Il presidente dell’Arcigay Sergio Lo Giudice – che è anche consigliere dei Ds al consiglio comunale di Bologna, ma specifica che in questo caso parla nella sua veste di leader dell’associazione omosessuale – è stato uno di quelli che ha spinto di più: sì, anche gli omosessuali parteciperanno il 12 maggio al «Family day» di piazza San Giovanni a Roma. Oltre all’Arcigay e all’Arcilesbica ci saranno anche l’Agedo, l’associazione dei genitori di omosessuali, le Famiglie arcobaleno, cioè l’associazione di papà e mamme omosessuali e la Lega italiana famiglie di fatto. Spiega Lo Giudice: «Aderiamo perché è una manifestazione a favore delle famiglie. Ed essendo la nostra associazione, in questo momento, fortemente impegnata sul tema dei diritti delle famiglie ci sembra giusto e opportuno partecipare».
Diciamolo, lei provoca.
Ma neanche per sogno. La questione è molto seria. Respingiamo con decisione l’idea che le nostre rivendicazioni siano in contrasto con la richiesta di più diritti per le famiglie. Semmai è il contrario. Ci associamo, e lo facciamo da anni, alle richieste di politiche e investimenti a favore delle famiglie: più asili nido, più assistenza agli anziani, più case popolari.
Ma ha letto la piattaforma? Cito: «Solo nella famiglia fondata sull’unione stabile di un uomo e una donna, e aperta a un’ordinata generazione naturale, i figli nascono e crescono in una comunità d’amore e di vita, dalla quale possono attendersi un’educazione civile, morale e religiosa». Eccetera.
Come succede in qualsiasi manifestazione i partecipanti saranno in piazza con sfumature e declinazioni diverse. La questione è molto semplice: se si parla di diritti delle famiglie, il nostro posto è lì. Se invece è una manifestazione contro i diritti degli omosessuali, allora lo dicano.
Se volete essere riconosciuti come famiglie, perché accettate i Dico invece di fare una battaglia per il matrimonio civile tra omosessuali?
Certo che continuiamo a chiedere di poterci sposare. Ci mancherebbe. Per quanto riguarda le coppie di fatto, vorrei ricordare che non ci siamo battuti per i Dico. Bensì perché le istituzioni varassero una buona legge che riconosca l’esistenza di una pluralità di famiglie. Ci sono quelle fondate sul matrimonio, come recita l’articolo 29 della Costituzione: un diritto che dovrebbe essere riconosciuto anche alle coppie omosessuali. E poi ci sono altre forme di famiglie, come dice l’articolo 9 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, composte sia da eterosessuali che da omosessuali, a cui è giusto dare riconoscimento e protezione. La nostra Costituzione, di certo, non vieta una pluralità di strumenti giuridici per riconoscere i diversi modi di fare famiglia.
Ma non è che l’Arcigay sta diventando un’associazione tradizionalista?
Chiariamoci su cosa intendiamo per famiglia: per noi è dove c’è amore, è una comunità di affetti. Dunque, nessun scivolamento nel tradizionalismo. Piuttosto la sottolineatura di un fenomeno di grande innovazione e modernità, che in questo paese viene compresso in un genere singolare.
E se vi cacciano?
Ma credo proprio di no. Poi, se non ci vogliono, ce lo devono dire.