Al primo posto la scuola pubblica

La legge finanziaria attualmente in discussione considera la conoscenza alla stregua di uno dei tanti settori di attività dello stato, neanche fra quelli più importanti a giudicare dal quadro delle scelte definite dal Consiglio dei ministri di fine settembre. Che ciò per noi non vada bene lo si ricava dallo sciopero generale che ha coinvolto, il 17 novembre, università e ricerca e dalle due settimane di mobilitazione della scuola che fra alcuni giorni prenderanno il via, scandite da un fitto programma: assemblee, sit in, presidi, scioperi orari e una grande manifestazione nazionale. C’è molto malessere fra i lavoratori di questi settori, che massicciamente hanno dato il loro consenso ai partiti dell’Unione con punte che non hanno eguali in nessun’altra categoria, per le scelte fatte fino ad ora dal governo, per altro in una fase nella quale il brutale attacco alla dimensione pubblica della conoscenza e al ruolo di chi vi opera è sotto gli occhi di tutti. Infatti, non passa ormai giorno che la saga di «fannullonia», ovvero lo stato e tutti i suoi dipendenti, non si nutra di nuovi capitoli a firma di autorevoli pensatori inneggianti al mercato, ma che spesso godono di consulenze ben retribuite con la stessa fonte dei loro strali. La scuola scende in lotta per rivendicare profonde modifiche a una Finanziaria che non segna una discontinuità netta nelle politiche economiche in un settore pesantemente colpito nella stagione morattiana. Non siamo disponibili a subire un peggioramento delle condizioni di lavoro e di apprendimento dei ragazzi, inevitabile con il previsto innalzamento dei criteri per formare le classi; è sbagliato cancellare le graduatorie dei precari e non ci farà cambiare idea la contemporanea presentazione di un sostanzioso piano di nomine in ruolo per i docenti; bisogna fare molto di più per i precari che continuano a essere considerati lavoratori di serie b; bisogna cominciare a dare risorse fresche alle scuole dello stato, ormai sempre più indebitate , per assicurarne la dignità e il funzionamento e bisogna smetterla di incrementare le risorse alla scuola privata che ha già ampiamente beneficiato nella scorsa legislatura a danno della scuola pubblica. L’esperienza vissuta durante la discussione alla Camera dei deputati ci ha scottati e parecchio. Avevamo ricevuto impegni precisi dal Ministro su tutti i punti che ho ricordato sopra (meno uno, quello relativo alle scuole private, sul quale siamo soli), ma nessuno di questi impegni trova posto nella finanziaria approvata dalla Camera. Uno stile di relazioni con le parti sociali francamente inaccettabile. Per questa ragione la ri-presentazione delle nostre proposte al Senato è ora accompagnata da un percorso di mobilitazione lunga che partirà il 6 dicembre e seguirà passo passo tutta la discussione parlamentare vigilando sull’andamento e sui risultati. «Al primo posto la scuola pubblica», questa la parola d’ordine con la quale il 17 dicembre riempiremo Roma di tantissimi lavoratori della scuola. Sicuramente con noi ci saranno anche famiglie e cittadini convinti come noi che la scuola pubblica non sia un riempitivo, ma la prima cosa alla quale pensare. Quello stesso largo fronte che in più occasioni si è ritrovato nelle stesse piazze negli anni scorsi con il sindacalismo confederale. Letizia Moratti voleva distruggere la scuola pubblica e ci siamo opposti con durezza. Ma non facciamo alcuno sconto né a Romano Prodi né a Giuseppe Fioroni. Nelle aule delle nostre scuole cresce la democrazia e si gettano le fondamenta di un altro mondo possibile. L’istruzione non è una merce, è un diritto e un valore. E i valori devono stare sempre al primo posto, come la scuola pubblica.

* segretario nazionale Flc-Cgil