Il recente vertice tra capi di stato africani ed europei ha mostrato che l’Europa non ha saputo andar oltre la sua arroganza politica ed economica dei tempi passati dell’era coloniale. I delegati africani hanno dato all’Europa una risposta fredda e chiara sulle due grandi questioni della conferenza: il commercio- in particolare gli Accordi Economici di Partnership proposti dagli europei- e l’interferenza politica europea negli affari africani, centrata sull’arroganza britannica verso lo Zimbabwe.
Questo vertice Africano-Europeo di Lisbona è stato probabilmente il più importante incontro internazionale del Portogallo nella sua storia. L’intento del vertice era discutere di pace e sicurezza, diritti umani, commercio internazionale e cambiamento climatico. 40 presidenti (5 dall’Europa e 35 dall’Africa) e 27 primi ministri (15 dall’Europa e 12 dall’Africa) hanno preso parte ad un vertice che ha ricapitolato lo stato delle odierne relazioni africano-europee.
Per avere una qualche conoscenza generale degli eventi di Lisbona, vale la pena di dare un’occhiata alla storia di questo vertice. Il primo vertice Africano-Europeo ebbe luogo al Cairo nel 2000 per iniziativa del Presidente dell’Egitto Mubarak e del Presidente di allora dell’Unione Africana, il Presidente dell’Algeria Bouteflika. Da allora ad oggi, la Gran Bretagna non è stata capace di superare la questione dello Zimbabwe. Già al primo vertice Blair si era rifiutato di presenziare per protesta contro la presenza di Mugabe. E già nel 2000 ai puerili giochi britannici sul problema di Mugabe fu opposta un ferma confutazione da parte degli africani, che precisarono che la Gran Bretagna non aveva alcun diritto di dettare chi doveva o non doveva partecipare al vertice. Ci sarebbe dovuto essere un secondo summit nel 2003 ma non riuscì a concretizzarsi e fu rimandato sine die dopo l’imposizione di sanzioni illegali allo Zimbabwe dall’UE e a causa della persistente obiezione dei britannici alla presenza del Presidente Mugabe. Così da allora, l’atteggiamento del Governo Laburista verso lo Zimbabwe- e l’opposizione di questo- sono stati sempre un problema nel processo delle relazioni europeo-africane.
La corrente principale della stampa britannica ama presentare i problemi al vertice come colpa degli africani invece della realtà, cioè che i problemi sono stati creati dal comportamento degli ex imperialisti che, impegnati in giochi infruttiferi, hanno fatto la figura degli sciocchi sulla scena internazionale. Paesi come la Gran Bretagna e la Germania sembrano prestare più importanza a dettare all’Africa come dovrebbe trattare i suoi affari interni piuttosto che affrontare i problemi critici dello sviluppo e del progresso africano. La Gran Bretagna ha volto quella che è essenzialmente una rottura politica bilaterale tra se stessa e lo Zimbabwe in una questione internazionale di fronte all’opposizione dell’Africa. Anche il capo del Commonwealth, Mr Don McKinnon, pur essendo critico del Governo dello Zimbabwe, ha convenuto che al Presidente Mugabe dovesse essere permesso di partecipare. Il capo della commissione dell’UE, José Manuel Barroso ha espresso la posizione portoghese, che ha sempre sostenuto che le possibili ricadute positive di legami più stretti tra l’Africa e l’Europa sono più importanti dei problemi tra il Regno Unito e lo Zimbabwe. Ha fatto scalpore Barroso quando ha bacchettato i britannici a proposito delle loro pre-condizioni: “Se sei un leader internazionale, devi essere pronto ad incontrare persone del genere che tua madre non vorrebbe che incontrassi. Questo è ciò che a volte dobbiamo fare.”
La posizione del Portogallo è stata apprezzata dall’Africa. L’incontro stesso dello scorso fine settimana sarebbe stato messo in questione se non fosse stato per l’insistenza del Portogallo che si doveva proseguire. Gli africani al summit, l’Unione Africana, i Paesi dello Sviluppo dell’Africa Meridionale ed il Presidente del Sud Africa Mbeki hanno tenuto ferma l’opinione che lo Zimbabwe dovesse essere rappresentato da Mugabe nonostante l’UE lo abbia messo al bando. Senza la presenza di Mugabe l’Africa intera avrebbe boicottato il vertice.
