Sarebbero almeno una dozzina, ma forse addirittura venticinque, le vittime di un ennesimo raid aereo, avvenuto nella notte tra mercoledì e giovedì tra le montagne del Nuristan, una zona impervia del Nordest afgano. Una bomba sganciata da un aereo ha seminato la morte nel sonno in un gruppo di operai e tecnici che lavoravano alla costruzione di una strada nel cuore di una regione montagnosa e nota per le sue ricchezze minerarie. Dormivano nelle loro tende nei pressi del villaggio di Kamdesh senza immaginare che gli aerei delle forze multinazionali, col compito di proteggere la popolazione afghana dai talebani, sbagliando clamorosamente bersaglio, non avrebbe fatto loro rivedere il sole del mattino. Ma l’operazione resta confusa e, mentre scriviamo, l’Isaf/Nato non ha smentito nè accreditato il numero delle vittime fornito dalle autorità locali, anche se ha ammesso di aver bombardato la zona ma senza dire quando. Nel contempo la coalizione a guida americana, citata dall’Associated Press, starebbe accertando quanto accaduto in Nuristan dopo che funzionari afghani le avrebbero attribuito il raid dovuto a un errore di intelligence. Un caso emblematico della confusione dovuta alla doppia catena di comando tra Isaf/Nato e coalizione a guida americana.
In un paese dominato dall’incertezza anche nel modo di condurre la guerra, nemmeno i numeri sono certi. Dodici morti è la cifra che il governatore della provincia del Nuristan, Tamimi Nuristani, ha fornito alla France Presse, sostenendo che effettivamente i talebani era nei dintorni. Ma l’agenzia di stampa Pajhwok, un’accreditata quanto giovane testata giornalistica della capitale, ha fatto salire il bilancio a 25. E in effetti in giornata il loro numero ha continuato a lievitare, da 12 a 14, da 22 a 25. Forse è ancora per difetto visto che secondo fonti locali, citate dall’edizione in pashtun della Bbc, il bilancio sarebbe ancora piu’ alto. Il malik locale, Taj Mohammad, ha detto però di non avere dubbi, avendo contato personalmente le bare nel numero di venticinque. Alla strada, tra il distretto di Noorkaram e quello di Duap, stavano lavorando diverse maestranze. Almeno 14 vittime farebbero parte di una Ong afghana finanziata con denaro coreano. Gli altri sembra appartenessero a una società di costruzioni afghana.
L’ennesimo passo falso della Nato o della coalizione (la responsabilità non è ancora stata accertata), rischia di compromettere il già fragile equilibrio interno all’Isaf dopo che, proprio settimana scorsa, il segretario generale dell’Alleanza atlantica Jaap de Hoop Scheffer aveva ribadito che la Nato farà il possibile per evitare vittime civili. E dopo l’uscita di qualche mese fa sulle «bombe più piccole» per far meno male, de Hoop Scheffer dovrà ora spiegare che speranze ci sono di evitare che tutto continui come prima. L’ennesimo errore è da mettere in conto a un’opzione militare che non sembra tener conto della richiesta di una svolta che, seppur a fatica, comincia a farsi strada in diverse cancellerie. Ma che già da tempo dev’essere nella testa degli afghani.
Avere notizie da e sul Nuristan è difficile oggi ma lo è stato anche in passato. La «terra nascosta» dell’Hindukush è una delle zone più impervie, magiche e forse più ricche del paese. Nota un tempo come Kafiristan, la terra degli infedeli perché i nuristani erano tra i pochi afghani non musulmani, è diventata solo nel 2001 una delle 34 province del paese. È formata dalla parte Nord delle province di Laghman e Kunar, quest’ultima ad alta infiltrazione guerrigliera, e confina a Nord col Badakshan, la regione più povera del paese, e a Est col Panjshir, la famosa terra di Shah Massud. Ma il Nuristan ha anche un lungo confine col Pakistan ed è considerata una zona di passaggio chiave per i talebani o i loro sodali. Non e’ la prima volta che se ne parla per la caccia ai guerriglieri. Si dice che ai tempi dell’invasione sovietica, Mosca fece fare prospezioni e carotaggi per verificarne la ricchezza che le ricerche confermarono. Minerali quasi a cielo aperto ma difficilissimi da trasportare così che la partita venne chiusa aspettando tempi migliori. Che non arrivarono. Ma adesso ci si sta lavorando, forse proprio per metter mano a quelle ricchezze.
* Lettera22