Aiuti umanitari all’Iraq: l’Ulivo perde l’unità

Il centrosinistra pronto a spaccarsi nel dibattito sugli aiuti umanitari alla popolazione irachena. Il nodo è la richiesta di sospendere i bombardamenti non solo per creare corridoi umanitari. Ma sullo sfondo ci sono la tentazione di un voto bipartisan e il durissimo scontro nella Quercia.

ROMA
Ogni volta che si avvicina un voto in parlamento, per l’Ulivo inzia il tormento. Giovedì, nel voto sull’assistenza umanitaria alla popolazioneirachena, il centrosinistra rischia fortemente di dividersi in due se non in tre. La pietra dello scandalo è una formuletta quasi incomprensibile per i non addottorati in lessico politico. La parte centrale della coalizione, Margherita e maggioranza Ds, vorrebbe chiedere la sospensione dei bombardamenti «per» consentire l’invio di aiuti umanitari. L’ala sinistra insiste invece per avanzare le due richieste in modo diviso: fine dei bombardamenti «e» creazione di corridoi umanitari. Il voto di giovedì sarà per l’opposizione la prima occasione per presentare propri documenti dopo il dibattito che accompagnò l’inizio delle ostilità. Oggi, contrariamente alle previsioni, il ministro della Difesa Martino non riferirà al senato, in aula, sul nodo spinoso delle basi e dell’uso che gli Usa ne stanno facendo. Il governo ha preferito ripiegare su una riunione delle comissioni estere congiunte delle due camere fissata per mercoledì, evitando così il confronto con l’aula. Il voto di giovedì sugli aiuti umanitari, già di per sé importante, ha così acquistato un peso specifico molto maggiore. La prima mozione in materia era stata presentata già dal 24 marzo dal Pdci. Chiedeva «l’immediata cessazione delle ostilità per garantire la realizzazione di corridoi umanitari». Il centrosinistra ha presentato venerdì scorso una ulteriore mozione, che avrebbe dovuto essere unitaria, infinitamente meno impegnativa. Chidedeva infatti che «le azioni di guerra e i bombardamenti non impedissero il trasporto di generi di assistenza». Con questa formula deliberatamente insignificante, Ds e Margehrita miravano ad accontentare l’ala destra della coalizione, lo Sdi e l’Udeur, contraria a chiedere la sospensione dei bombardamenti, ma soprattutto a creare le premesse per un voto bi-partisan almeno con una parte della maggioranza. Venerdì scorso Violante aveva già garantito il ritiro della mozione del Pdci.

Diliberto e Rizzo, però, lo hanno smentito a stretto giro di posta. E ieri anche i Verdi hanno ritirato la loro firma dalla mozione unitaria. Marcia indietro. Quercia e Margherita, a questo punto, si sono dette pronte ad accettare la formula del Pdci, magari mitigata da un «anche»: si chieda lo stop alle bombe «anche» per creare i corridoi necessari agli aiuti umanitari. La destra si è imbizzarrita. Lo Sdi ha fatto sapere che non avrebbe votato mozioni «accanto a chi pensa in modo diametralmente opposto al nostro», e per inasprire lo scontro ha anche deciso di disertare l’assemblea ulivista del 13 aprile. «Basta con la deriva estrenista» è il grido di battaglia di Intini e Boselli. «Finché non si fa chiarezza – rincarano i mastellati – non parteciperemo più a inziative contro il conflitto».

La falla a destra è stata accompagnata da una voragine a sinistra. Nel frattempo, infatti, il Prc aveva reso nota la sua mozione, che chiede apertamente sia la sospensione dei bombardamenti che l’agevolazione degli aiuti: «e-e», appunto. Inutili le insistenti pressioni di Violante sul capogruppo del Prc Giordano, che ha tenuto duro: le due richieste vanno tenute distinte, e non si discute. Anche il Pdci ha deciso di insistere sulla formula «e-e» e così hanno fatto i Verdi. L’ipotesi di un voto bi-partisan manda particolarmente su tutte le furie Paolo Cento: «O la maggioranza cambia radicalmente posizione o io a offrirgli un alibi, mentre è in corso un’escalation della partecipazione italiana alla guerra, proprio non ci sto».

Tra oggi e domani le due anime della Quercia faranno il possibile per ottenere un’impossibile riunificazione. Inutilmente. Stavolta le mozioni saranno almeno due. Del resto lo sforzo unitario della Qercia non è affatto concorde. Al contrario, la maggioranza addossare a Sergio Cofferati tutta la reponsabilità della spaccatura. E’ stato lui, ripetono, a soffiare sul fuoco con quello slogan ripetuto all’infinito «contro la guerra senza se e senza ma». Ed è stato ancora lui, nell’assemblea di Aprile, ad accusare i leader della Quercia di cinismo per aver invocato una guerra breve, cioè vinta rapidamente dagli Usa.

Se la Quercia tiene duro, se fa di quello scarto risbile tra «per» e «se-se« un affare di stato è proprio perché sullo sfondo c’è il durissimo conflitto con l’ex segretario della Cgil. Nelle sale della direzione diessina sono convinti che «fare ancora una volta come dice Cofferati» significherebbe dichiararsi suoi ostaggi a vita. L’aspetto assurdo della vicenda è che stavolta, a diffeenza che sul nodo della concessione delle basi, Aprile non insiste affatto per una formula più rigida e si adopera al contrario per una mediazione unitaria. Ma il malanimo, il sospetto e l’astio, Tra i ds, hanno ormai superato di parecchio i livelli di guardia, e la discesa in campo di Cofferati come co-presidente di Aprile ha reso la faccenda ancora più incandescente. Anche la possibilità di cavarsi d’impaccio con una tipica soluzione «all’Ulivo« non pare praticabile. La sinistra potrebbe infatti votare due mozioni, quella comune dell’intero Ulivo e quella con la richiesta esplicita di sospendere i bombardamenti. Ma stavolta per la maggioranza diessina un voto separato della minoranza non sarebbe tollerabile.