Molti lo pensano ma nessuno lo dice apertamente («per non bruciarlo», of course). Eppure a microfoni spenti (per ora) la Cosa rossa, o almeno una parte, ha già trovato il suo Veltroni: Nichi Vendola. Lunedì, nella sua Bari, il governatore della Puglia interverrà a una tavola rotonda con la benedizione di due padri nobili della sinistra come Achille Occhetto e Armando Cossutta. Con loro ci saranno anche due esponenti di Sd, Famiano Crucianelli e Piero di Siena, fautori di un processo unitario a sinistra «vero e non burocratico». Il promotore dell’iniziativa Pietro Folena, che con Vendola vanta una lunga amicizia sin dai tempi della Fgci, spiega al Riformista l’obiettivo: «Bisogna passare dalla Cosa rossa alla Casa rossa, ovvero da una aggregazione indistinta a un luogo unitario e plurale della sinistra capace di superare le sue identità novecentesche». Il ragionamento che si fa, dalle parti della sinistra-sinistra, è più o meno questo: la Cosa rossa non sta tanto bene; il Pd, che pure non sta tanto bene, ha comunque messo in campo un leader forte e un altrettanto importante evento di partecipazione con le primarie. Quindi non si può stare a guardare. E molti accelerano sia sul processo costituente i che sul leader. Non è certo che lunedì a Bari ci sarà l’incoronazione ufficiale, ma un dato è sicuro: in molti chiedono uno «scatto». Armando Cossutta chiarisce: «Bisogna superare la federazione tra i partiti. Occorre dar vita a una vera e propria costituente per mettere in moto un processo unitario della sinistra italiana». E avverte: «Vedo il rischio di una sommatoria di segreterie e gruppi dirigenti. Ammesso che si faccia la somma – ma in politica due più due non fa mai quattro in questi casi – bisogna aprirsi ai cittadini, ai giovani, agli intellettuali. Va avviato un percorso in cui ognuno deve mettere in discussione se stesso». Sulla stessa linea Famiano Crucianelli.
Sebbene sia prematuro, per Folena e gli altri, parlare di leadership, il ragionamento porta a una conclusione: se la Cosa rossa deve «andare oltre», nessuno riesce a farlo meglio di Vendola. Il fattore V (nel senso di Vendola) irrompe così nella Cosa rossa, che potrebbe così trovare il suo Veltroni. I due (Vendola e Veltroni) potrebbero avere anche uno slogan in comune: «Radicalità e riformismo». Parola di Folena: «Nichi sa unire la radicalità dei valori a un enorme realismo politico». In che senso? «Parla di lavoro ma non nella versione operaista tradizionale, mette al centro della politica la vita, intesa come diritti civili, sessualità, valore della salute. E fuori dalle logiche tradizionali». E Vendola? Lui sembra muoversi apposta per alimentare il chiacchiericcio parlamentare. Domenica scorsa a Bari, chiudendo la festa del Prc ha affermato: «Voglio impegnarmi per una sinistra del 2000, una casa e una cosa nuova della sinistra». E in un’altra (recente) iniziativa barese ha detto: «L’Italia non ha bisogno di partiti e partitini ma di una grande casa che metta insieme le domande di soggettività dei giovani, dei precari, dei ceti deboli». Anche la road map di Vendola potrebbe essere molto veltroniana: stare a guardare dalla Puglia il prossimo congresso di Rifondazione dove le minoranze daranno battaglia per contrastare la linea bertinottiana e da cui, prevedibilmente, qualunque leadership uscirà un po’ ammaccata. Per poi puntare ad essere il leader della”Casa rossa” (ovvero la Cosa rossa che «va oltre»): il modello Veltroni, appunto.
Non solo. Ma Vendola potrebbe rappresentare la quintessenza dell’oltrismo rosso, come Veltroni lo è per quello democrat. La sua forza sta anche nel suo profilo. Paradossalmente ma non troppo, potrebbe conquistare la leadership – con la benedizione di Bertinotti – rimanendo fermo: si potrebbe dire, infatti, che non è lui che fa la scalata al partito ma è il progetto che gli va incontro. Proprio perché non ha nulla del comunista d’antan, non ha l’onere del traghettatore. Da contraddizione vivente qual è, è già leader proprio perché questa contraddizione potrebbe essere il punto d’arrivo della Cosa rossa: è comunista ma potrebbe anche percepito come non comunista, è estremista come collocazione politica ma è rassicurante nel linguaggio, parla di piazza e sezioni ma è fatto apposta per un talk show all’americana. Rappresenta l’ossimoro meridionale di un Masaniello che si commuove e legge la Bibbia; di un uomo di governo che ha esorcizzato l’immagine del potere. Insomma, la Casa rossa è già casa sua.