Alla prova delle municipali, Blair se la prende con gli stranieri

L’era di Tony Blair è arrivata alla fine? In tanti lo hanno scritto e profetizzato, anche prima delle elezioni politiche nelle quali il leader del New Labour ha vinto (di misura) il suo terzo mandato come primo ministro. Stavolta però sembra davvero che ci siamo. Se le elezioni locali di oggi dovessero andare male per il New Labour come tutti prevedono, le dimissioni del grande innovatore della politica britannica comincerebbero ad essere davvero all’ordine del giorno. Il test è di quelli importanti ma non è un’elezione generale: si eleggono solo 4mila cariche locali di vario tipo su 19mila, ma tutti parlano di referendum sulla testa del primo ministro. A sperare di raccattare più voti, in questa tornata, ci sono tutti: i partiti piccoli sanno di avere più possibilità nelle elezioni locali, mentre i liberal-democratici e i conservatori giocano la partita della vita, con i due nuovi leader (Menzies Campbell e David Cameron) alla prima prova elettorale.
La situazione interna dei laburisti è disastrosa e, nella speranza di recuperare qualcosa all’elettorato di destra, ieri, il ministro degli Interni (o segretario dell’Home office), Charles Clarke, ha annunciato nuove misure per facilitare l’incarceramento e l’espulsione degli stranieri che hanno commesso reati. Clarke è al centro di una furiosa polemica politica che lo vede oggetto di attacchi da tutte le parti. La scorsa settimana sono infatti stati pubblicati dei dati che rivelano che 1023 persone straniere finite in carcere sono state lasciate libere di rimanere in Gran Bretagna dopo aver scontato la pena. In un caso specifico, un somalo già incarcerato e non deportato, ha ucciso la poliziotta Sharon Beshnievsky. Una brutta storia, certo, ma occorre tenere conto che la Somalia non è uno stato di diritto in nessun modo e che, per il caso dell’assassino in questione, così come in molti altri episodi minori, gli stranieri non possono essere rimpatriati per ragioni umanitarie. Ancora una volta il dilemma di questi anni, dalla Gran Bretagna, agli Stati Uniti, dalla Francia, all’Italia è: viene prima la sicurezza o i diritti umani?

Tony Blair non ha mai avuto dubbi e ieri ha riproposto la sua visione delle cose in una seduta della Camera dei Comuni nella quale ha difeso Clarke e l’operato del suo governo, spiegando che le vicende degli ultimi giorni sono fumo negli occhi che serve a sporcare due legislature di grandi risultati. Anche Blair ha spiegato che presto il governo presenterà una nuova legge per inasprire i regolamenti relativi agli stranieri che commettono crimini. Dopo essere stati in galera, verranno espulsi. Gli stranieri non sono l’unico problema del governo laburista. Da mesi lo scontro interno al partito è al calor bianco, con gli uomini di Gordon Brown che non perdono occasione di sottolineare che è ora di un rimescolamento delle carte e quelli di Blair che annaspano tra piccoli scandali e grandi difficoltà politiche. In questi giorni anche John Prescott, vice primo ministro blairiano, è alle prese con qualche guaio, dopo aver confessato di avere una storia con la sua segretaria. Se le elezioni vanno male per i laburisti, Prescott, Clarke – ma anche le ministre della salute, Patricia Hewitt e all’Istruzione, Ruth Kelly. E poi le tracce di marijuana a casa del titolare della Difesa John Reid e l’affaire Berlusconi-Mills che ha coinvolto la ministra della cultura e moglie dell’avvocato intrallazzino, Tessa Jowell. E, per finire, lo scandalo sui finanziamenti ai laburisti che in cambio favorivano la nomina a pari d’Inghilterra ai loro facoltosi sostenitori (in questo caso lo scandalo ha toccato anche gli altri partiti maggiori).

Chi beneficerà delle difficoltà di Blair? Brown se anche si dovesse ritrovare primo ministro, dovrà lavorare sodo per riguadagnare i consensi persi a partire dalla decisione di schierare l’esercito britannico al fianco di quello americano nell’invasione dell’Iraq. I conservatori puntano molto sulla novità introdotta dall’elezione del clone di Blair (solo più giovane e mediaticamente ”fresco“), David Cameron, che ha promesso una «rivoluzione ecologica» al suo Paese. I lib-dem sono a sinistra dei laburisti su molti temi e contano sulla simpatia del nuovo, per quanto anziano, segretario Campbell. E poi, tutti i piccoli partiti garantiscono che, mai come ora, la gente corre ai loro comizi. la sinistra Respect conta molto su un’affermazione nell’east end londinese (zona popolare e molto mista), i Verdi in diversi comuni rurali. A destra è lo xenofobo Bnp (il British national party) a fregarsi le mani: i sondaggi gli danno ottimi risultati in diverse località. C’è da sperare che i sondaggisti britannici valgano quanto quelli italiani.