La Gran Bretagna manderà altri 900 militari nel Sud dell’ Afghanistan e il rappresentante Onu nel Paese plaude alla decisione: «E’ esattamente ciò di cui abbiamo bisogno», dice Tom Koenigs, auspicando che rinforzi arrivino anche «dagli italiani, da tutte le altre Nazioni che forniscono truppe e anche da quelle che non le forniscono. Così si dà un chiaro messaggio ai talebani che non vinceranno». E insiste: «Sono tempi duri per l’ Afghanistan, tirarsi indietro non è un’ opzione». Koenigs sarà in Italia giovedì, quando verrà ascoltato dalle commissioni Difesa ed Esteri di Palazzo Madama: l’ audizione ha per tema le prospettive di riforma delle Nazioni Unite, ma potrebbe anche essere l’ occasione per rinnovare l’ appello all’ Italia ad incrementare l’ impegno militare, a pochi giorni dal voto sul rifinanziamento della missione. Così Sergio De Gregorio, presidente della commissione Difesa del Senato, invita il centrosinistra a riflettere: «Più ci avviciniamo al pronunciamento delle aule parlamentari, più appare evidente che la comunità internazionale insiste perché gli impegni assunti vengano onorati. A questo punto non resta che appellarsi al buonsenso e alla responsabilità di tutte le forze politiche, di qualunque schieramento, che abbiano a cuore la credibilità internazionale dell’ Italia», sottolinea l’ esponente dell’ Italia dei Valori, e anche il capogruppo alla Camera Massimo Donadi ammonisce gli alleati: «Le parole di Koenigs non possono restare inascoltate». Ma gli otto senatori pacifisti della sinistra radicale, contrari al provvedimento che rifinanzia la missione, a cambiare idea non ci pensano proprio. «Il mio giudizio non muta», dice Claudio Grassi: «In Afghanistan c’ è stata e c’ è ancora una guerra che non è riuscita a sconfiggere i talebani e l’ aumento delle truppe non farebbe che peggiorare le cose. Nemmeno l’ Onu mi pare sia stata capace di risolvere la situazione, perciò bisogna azzerare tutto e cambiare strada». Il senatore di Rifondazione, leader della minoranza dell’ Ernesto, insieme agli altri “dissidenti” chiede non solo la fine della missione Enduring Freedom ma anche una strategia d’ uscita da quella Isaf: «I nostri emendamenti puntano a introdurre elementi di discontinuità in un disegno di legge che altrimenti giudichiamo insufficiente», ribadisce Grassi. Con buona pace di De Gregorio: «Per senso di dignità dovrebbe dimettersi. Non mi stupisce che la sua posizione sia quella del centrodestra, visto che è stato eletto con i loro voti». Linea dura anche per il senatore del Pdci Fernando Rossi, che alla fine voterà per disciplina di partito ma nel frattempo dà battaglia: «Non si esce dall’ Afghanistan aumentando le armi di distruzione di massa e poi questo Koenigs sta perorando una causa non suffragata da un voto dell’ Onu». «La missione Isaf ha la copertura formale delle Nazioni Unite ma di fatto è sotto il comando americano», osserva dal Prc Luigi Malabarba e, comunque, «l’ Onu non è la panacea di tutti i mali, basta guardare cosa è accaduto in Ruanda», aggiunge il senatore dei Verdi Mauro Bulgarelli, che non intende sottostare ai «diktat» di Fassino e continua a sollecitare un incontro con Prodi e Parisi. Nel frattempo, i dissidenti preparano l’ Assemblea pubblica autoconvocata per sabato a Roma (tra le adesioni quelle di Gino Strada e dei coniugi Fo), mentre una pattuglia di deputati “ribelli” guidati da Salvatore Cannavò, leader della minoranza Sinistra Critica del Prc, sta buttando giù gli emendamenti al ddl. L’ appuntamento a Montecitorio è per lunedì 17.