Ai palestinesi «beneficenza» Ue: 200 dollari a famiglia

Nutritevi, consumate, e la prossima volta votate per i partiti «giusti» e non per Hamas. E’ questo il senso del viaggio in Israele e Territori occupati del Commissario per l’Ue, Benita Ferrero-Waldner, che ieri ha promesso, a nome dei governi europei, donazioni (200 dollari al mese) per 180.000 famiglie di Cisgiordania e Gaza alla fame dopo quattro mesi di boicottaggio e di interruzione dei finanziamenti all’Anp. 126 milioni di dollari di aiuti d’emergenza per tamponare le conseguenze umanitarie delle drastiche decisioni prese da Usa e Ue dopo la vittoria elettorale del movimento islamico.
Applaude il presidente Abu Mazen pronto a raccogliere i frutti del «regalo» fatto dagli europei ai palestinesi aggirando Hamas. Ma il movimento islamico viaggia sullo stesso binario. Nello stesso giorno dell’arrivo di Benita Ferrero-Waldner, il governo di Ismail Haniyeh ha annunciato che decine di migliaia di dipendenti pubblici riceveranno un anticipo di circa 240 euro sugli stipendi arretrati. I milioni di dollari, circa una trentina, portati nei giorni scorsi a Gaza da alcuni ministri di Hamas passando per il valico di Rafah, rappresentano una sorta di risposta alle donazioni europee e mantengono elevato il consenso al governo.
Rahwi Fattuh da parte sua non ha dubbi. L’ex presidente del Consiglio legislativo e ora inviato speciale di Abu Mazen, continua a ripetere che i colloqui degli ultimi giorni tra Hamas e Al-Fatah «sono stati positivi» e che le due parti hanno raggiunto un accordo «su quasi tutti i punti» del «documento di pace» elaborato dai prigionieri palestinesi in Israele. A voler dare pieno credito alle dichiarazioni di Fattuh, dopo settimane di violenti scambi di accuse e di scontri a fuoco con morti e feriti a Gaza, i leader di Al-Fatah ed Hamas sarebbero pronti a sotterrare l’ascia di guerra.
Il referendum sul documento dei prigionieri convocato da Abu Mazen a questo punto potrebbe essere revocato e non solo per l’intesa imminente. I sondaggi danno segnali negativi al presidente. L’ultimo rivela che se il 75% dei palestinesi è favorevole a quanto proposto dai detenuti – incluso il riconoscimento di Israele – solo il 47% voterebbe «sì» al referendum poiché vi vede la volontà di Abu Mazen di sottomettere Hamas.
Scettico sulle possibilità di una intesa «vera» tra Al-Fatah e Hamas è l’analista Ghassan Khatib. «Hamas e Al-Fatah sono separati da differenze ideologiche enormi – afferma – temo che l’intesa di cui si parla si fondi su termini molti vaghi che, di conseguenza, la rendono fragile». I nodi veri, lascia intendere Khatib, non sono stati ancora sciolti, a cominciare dal ruolo dell’Olp nella soluzione del conflitto con Israele, senza dimenticare che Hamas non ha alcuna intenzione, almeno per il momento, di riconoscere lo Stato ebraico. «Non è escluso che le due parti stiano cercando un compromesso allo scopo di agevolare lo stanziamento dei fondi europei, rinviando ad un secondo momento lo scontro per il potere», aggiunge Khatib. Compromesso che consisterebbe nell’accettazione da parte di tutte le forze politiche palestinesi della risoluzione del vertice arabo di Beirut (2002) che a Israele offre pace e riconoscimento in cambio del suo ritiro dai territori arabi occupati nel 1967. Hamas nel frattempo non conferma né smentisce le voci che vorrebbero imminenti le dimissioni del governo Haniyeh e la formazione di un esecutivo di unità nazionale.