Bacchettando i lavoratori Alitalia per le 48 ore di sciopero proclamate a sostegno della vertenza contrattuale, il ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi ha perso una buona occasione per stare zitto. Lo dimostra il fatto che poche ore dopo la polemica dichiarazione del ministro («Non mi sembra il momento di fare troppi scioperi. La fase è così delicata e così poco adatta a fare discussioni») è arrivata la convocazione per domani, presso la sede di Assaereo, delle cinque sigle sindacali (Filt Cgil, Fit Cisl, Uilt, Ugl e Sdl) che avevano indetto l’agitazione.
Minacciare lo sciopero dunque, come spesso accade, ha prodotto un primo risultato, anche se per revocare la protesta (il primo stop di 24 ore è previsto per il 18 aprile) i sindacati aspettano di vedere quali carte ha in mano l’azienda. «Non è il momento ideale per scioperare? Il ministro Bianchi – ribatte Paolo Maras, della segreteria nazionale trasporto aereo di Sdl – se la prenda con l’Alitalia, che si nasconde dietro la privatizzazione in corso per venir meno ai propri doveri. Non c’è bisogno infatti di aspettare l’arrivo della nuova proprietà – spiega il sindacalista – per procedere all’adeguamento dei salari all’inflazione e per garantire il rispetto degli accordi già in essere. Invece proseguono le violazioni contrattuali di cui sono vittime gli assistenti di volo: dal superamento dei limiti d’impiego degli equipaggi, all’abolizione dei posti di riposo sugli aeromobili di lungo raggio».
Il guaio, per i lavoratori Alitalia, è che se il presente è pessimo anche il futuro, legato alla privatizzazione, è pieno di incognite. Ieri il titolo Alitalia è tornato a volare in Borsa (+2,68% a 1,02 euro) spinto verso l’alto dall’ufficializzazione delle cordate rimaste in gara per l’acquisto della quota di controllo in mano al Tesoro: Unicredit con i russi di Aeroflot, i due fondi Usa Texas Pacific Group e Matlin Patterson, con l’ausilio di Mediobanca e infine, la Ap Holding di Carlo Toto, patron di Air One, appoggiata da Intesa-San Paolo. «Un tris di tutto rispetto», sottolinea ancora Bianchi, ma Maras scuote la testa: «Le cordate in campo, per essere considerate “di tutto rispetto”, devono prima dimostrare – avverte il dirigente di Sdl – di voler realmente perseguire il rilancio e il riposizionamento positivo di Alitalia sul mercato del trasporto aereo perseguendo logiche industriali e non finanziarie».
Un richiamo al governo perché, in coerenza con i vincoli imposti nel bando, compia una scelta nell’interesse non solo dell’azienda, ma dei lavoratori e del paese, giunge quasi all’unisono dal presidente della Camera Fausto Bertinotti e dal leader della Cgil Guglielmo Epifani. «Per Alitalia – ricorda Bertinotti – c’è una gara, il governo ha scelto un indirizzo. Si tratterà di vedere la congruità tra questo e le strategie industriali verificando quale tra i diversi concorrenti sarà in grado di dare una soluzione migliore». Secondo Epifani chi vuole Alitalia dovrà dimostrare di avere un «vero piano industriale, veri investimenti, vera volontà di rilancio, possibilità di farlo».
Sta di fatto che l’ex compagnia di bandiera italiana è oggi a rischio di finire in mani russe o americane: chi l’avrebbe detto solo pochi anni fa? E non è finita qui perché ieri il direttore generale di Aeroflot, Valery Okulov, avrebbe anticipato la partecipazione di un terzo partner al consorzio con Unicredit. Secondo quanto riporta Interfax, Okulov ha precisato ieri a Mosca di avere una precisa idea al riguardo: si tratterebbe di una «compagnia aerea occidentale», il cui nome potrebbe essere fatto nel giro «di un paio di settimane». Nell’aprile del 2006 Aeroflot è entrata nell’alleanza internazionale SkyTeam, di cui fa parte Alitalia e che in Europa ruota intorno ad Air France-Klm…