piccolo per le sue nuove esigenze in materia di sicurezza. Nel 2004 è infatti entrata in vigore la nuova legislazione, figlia dell’11 settembre, che prevede, tra l’altro, un maggior coordinamento tra le distinte agenzie di sicurezza, cosa che rende assurdo agli occhi statunitense che i dati dei passeggeri possano essere utilizzati dalla dogana e non dalla Cia. E così i 25, dopo aver trovato una nuova base legale conforme al parere del Tribunale, hanno dovuto sottostare a quasi tutte le richieste avanzate dagli Usa: «Dovevamo accettare le esigenze della legislazione statunitense», riassume Jonathan Faull, uno dei principali negoziatori da parte europea.

Compagnie aeree contente
Esigenze che arrivano alla possibilità per Washington di condividere i dati anche con paesi terzi, «quando sia necessario per motivi poliziali», precisa Faull.
Gioiscono le compagnie aeree che con l’intesa evitano il rischio di infrangere la legislazione Usa e soprattutto scansano le multe di 6.000 dollari a passeggero imposte a chi si resiste a fornire i dati. «E’ un importante accordo che assicura le normali operazioni per i 105.000 passeggeri che volano tra queste due giurisdizioni ogni giorno», commenta Giovanni Bisignani, direttore generale della Iata, l’Associazione internazionale delle aerolinee. Non gioiscono i membri liberali, verdi e comunisti del Parlamento europeo. «E’ chiaro – sottolinea il capogruppo liberale Graham Watson – che l’attuale amministrazione nordamericana è determinata ad estrarre sempre un maggior numero di dati personali ed a condividerli con la comunità dei sistemi di intelligence». Per mezzo Parlamento la toppa è peggio del buco.