Afghanistan, Mastella alle grandi manovre

Il governo, ma anche la Cdl, appesi a un ordine del giorno che (ancora) non c’è. Un ministro, Clemente Mastella, che non vede l’ora di poter votare quell’ordine del giorno. Il leader dell’opposizione, Silvio Berlusconi, orientato verso l’astensione e la sinistra dell’Unione che vieppiù si agita. A tre giorni dal voto al senato sull’Afghanistan il già contorto e in gran parte ombelicale gioco parlamentare si complica.
Tutto, o quasi, avviene a Berlino dove, in occasione delle cerimonie per i 50 anni dell’Europa, si svolgono in contemporanea i vertici del Ppe e del Pse. Prima il segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa, poi Pier Ferdinando Casini chiedono agli alleati chiarezza («basta con i balletti emdiatici», intima il primo) e «responsabilità», giocando al tempo stesso a rimpiattino con i due poli. Al termine del vertice del partito popolare, Casini, a sua volta accusato di voler tenere in piedi Prodi, ribatte: «L’ordine del giorno dell’Udc (che chiederà il rafforzamento della missione italiana, ndr) può scardinare questa maggioranza. Se passasse con i voti dell’Unione saremmo pronti a chiedere le dimissioni del governo».
Il leader di An Gianfranco Fini ai centristi aveva a sua volta chiesto chiarezza affermando, appunto, che «per mantenere gli impegni e tutelare i nostri soldati è indispensabile liberarsi del governo Prodi». Nel frattempo Berlusconi, molto irritato con Casini e i suoi, temporeggia – «stiamo riflettendo, i nostri elettori ci vogliono uniti e silenti» – liquidando comunque l’odg dei centristi così: «Una volta l’avrei chiamato teatrino, ma ora questa è solo una politica che respinge». Anche perché quel che conta, per l’ex premier, è che al di là dell’ordine del giorno sulle regole d’ingaggio presentato anche da Schifani, un atto politico che non avrebbe conseguenze «tecniche», l’Udc, col suo sì al decreto sulla missione, oltre a offrirsi come puntello del governo provocherebbe serie ricadute sull’opposizione. Ma a spingere il Cavaliere verso l’astensione (sempre un no, ma più «presentabile») sarebbero anche fax e telefonate che invitano a fare di tutto per mandare a casa Prodi, oltre al fatto – dicono gli azzurri – che la missione a Kabul è diventata molto più pericolosa. E nel conto entra anche l’atteggiamento di An e Lega, contrari a votare il decreto. Comunque la spaccatura sarebbe inevitabile. Per tutti questi motivi, il Cavaliere avrebbe già spiegato agli Usa la sua posizione.
Sull’ordine del giorno promesso dai centristi non va per il sottile il leghista Calderoli: «Casini e l’Udc devono smettere di prendere per il culo il paese. Di ordini del giorno o loro emendamenti non vi è alcuna traccia, e il termine per presentarli è scaduto alle 19 di lunedì». Dall’Udc replica Mario Baccini: «E’ prassi parlamentare consentire tempi più elastici in occasione di eventi particolari».
Aspetta a braccia aperte da Clemente Mastella. A Berlino, il guardasigilli spiega che a sera tornerà a Roma volando in aereo con Casini: «Vediamo fino a dove arriva tra noi due la stessa idea di centro», è la premessa del viaggio. E all’insegna delle manovre al centro è la disponibilità di Mastella sulle regole d’ingaggio: «Non sarebbe una forzatura votare l’ordine del giorno», sostiene. Più tardi, è il leader dei Ds Fassino che, oltre a incalzare Berlusconi in ogni modo, a proposito di eventuali nuove regole d’ingaggio e dei documenti in tal senso: «Nessuno di noi ha timore di discutere di questi temi. Abbiamo per primi l’interesse che i nostri soldati siano messi nelle condizioni della massima sicurezza e massima operatività». La sinistra dell’Unione non teme tanto un pronunciamento generico sulla sicurezza dei militari, ma proprio quello su un’ipotetica modifica delle regole d’ingaggio (che comuqnue spetta al comando Nato) e sui mezzi. A quel punto, al no di Turigliatto e Rossi – che da soli, tra assenze e senatori a vita, potrebbero consentire all’Unione di approvare il decreto senza i voti dell’opposizione – se ne aggiungerebbero altri. Senza contare l’ipotesi che un ordine del giorno sulla modifica delle missioni venga non solo votato da Mastella e da parte dell’Ulivo, ma accolto dal governo. Il pressing di Casini in questo senso è forte.
Per il momento le reazioni della sinistra si concentrano su Mastella: «E’ grave che il ministro avanzi proposte in contrasto con quanto concordato dall’Unione – commenta Claudio Grassi, Prc – Se si viola questo accordo il voto rischia di essere senza rete». Dal Pdci, interviene poi il responsabile esteri Venier: «Se Mastella ha il progetto di cambiare la maggioranza allargando all’Udc lo dica chiaramente». E anche il capogruppo di Rifondazione al senato, Giovanni Russo Spena, dice no «a qualsiasi modifica della dislocazione del nostro contingente e delle regole d’ingaggio». «L’eventuale aumento delle dotazioni strutturali – aggiunge il verde Natale Ripamonti – deve essere finalizzato solo a garantire la sicurezza dei nostri militari».