Questa posizione unitaria africana di fronte a quello che Mugabe chiama giustamente l’arroganza europea è un segnale che l’Africa non può più essere presa in giro- come è avvenuto per secoli- da paesi dai quali nelle ultime cinque decadi gli africani hanno ormai guadagnato la loro indipendenza. Ad indicare la forza del sentimento sulla questione, il Presidente dell’Uganda Yoweri Museveni ha detto: “Mugabe è un rivoluzionario che ha lottato per emancipare la sua gente. Quando hai a che fare con un rivoluzionario, è meglio ascoltare i suoi argomenti, piuttosto che dargli degli ordini.” Effettivamente Mugabe ha usato al vertice un argomento valido, quando ha detto che sono stati gli africani che hanno insegnato agli inglesi la democrazia quando hanno vinto la loro lotta per la democrazia contro l’Apartheid degli stati colonialisti appoggiati dai britannici.
Qualunque cosa si pensi di Mugabe e della situazione interna allo Zimbabwe, il fatto che la posizione di Mugabe e la sua difesa da parte dei leader africani abbiano prodotto una serie di facce rosse britanniche, non può che essere un monito per quelli che credono nella coesione Panafricana del continente nella sua lotta per l’indipendenza e lo sviluppo. La pressione occidentale sul governo ZANU-PF dello Zimbabwe difficilmente potrà ottenere qualche popolarità con i governi africani mentre è sentito e accentra controversie il problema della distribuzione della terra alle popolazioni indigene, terra che è stata presa forzosamente dai coloni del colonialismo europeo. Ci sono probabilmente problemi di dettaglio nel processo di distribuzione della terra in Zimbabwe ma i problemi principali alla radice sono quelli che possono essere tracciati in seguito al fatto che gli inglesi hanno mancato di onorare i loro impegni. Stando così le cose, gli africani non recederanno dal difendere uno stato fratello africano che per primo è minacciato di annientamento dall’Occidente. Il fatto che gli stessi interessi che stanno sostenendo il cambio di regime in Zimbabwe stiano dietro a ogni genere di intrigo per arraffare più ricchezza dalla terra e dai popoli dell’Africa (come i piani per un colpo di stato contro la Guinea Equatoriale orditi da Mark Thatcher nel 2004), svela piuttosto il vero significato dietro ai proclami occidentali su ‘i diritti umani e la democrazia.’ Ed i piani di colpo di stato di Thatcher sono soltanto la punta dell’iceberg. È in questo contesto che può essere capito il serrare le fila degli africani al vertice.
Mentre gli africani hanno mostrato un efficace fronte unito contro il comportamento neo-colonialista, ci possono sempre essere sporadici africani che, convenientemente per gli inglesi, si ergono ad assicurare alla società bianca occidentale il comportamento totalmente irrazionale di determinati strati di africani neo-arricchiti. Mentre i media britannici, pur in modo riluttante, occasionalmente hanno ammesso che tutti gli africani sono solidali con Mugabe, al programma politico di Andrew Marr sulla BBC 1, l’Arcivescovo di York John Sentamu ha messo in atto quello che deve essere considerato come un patetico tentativo di nascondere i grandi problemi al vertice, togliendosi e tagliando il suo collare in protesta contro Mugabe.
C’è stata un’umiliazione finale per la Gran Bretagna al vertice dopo che il governo britannico ha deciso di spedire la Amos (membro della House of Lords) come ‘difensore’ dei suoi interessi. L’ex Ministro dello Sviluppo Laburista Clare Short ha dichiarato a Radio 4 BBC che l’unica ragione per cui questa “pseudo ministro” era stata mandata era che lei era nera. Il Ministro degli Esteri Milliband replicò allo stesso programma che questo non era esatto; la signora Amos era stata spedita piuttosto per la sua “grande conoscenza dell’Africa.” Questo scambio estremamente divertente deve essere stato anche estremamente imbarazzante per la signora Amos ed il governo britannico, con la signora Amos che probabilmente si è domandata: ‘è forse perché io sono nera?’
