L’onda lunga della contestazione alla politica economica del governo cresce ormai di settimana in settimana. Il sindacalismo di base, che aveva riportato un grande successo con lo sciopero generale del 17 ottobre (ben oltre le 300.000 persone in corteo, a Roma), prova ora il bis. Cobas. Sindacato dei lavoratori e Cub hanno indetto ieri un altro sciopero generale di otto ore. L’aspetto politicamente rilevante è che la data scelta – il 12 dicembre – coincide con quella già indicata dai metalmeccanici della Fiom e dalla Funzione pubblica Cgil, e fatta propria da tutta la confederazione diretta da Guglielmo Epifani.
Per chi ha esperienza del movimento operaio, oltretutto, la data del 12 riporta immediatamente a Piazza Fontana, quando fascisti e servizi segreti misero in atto la strage (16 morti) che diede ufficialmente il via alla «strategia della tensione» (anche se diversi attentati, fortunatamente senza vittime, si erano già verificati prima).
Le tre organizzazioni (il comunicato porta le firme dei coordinatori nazionali Piero Bernocchi, Piergiorgio Tiboni e Fabrizio Tomaselli) «intendono rispondere positivamente alla corale richiesta proveniente dall’intero popolo della scuola pubblica», collegandolo a un più generale momento di lotta «contro la finanziaria, i tagli e la privatizzazione di scuola e università, per usare il denaro pubblico per forti aumenti salariali e pensionistici, per scuola, sanità e servizi pubblici e non per salvare banche fraudolente e speculatori», «contro la precarietà e per l’abolizione della legge 30 e del pacchetto Treu, per la sicurezza nei posti di lavoro, per la difesa del diritto di sciopero e il recupero dei diritti sindacali». Il 12 verranno organizzate manifestazioni regionali e provinciali, «cercando la massima unità con le mobilitazioni degli studenti e del popolo della scuola pubblica». La decisione non è stata comunque indolore. All’interno della Cub forti perplessità sono state espresse da altri tre coordinatori nazionali, che giudicano questo sciopero «in difesa della Cgil» e «per sostenere lo scontro politico in atto tra opposizione e governo».
I conflitti sociali si sono rimessi in moto e mettono sotto stress tutte le organizzazioni – quelle politico-partitiche così come quelle sindacali – che si erano strutturate, nel corso degli ultimi decenni, in condizioni assai più statiche e ripetitive. E’ una crisi di crescita che può essere salutare, se si tiene d’occhio – come si diceva un tempo – «l’unità della classe e dei movimenti».