È un divario che ancora non si riesce a colmare, quello tra il governo Prodi e la minoranza di Rifondazione comunista, sulla questione del ritiro dei militari dall’Afghanistan. Una distanza, tutta interna all’Unione, rimarcata oggi dalle parole del ministro degli Esteri Massimo D’Alema che, nel suo intervento davanti le commissioni Esteri congiunte di Camera e Senato ha sentenziato: “La presenza dei nostri militari in Afghanistan non è in discussione ed è considerata tuttora indispensabile dalla comunità internazionale e anche da noi”. Per poi aggiungere che “il quadro dell’Afghanistan è molto diverso ed è molto diversa la qualità della nostra presenza rispetto all’Iraq”. Dichiarazioni che contrastano con le “linee guida” di alcuni esponenti della sinistra radicale “critica”, in primis Fosco Giannini e Lidia Menapace, senatori di Rifondazione comunista.
Lo stesso Giannini, direttore della rivista comunista L’Ernesto, chiarisce al VELINO i motivi per cui l’omonima corrente interna al Prc (che raccoglie il 30% del Partito) è orientata dalle due “linee guida: non rifinanziare le guerre e avviare una uscita dall’Afghanistan”.
Naturalmente aspettando che “si apra un dibattito in Parlamento, un dibattito interno all’Unione, e che ovviamente si prenda atto del decreto che dovrà essere presentato sul rifinanziamento”. L’obiettivo è raggiungere una “mediazione”, ma avendo sempre presente alcuni punti ben precisi: “Noi vorremmo chiedere che i soldati che vengono tolti dall’Iraq non vengano mandati in Afghanistan. Non vogliamo che il contingente italiano venga mandato a combattere nel sudest del paese e non vogliamo concedere i caccia bombardieri Amx che gli americano ci hanno chiesto”.
E – aggiunge il direttore de L’Ernesto – chiediamo in più la possibilità che entro sei mesi si prepari un piano di ritiro dall’Afghanistan”. Un’analisi, quella fatta da Giannini, appoggiata in pieno da Lidia Menapace, la quale, in una nota, fa sapere che in commissione Difesa allargata ai gruppi “ci sono stati diversi interventi sulla situazione in Afghanistan e sono perfettamente d’accordo con l’analisi fatta dal senatore Fosco Giannini”. Un’analisi nella quale il senatore del Prc indica i motivi su cui si basa la sua posizione, e lo fa criticando chi, “anche nel centrosinistra”, parla di una missione afgana che avviene “sotto copertura dell’Onu”. “Dicono che vi sarebbe l’egida delle Nazioni Unite per questa missione di guerra. Il punto – osserva – è che la missione Isaf è stata autorizzata dal Consiglio di sicurezza dell’Onu il 20 dicembre 2001. L’11 agosto del 2003, però, la Nato ne assume il comando. E non c’è nessuna risoluzione dell’Onu che autorizza questo passaggio di poteri. Attualmente i nostri soldati si trovano sotto il comando Nato, che sul piano sostanziale vuol dire comando Usa, ma effettivamente la stessa Nato in queste risoluzioni non è mai nominata”. Così “mentre la destra patriottarda piange quando tornano dai teatri di guerra i nostri soldati morti (ai quali ci tiene a precisare Giannini “va tutto il nostro cordoglio”), credo sarebbe stato meglio non mandarli proprio a morire. Il pericolo di mandare a combattere i nostri soldati in quell’inferno è un pericolo reale. Non ci basta piangerli come fa la destra quando sono morti. Non vogliamo che muoiano e che uccidano le altre popolazioni”.
Dal suo punto di vista “è fallito il progetto di esportazione di democrazia. È fallito il progetto di sconfitta dei talebani che oggi, sotto il controllo americano sono di nuovo insorti. Oltretutto il governo Karzai è corrotto fino alle ossa e questo lo dimostra il fatto che i capi della polizia locale, eletti dal governo, sono in gran parte legati al narcotraffico”. Per tutta questa serie di motivi e per azzerare le distanze con gli altri partiti dell’Unione, sulla missione in Afghanistan si “dovrà arrivare a una mediazione”.
Del resto “siccome Prodi ha detto qualche giorno fa sul giornale tedesco che i comunisti sono folklore, lui e D’Alema non possono pensare di evitare il confronto con i due partiti di questo tipo. Dovranno pensare che bisognerà discutere collettivamente per arrivare a una soluzione positiva che accolga le posizioni che in tutti questi anni il movimento della pace ha portato avanti”. Infine un appello affinché tutta la coalizione giunga a punto di accordo con “le forze comuniste della sinistra critica.
Vorrei ricordare – conclude Giannini – di dare ascolto all’appello di Gino Strada, Alex Zanotelli, don Luigi Ciotti e Tonino Dell’Oglio. Tutti cattolici, meno Gino Strada, che chiedono alle forze politiche di non rifinanziare le guerre e ritirarsi. Diamo ascolto alle forze cattoliche”.