I dibattiti sulle relazioni economiche tra i due continenti hanno anche fatto poco per dare l’impressione che l’Europa stia muovendosi oltre il suo passato coloniale. L’Europa vuole sostituire i vecchi accordi commerciali con gli Accordi Economici di Partnership proposti dall’Unione Europea (EPA) che sono stati estesamente criticati dagli stati africani e dai gruppi contro la povertà. Tra i paesi europei e le loro ex colonie permangono certi privilegi commerciali; ma questi sono stati dichiarati illegale dal WTO, che ora richiede che vengano cancellati. Questi nuovi EPA dovrebbero aprire i mercati africani alla competizione europea e avrebbero un effetto ancor più devastante per le economie africane. Il Presidente della Commissione dell’Unione Africana, Alpha Oumar Konaré ha smascherato gli EPA e ha dichiarato: “Nessuno riuscirà a farci credere che noi non abbiamo diritto di proteggere il nostro tessuto economico… È ora di seppellire definitivamente il passato coloniale. Non possiamo più essere soltanto esportatori di materie prime. Non possiamo accettare più a lungo di essere solamente un mercato di importazione di prodotti finiti” e se qualcuno avesse ancora qualche dubbio sull’atteggiamento degli africani sugli EPA, il Presidente senegalese Abdoulaye Wade ha detto ai giornalisti: “E’ chiaro che l’Africa rifiuta gli EPA.” Non c’è stato accordo su questo punto, comunque questo non ha impedito a Barroso di dire che l’UE sarebbe andata avanti con l’imposizione di tariffe su tutti i paesi esclusi i più poveri, se questi non rispetteranno il termine massimo per accettare gli EPA. E’questo il modo dell’Europa di esorcizzare il suo passato coloniale.
Un’ulteriore motivazione dell’Europa dietro al vertice è stata candidamente ammessa dal Financial Times del 9 dicembre, che ha affermato che “si intende mettere in mostra una nuova partnership per contrastare l’influenza crescente della Cina nelle ex colonie dell’Europa”. Anche il sito web di BBC News ha ammesso che la Cina è una delle ragioni principali per cercare nuovi rapporti confidenziali con l’Africa, che è ‘causa di preoccupazione in Europa.’ Le cause gemelle di preoccupazione in Europa sono dunque sia una Cina influente, sia un’Africa in modo crescente assertiva.
Da quando la Cina divenne indipendente e socialista nel 1949, ha goduto di relazioni particolarmente strette con l’Africa. Molti stati africani recentemente liberatisi avevano incontrato il Premier cinese Chou En Lai alla storica Conferenza afro-asiatica di Bandung nel 1955, che diede il via al Movimento dei Non-allineati e nella quale gli africani chiesero che la Cina fosse un membro del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Questo rapporto di solidarietà ha visto la Cina assistere direttamente gli stati africani nella loro lotta di liberazione ed anche prestare ogni mezzo di sostegno per aiutare lo sviluppo delle nazioni africane di recente liberatesi, come affermò il Premier cinese Hu Jintao al Forum storico sulla Cooperazione Cina-Africa a Pechino nel novembre 2006: “La Cina ha fatto quello doveva fare per aiutare a premunire l’Africa per liberare se stessa dal giogo del colonialismo e della segregazione razziale.”
Sin dal 1949 le strategie di sviluppo e la politica estera cinesi sono state controverse nello spettro politico nell’Occidente. L’era post-maoista della Cina non ha fatto eccezione, con molti liberali, di sinistra e di destra, tutti uniti nella loro opposizione e nel loro criticismo verso lo sviluppo della Cina e la sua stratosferica crescita economica. Nonostante gli inevitabili problemi che un grande paese sottosviluppato come la Cina si è trovato di fronte nell’avanzare sulla via di un’economia mista, ha realizzato percentuali e livelli di riduzione della povertà mai visti nella storia dell’umanità. Dopo aver vinto dei premi dell’ONU per aver alleviato la povertà sollevando dalla povertà degradante più di 200 milioni di persone nelle ultime due decadi,
la crescita economica della Cina ha anche messo in grado i paesi del Terzo Mondo di sviluppare strategie politiche ed economiche che molti non avrebbero pensato possibili durante gli anni del Washington Consensus- negli anni novanta. C’è ancora un altro l’importante vantaggio che favorisce le relazioni con la Cina rispetto all’Ovest: la Cina non criminalizza, non affama il tuo paese con sanzioni e non usa probabili blitz per occupare il tuo paese, come usa fare l’Occidente. La rigorosa politica di non-interferenza della Cina e quelle che definisce relazioni ‘da vincente a vincente’ con gli altri paesi, stanno guadagnando sempre più amici.
