Alitalia delocalizza in Argentina

Così si esternalizzano i call center: Alitalia ha cominciato ad affidare il servizio ad aziende con sede in Germania Est (a Magdeburgo, appalto alla multinazionale Bosch) e in Argentina (a Buenos Aires), mentre starebbe preparando uno sbarco a Delhi, in India. Un processo favorito dal fatto che la clientela è in gran parte internazionale: saranno serviti i madrelingua tedeschi, spagnoli e inglesi. Su Internet la Bosch cerca bilingue tedeschi e italiani, mentre dai call center del nostro paese dovrebbero presto partire i formatori. Un problema, in prospettiva, per gli operatori del call center Alicos di Palermo: dal 2000 lavorano al servizio della compagnia aerea, e oggi rappresentano l’unico punto di risposta per lo 06/222222; chiami Roma, ma in realtà la telefonata viene girata verso il capoluogo siciliano, e lì puoi chiedere informazioni e prenotare biglietti. Le sedi estere hanno creato un «esubero» di 39 dipendenti, subito ricollocati in Alicos, ma l’impressione è che la proprietà – 40% Alitalia e 60% Cos – voglia smantellare il più possibile per delocalizzare dove gli stipendi sono più bassi. E non è che a Palermo la Alicos spenda poi tanto: infatti il personale è formato da 500 lavoratori dipendenti e 300 cocoprò. I primi non hanno nessun riconoscimento per le lingue straniere (molti ne conoscono e utilizzano tre o quattro), gli altri hanno tutta l’incertezza e i bassi compensi tipici dei lavoratori a progetto, tantopiù se si parla di gruppo Cos (noto perché proprietario della romana Atesia, sede simbolo dei lavori trash). Oltretutto, le due aziende si sono insediate a Palermo usufruendo di generosi finanziamenti pubblici, e promettendo 1400 posti di lavoro: ma adesso che fanno, piglia i soldi e scappa?

Ieri, dunque, il nuovo sciopero dei dipendenti, con la partecipazione (semi-clandestina) dei cocoprò: 12 ore di astensione e 4 di presidio. Alla Alicos sono combattivi, e l’ultima battaglia, come spiega la delegata Filt Cgil Barbara Apuzzo, di recente entrata nel direttivo nazionale Cgil, è quella di conservare (e migliorare) il contratto Assaereo – copia al ribasso di quello Alitalia, stipulato apposta per il call center – «perché la gran parte del servizio, ovvero il 57%, è per Alitalia; poi ci sono la Eurofly, l’aeroporto palermitano Gesap e il romano Adr; mentre i servizi per Sky e Wind sono minimi: quelli in eccedenza dalla Cosmed, l’altro call center palermitano del gruppo Cos».

Al contrario, la Alicos vorrebbe portare il call center nel contratto delle telecomunicazioni, così da ottenere vari risparmi. Innanzitutto i minimi contrattuali e molte norme di garanzia sono più bassi, e poi proprio a Palermo, l’anno scorso, i sindacati delle telecomunicazioni (Cgil compresa) hanno firmato un accordo-zerbino, applicato proprio alla Cosmed: non solo legittima i cocoprò, ma per giunta non determina neppure un fisso mensile.

Una lotta fatta anche per i precari: nel contratto Assaereo, infatti, la tipologia dei cocoprò non è contemplata (tanto che la Filt Cgil ha fatto causa contro il ricorso a questi contratti), e tutte le flessibilità devono essere contrattate. Quei 300 senza diritti, insomma, vanno stabilizzati. Oggi l’incontro dei sindacati Alitalia con il presidente Cimoli: per la prima volta saranno presenti anche i lavoratori del call center.