«La fiducia sul ddl? E’ quasi naturale». E dire che poco prima il premier aveva messo in fibrillazione più di qualcuno replicando al “question time” in aula. «Vediamo» aveva risposto a chi in Transatlantico gli chiedeva appunto se oggi a palazzo Madama il voto si sarebbe risolto in una fiducia. I dubbi infine sono stati sciolti. «Credo che proprio per le caratteristiche che questo voto ha assunto, anche se la decisione spetterà ai gruppi parlamentari, la fiducia sia un fatto abbastanza naturale. La fiducia – sottolinea Prodi – è stata messa tantissime volte dai governi precedenti, pur avendo una maggioranza, come si dice, “bulgara”. Eppure, la mettevano di frequente. Credo che in questo caso, proprio per la delicatezza del problema, la fiducia possa benissimo essere messa». Oggi dunque, dopo mesi di dibattito, di polemiche e di molti maldipancia, per l’Unione in aula si profila la prova più attesa. Il voto di fiducia sul Ddl di rifinanziamento per le missioni all’estero.
Doppio in verità: perché l’aula si esprimerà oggi sull’articolo 2 che riguarda l’Afghanistan mentre per domani è previsto il voto definitivo sul Ddl. Disegno di legge che dovrebbe così – il condizionale è d’obbligo in attesa dell’esito finale – essere definitivamente convertito in legge. A spiegare il senso della decisione è lo stesso capogruppo Rc Russo Spena. «Non è un parlamento blindato, tutto procede come del resto già noto».
Garantito largo spazio al dibattito in aula, con una discussione che praticamente inizierà stamane con gli ordini del giorno. Dopo la fiducia previste circa 8 ore di dibattito generale. A seguire le dichiarazioni di voto e, non prima delle nove, il voto. Domani in mattinata si dovrebbero tenere le dichiarazioni di voto e il voto sulla seconda fiducia che si concluderà intorno a mezzogiorno.
Ieri le commissioni al Senato hanno licenziato il provvedimento all’unanimità ottenendo anche il “placet” del diessino Villone che aveva annunciato il suo parere contrario. Testo varato all’unanimità anche dalle commissioni congiunte Esteri e difesa. Un fatto – non ha mancato di notare il senatore dell’Ulivo Zanda – di «grande rilevanza. Il ddl è stato approvato all’unanimità – ha sottolineato il senatore dell’Ulivo – l’opposizione ha votato a favore del provvedimento, con la riserva di decidere eventualmente diversamente se venisse la questione di fiducia. Però è molto rilevante che sul merito, quindi sui suoi contenuti, si sia registrato un voto positivo sia della maggioranza sia dell’opposizione».
Gli unici due emendamenti presentati da Forza Italia sono stati giudicati inammissibili. Mentre sono undici gli ordini del giorno presentati e approvati a palazzo Madama. Di questi otto sono stati sottoscritti dai senatori della sinistra radicale e tre provengono dalla Lega Nord. Otto gli odg dei “dissenzienti” che riprendono nella sostanza «quasi alla lettera» spiega Russo Spena (Rc-Se) il testo della mozione concordata dai capigruppo dell’Unione con il governo dopo essere stata varata dalla camera.
Problemi di tenuta evitati? Al momento sembra proprio di sì. Ma è noto che la politica può sempre riservare sorprese dell’ultimo momento. La stessa intesa raggiunta dall’Unione è «solo un piccolo passo» replica quasi immediatamente Manuela Palermi, del gruppo “insieme per l’Unione“.
«Ma un piccolo passo – aggiunge – per intraprendere, fin dai prossimi giorni, un cammino che porti a breve al rientro dei militari italiani. Il nostro dissenso sulla guerra in Afghanistan resta intatto».
«Spero – aggiunge – che questo esecutivo dimostri, giorno dopo giorno, una netta discontinuità rispetto alla politica estera della destra. I piccoli passi per la pace – conclude Palermi – spesso richiedono tanti sforzi, non sempre compresi». E a spiegare la posizione dei “dissenzienti” Rc è Grassi a intervenire. «Da parte nostra? – spiega – «Non vedo nessuna novità dal punto di vista sostanziale». Gli ordini del giorno non solo «saranno brevissimi» ma riprenderanno integralmente – ribadisce confermando quanto detto da Russo Spena – alcuni passi della mozione presentata alla Camera». Un’iniziativa «comune» come del resto preannunciato allo stesso ministro Chiti.