L’effetto interno ed esterno dello sviluppo della Cina è probabilmente la questione politica più importante del mondo odierno. È una questione cruciale per quelli che stanno confrontando le sfide poste dall’unilateralismo aggressivo dell’egemonia occidentale con lo sviluppo di un pacifico mondo multi-polare. Come in America Latina, la relazione dell’Africa con la Cina sta rendendo possibile lo sviluppo di una ritrovata speranza di risollevarsi nel mondo; la crescita senza precedenti della Cina permette all’Africa di liberare se stessa dai rapporti frustranti con i suoi antichi padroni coloniali. Rispetto all’Ovest, la Cina ha un accordo incomparabilmente migliore da offrire all’Africa, che ha portato il Presidente Wade a commentare al vertice che “è molto chiaro che l’Europa è prossima a perdere la battaglia della competizione in Africa.” Perciò l’Africa può mettere in atto il metodo dei non-allineati di cercare il miglior accordo che può tra le maggiori potenze, visto che non c’è alcuna indicazione che l’Europa stia recedendo dalle sue politiche impopolari verso l’Africa- anche se alcuni osservatori, come Mark Doyle della BBC, sanno che l’Europa deve correggere il suo rapporto problematico con l’Africa, specialmente di fronte al crescente prestigio della Cina: “ Il commercio africano con la Cina sta costringendo l’Europa a considerare l’Africa più seriamente, e non solamente come una serie di ex possessi coloniali”-.
Dai circoli di sinistra come di destra nell’Occidente viene sostenuto che la Cina è soltanto un nuova potenza neo-coloniale che va a sostituire in Africa quelle passate. Questa è una polemica che viene regolarmente sollevata dalla principale stampa occidentale. Questa offensiva mediatica sta ovviamente avendo qualche successo nell’influenzare gli atteggiamenti delle classi politiche nell’Ovest, ma l’Ovest si sbaglia tristemente se pensa che con questo argomento volgerà gli africani contro la Cina, appellandosi ai loro sentimenti antimperialisti. Il coinvolgimento cinese in Africa è generalmente accolto cordialmente. Nondimeno, i cinesi sono capaci di argomentare il fatto loro, in risposta a quelle che considerano affermazioni ipocrite. Su questo tema, l’anno scorso, ad una conferenza stampa sulla quota della Cina nell’esportazione totale di petrolio, il Ministro del Commercio cinese Bo Xilai parlò del 9% per la Cina dell’anno precedente, comparato al 36% per l’Europa e al 33% per gli Stati Uniti. Il ministro domandò: “Se una quota dell’ 8,7% può essere colpevolizzata come un atto di saccheggio delle risorse, che dire allora del 36 e del 33%?” Nel coro degli attacchi alla Cina come una potenza neo-coloniale, si sentono molto poche voci africane; è l’Occidente ad essere tanto verboso sul fatto che sta perdendo le sue opportunità in Africa.
Al vertice gli stati africani hanno mostrato grande forza nel fronteggiare l’Europa, la quale è stata così incapace di uscire dalle sue posizioni intransigenti da spingere gli africani lontano dall’Occidente in direzione dell’est, verso la Cina. Il modo con il quale la Gran Bretagna e la Germania hanno trattato Mugabe e l’unanime difesa di Mugabe da parte degli africani mostrano che gli africani sono intenzionati a non spostarsi di un pollice dalle loro posizioni di unità e riguardo alla loro sovranità negli affari africani. Il sentimento comune fra i paesi dell’Africa è che se ci sono dei problemi in qualche stato africano, è necessaria una soluzione africana. Il problema di Mugabe dovrebbe essere visto in collegamento con i disaccordi sugli EPA: entrambi questi problemi rappresentano richieste africane di non-interferenza nei loro affari, in modo che loro stessi possano trovare i loro propri modi di risolvere e superare i problemi che sono stati seminati in Africa dal colonialismo.
Forse non nella vita di chi scrive, ma probabilmente verrà un tempo nel quale i paesi europei potranno districarsi dal loro passato coloniale e potranno trovare modi nuovi di sviluppare un rapporto mutuamente rispettoso con il Terzo Mondo. Nel frattempo, mentre gli Stati Uniti sono vincolati in Iraq così come in Afghanistan, i paesi del Terzo Mondo, dall’America Latina all’Africa, stanno cogliendo l’opportunità di fare grandi passi avanti con lo sviluppo e la cooperazione ‘sud-sud’, nella quale la Cina è verosimilmente la più importante componente. Mentre in Africa non si vedono ancora il tipo di movimenti sociali e di lotte che hanno luogo in America Latina, l’attuale speranza nascente dell’Africa è sicuramente una premessa necessaria per ulteriori sviluppi nella lotta per la liberazione sociale e nazionale.
Da Londra, Sukant Chandan, giornalista indipendente, ricercatore ed analista politico.
Traduzione dall’inglese di Bf per resistenze.org