ISRAELE E LE COMUNITÀ EBRAICHE NEL MONDO Ariel Sharon, i media, e la «fabbrica» dell’antisemitismo URI AVNERYUn altro mito del movimento sionista è andato in frantumi negli ultimi mesi. Nella nostra giovinezza ci avevano insegnato che l’antisemitismo nasceva dalla presenza nei vari paesi della diaspora dal momento che gli ebrei sono ovunque in minoranza e che le minoranze inevitabilmente vengono colpite dall’odio delle maggioranze. Solamente quando tutti gli ebrei si fossero radunati nella terra dei padri e avessero dato origine in quella regione ad una maggioranza locale l’antisemitismo sarebbe scomparso dal mondo. Questa era la tesi di Herzl, il fondatore del sionismo moderno. Oggi anche questo mito è crollato. In realtà il grande laboratorio per la crescita del virus antisemita che poi da qui viene esportato in tutto il mondo è la politica di Ariel Sharon. L’ antisemitismo che dalla seconda guerra mondiale si era rinserrato in se stesso nella vergogna adesso trova giustificazioni nella crescente opposizione del mondo contro la politica di oppressione di Sharon. Gli agenti della propaganda di Sharon, da parte loro, stanno facendo di tutto per gettare benzina sul fuoco accusando di antisemitismo tutti coloro che criticano la sua politica e bollano con questo marchio intere comunità. Molte persone rette che non provano alcun odio nei confronti degli ebrei ma che detestano le persecuzioni ai danni dei palestinesi vengono bollate ad ogni piè sospinto come antisemite. In tal modo viene usurato, inflazionato, l’aggettivo «antisemita» e gli si dà un qualcosa che assomiglia alla rispettabilità. Concretamente Israele non solo non protegge gli ebrei dall’antisemitismo ma al contrario fabbrica ed esporta quell’antisemitismo che li minaccia nel mondo. Per molti anni Israele ha goduto della simpatia generale. Veniva visto come lo stato dei sopravvissuti all’Olocausto, un piccolo e coraggioso paese che si difende contro i ripetuti assalti degli «assassini» arabi. Pian piano questa immagine si è trasformata in quella di un crudele e brutale stato colonizzatore che opprime un popolo piccolo e abbandonato. Il perseguitato è diventato il persecutorre, David si è trasformato in Golia. Noi israeliani, vivendo in una sorta di bolla di autolavaggio del cervello troviamo difficile immaginare come siamo visti nel resto del mondo. In molti paesi le televisioni e i giornali pubblicano ogni giorno le immagini dei ragazzi palestinesi che tirano sassi a mostruosi carri armati, soldati che maltrattano anziani e donne ai check point, di pensionati disperati sulle macerie della loro casa distrutta, soldati che prendono la mira contro dei bambini. Per gli ebrei si crea così un circolo vizioso. Le azioni di Sharon creano sdegno e disgusto nel mondo. Questo a sua volta finisce per rafforzare l’antisemitismo. Le organizzazioni ebraiche invece di riflettere si gettano a difendere sempre più acriticamente la politica del governo israeliano. E questa cecità fa il gioco degli antisemiti dandogli la possibilità non solo di attaccare lo stato di Israele ma anche le locali comunità ebraiche. E così via senza fine. In Europa alcuni ebrei cominciano a rendersi conto di ciò. Negli Usa invece prevale ancora un’estrema, eccessiva, fiducia di se. In Europa gli ebrei hanno imparato attraverso i secoli che non è affatto saggio fare eccessiva mostra della loro influenza ma in America è esattamente il contrario: l’establishment ebraico fa di tutto per provare a tutti di avere il controllo del paese. Ad esempio, periodicamente la lobby ebraica si esercita ad «eliminare» un qualche politico americano che si rifiuta di sostenere acriticamente Israele. E ciò viene fatto come in una esecuzione pubblica. L’ultima è stata la parlamentare di colore Cynthia McKinney, una giovane donna, attiva, intelligente e molto simpatica. La sua colpa è stata quella di aver criticato Sharon, di aver sostenuto i palestinesi e (cosa ancora peggiore) i gruppi per la pace israeliani ed ebrei. L’establishment ebraico ha trovato un contro-candidato ed è riuscito a non far rieleggere Cynthia. Tutto ciò è avvenuto con tanto di fanfara, affinché tutti sappiano – e affinché ogni senatore e congressman sappia bene che criticare Sharon equivale ad un suicidio politico. Adesso tutto ciò si è ripetuto su scala ancora maggiore. La lobby pro-israeliana -composta da ebrei e estremisti di destra cristiani fondamentalisti – ha chiaramente spinto l’amministrazione Usa verso la guerra all’Iraq. Anche questo fatto è ormai acquisito dall’opinione pubblica. Qualcuno ha pensato a cosa potrà accadere se la guerra all’Iraq finirà in un disastro? Non si comincerà forse a mormorare «gli ebrei ci hanno spinto in questo incubo»? La sovraesposizione degli ebrei negli Stati uniti, soprattutto nei media, e la loro del tutto sproporzionata influenza sul Congresso e la Casa bianca, potrebbero un giorno rivoltarsi contro di loro. In realtà vi sono alcuni circoli in Israele che segretamente sperano in un trionfo dell’antisemitismo perché ciò confermerebbe un altro mito sionista nel quale siamo cresciuti e che riecheggia in queste ore: gli ebrei non possono vivere in nessun altro luogo se non in Israele perché l’antisemitismo è destinato a trionfare ovunque.Se potessi dare un consiglio alle comunità ebraiche direi loro di rompere questo assurdo circolo vizioso. Disarmate gli antisemiti. Basta con il riflesso automatico di identificazione con qualsiasi cosa faccia il nostro governo. Fate parlare la vostra coscienza. Ritornate ai valori ebraici tadizionali del «Cercate la pace e perseguitela» (Salmo 34, 14). Identificatevi con l’Altra Israele che difendere questi valori rompendo così un altro mito: quello secondo cui gli ebrei della diaspora dovrebbero subordinarsi ai diktat e alla politica del governo israeliano.