Ancora comunisti, nonostante tutto

Marx non era uno sprovveduto. Anche se ha scritto pagine dal piglio profetico (come il Manifesto del Partito Comunista, con il tono di Daniele), la sua forza è ancora viva in quegli interlocutori che non hanno nulla da perdere con lotte e rivendicazioni. Leggendo il libro di Marco Rizzo “Perché ancora comunisti”, ci si rende conto che dopo la scomparsa dell’Urss e la caduta del muro di Berlino, soprattutto con le attuali società che si stanno ridisegnando grazie all’immigrazione, c’è ancora un discreto humus per coltivare o credere nell’idea di Marx e successori vari, senza essere nostalgici.
Rizzo offre capitoli brevi, comprensibili e autobiografici (qualche emozione in quelli dedicati alla propria esperienza e al padre Armando, operaio della Fiat). Inoltre è sempre attento alla realtà italiana, dando vita a una sorta di apologia per chi è ancora comunista e dovrà impegnarsi «nel conseguimento di una nuova via per l’emancipazione delle masse e per il superamento del capitalismo». Da noi, del resto, non mancano situazioni o motivi per far vivere in buona salute l’idea. Se volessimo elencarle con (o senza) Rizzo, dovremmo ricordare la «finanziarizzazione» dell’economia (fa rima con deindustrializzazione), la sempre più forte precarietà del lavoro, i ceti medi ridotti quasi a proletari, la crisi politico-istituzionale ormai cronica. Non è difficile inoltre accorgersi che «i freddi gnomi» dei conti non sanno, non vogliono o forse non riescono a capire chi fa fatica ad arrivare a fine mese. Certo, poi c’è Berlusconi, l’attacco recente alla Costituzione, la questione che senza i comunisti la sinistra potrebbe svanire, come nel mondo anglosassone. Ma questa è un’altra storia. Un giorno, magari riaprendo Marx o Lenin, sarebbe bello parlarne.