La primavera afghana si annuncia con nuovi venti di guerra. Sono cominciate ieri mattina, intorno alle cinque, le grandi manovre dell’«Operazione Achille». Con l’offensiva, la forza internazionale a guida Nato (Isaf) cerca una svolta, come dimostra lo schieramento di forze: circa 4.500 soldati alleati e un migliaio di afghani. Gli stati maggiori occidentali mirano a stringere in una morsa i talebani asserragliati nella provincia meridionale di Helmand dove da più di un mese i ribelli hanno il controllo di Musa Qala, capoluogo del distretto.
La resa dei conti promette di incendiare una regione già calda. «Questa è finora la più grande operazione multinazionale combinata lanciata dalle forze dell’Anf (truppe governative afgane, ndr) e dall’Isaf», ha spiegato il capo del comando meridionale, il generale olandese Ton Van Loon. L’obiettivo è «riportare la sicurezza» nel nord della provincia. Parlare di sicurezza, però, può essere fuorviante. Per le forze alleate non è una semplice operazione di polizia, ma una vera e propria guerra. Secondo il comando Isaf, l’area è infestata da «estremisti talebani, narcotrafficanti e altri elementi che stanno cercando di destabilizzare il governo dell’Afghanistan». Di fatto, nei prossimi giorni si combatterà soprattutto per il controllo della diga di Kajaki, un impianto che a pieno regime potrebbe fornire elettricità e acqua per le comunità locali. Acqua preziosa per i contadini, che potrebbero contare su un sistema di irrigazione più efficiente. Ma gli scontri non hanno finora permesso di riparare la diga, considerata uno dei tanti tasselli per la ricostruzione del paese. Ricostruzione che procede troppo a rilento, in un paese dove la pace è un miraggio lontano. L’offensiva di primavera, informa l’Isaf, è stata richiesta proprio dal governo afgano, sempre più in difficoltà di fronte al risorgere della guerriglia. Secondo il governatore di Helmand, nell’ultimo mese ben 700 guerriglieri sono entrati nella provincia dal confinante Pakistan. Si tratta di combattenti pronti a tutto, ai quali i comandi occidentali rispondono con la nuova operazione: «L’Isaf e l’Anf continueranno a fare pressione sulle forze estremiste e a mirare alla ricostruzione e allo sviluppo finché questi obiettivi non saranno raggiunti», ha dichiarato ieri il generale Van Loon. Finora, a imbracciare le armi contro talebani e soci nella provincia di Helmand sono state le truppe britanniche.
Proprio un soldato di sua maestà è la prima vittima occidentale dell’operazione Achille, a cui partecipano anche truppe Usa, olandesi e canadesi. Il militare è stato ucciso in una zona non precisata. Difficile prevedere l’esito della nuova offensiva nell’Helmand. Negli anni ’60 il suo capoluogo Lashkar Gah era soprannominato «little America» per i programmi di cooperazione con gli Usa nel campo idrico e stradale. Programmi poi abbandonati con l’avvento dei sovietici. Storie ormai lontana. Ricostruire l’immagine degli Usa e dei suoi alleati, colpevoli di mietere vittime tra i civili, sarà più difficile che riconquistare il territorio conteso.
* Lettera22