Alitalia si blocca a oltranza

Nuova giornata di passione, ieri, per l’Alitalia. Per il terzo giorno consecutivo i lavoratori sono in sciopero e in assemblea permanente, le cancellazioni degli aerei si moltiplicano, e si annunciano mobilitazioni anche per oggi e domani. In mattinata è arrivata la dichiarazione di battaglia della Cgil: «L’intera flotta rischia di rimanere ferma fino a martedì». Nel pomeriggio il sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta ha comunicato la convocazione del sindacato per le 13 di mercoledì prossimo: i tre segretari di Cgil, Cisl e Uil, due giorni fa, avevano inviato un telegramma in cui chiedevano un incontro «urgentissimo». Dopo qualche ora, ha detto la sua il presidente della commissione sugli scioperi Martone: data la convocazione del governo, ha chiesto di interrompere la protesta, revocando il blocco previsto oggi e le 24 ore di astensione indette per domani. Ma nonostante le «buone intenzioni» di Letta, sembra che l’esecutivo non voglia impegnarsi più di tanto. Lo stop alle «illusioni» viene dal ministro del welfare Roberto Maroni: «Il problema è capire a che cosa possa servire una convocazione – ha spiegato l’esponente leghista – Parlare si può sempre, ma i sindacati si devono togliere dalla testa che il governo possa intervenire con un salvataggio della società».

Subito dopo, il ministro del lavoro ha spiegato la propria strategia di «non intervento»: «Non entro nel merito del piano industriale perché il governo è azionista e l’azionista si limita, nelle assemblee, a decidere chi dirige la società senza entrare nelle scelte del management. Se però ci sono delle proposte compatibili con l’Ue e la concorrenza – ha proseguito – possiamo anche valutarle. Per il resto mi pare una situazione molto difficile, che conferma la mia preoccupazione sull’offerta per l’acquisto di Volare: se Alitalia non riesce a gestire i propri dipendenti, figuriamoci se riesce a garantire l’assunzione di 700 lavoratori di Volare».

I sindacati e i dipendenti di Alitalia, nonostante il muro frapposto dall’esecutivo, comunque non si arrendono: per il momento hanno deciso di continuare la lotta, ma già per questa mattina è convocato un incontro delle cinque sigle sindacali (oltre ai confederali, Ugl e Unione piloti) per decidere se sospendere o rinviare la mobilitazione in vista dell’incontro di mercoledì. Mauro Rossi, coordinatore della Filt Cgil, dice che «bisogna fare presto e invertire la rotta per il salvataggio di Alitalia: serve un tavolo a Palazzo Chigi, un piano industriale che guardi alla produzione, manager capaci, pagati in proporzione ai risultati e non investiti come oggi da una pioggia di denaro».

Intanto, dal mondo politico, sono venuti ieri alcuni incredibili appelli alla «chiusura» della compagnia aerea: ha aperto le dichiarazioni l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga: «Un consiglio all’amico ministro Lunardi – ha detto – ma perché, nell’interesse del trasporto aereo e delle finanze pubbliche, non lascia fallire l’Alitalia?». Tra gli «amici» di Alitalia anche Mauro Fabris, dei Popolari-Udeur, vice presidente della commissione Trasporti al Senato: «Probabilmente è giunta l’ora di avviare la procedura per chiudere Alitalia – ha affermato – Quando viene meno il rispetto per i clienti, con gli scioperi selvaggi, credo sia giusto favorire la chiusura di un’azienda che ormai è un peso per il paese».

Quanto agli scioperi proclamati dai confederali, il Sult ha diffuso una nota in cui spiega che «è riduttivo e sbagliato finalizzare la lotta alla richiesta di un incontro con un governo che di fatto non esiste più, essendo in procinto lo scioglimento delle Camere, per richiedere il rispetto di un accordo – quello di Palazzo Chigi – che proprio perché applicato è alla base dell’attuale situazione». Il sindacato di base accusa i confederali di essersi accorti in ritardo che l’accordo firmato con l’azienda è un capestro, dato che dispone lo smembramento in Alitalia service e Alitalia fly, minando alla base la sopravvivenza della compagnia. Il presidente e amministratore delegato Giancarlo Cimoli non starebbe facendo altro che applicare quel piano industriale che le stesse Cgil, Cisl e Uil avevano avallato. Dunque perché chiedere solo ora che il governo lo dimissioni?