Due bombe scuotono la domenica afghana. Una è vera: una pentola riempita di tritolo e di chiodi – lo «ied»: ordigno esplosivo improvvisato – che scoppia mentre passa un nostro convoglio di pattuglia a Farah, la più calda delle province occidentali. Nessuna vittima, neanche un ferito, ed è un miracolo. L’ altra bomba è a orologeria e se pure da lontano ci sfiora anche quella, visto che all’ Italia è stato assegnato il compito di rimettere in piedi la giustizia afghana, carceri comprese: ieri mattina con una cerimonia sobria il ministro della Difesa afghano, Abdul Rahim Wardak, ha inaugurato il nuovo blocco di massima sicurezza nel vecchio carcere di Pol-i-Charki. La nuova Guantánamo. La prigione delle torture sovietiche e talebane diventerà, da questa settimana, la cittadella delle tute arancioni, il posto dove tenere molti prigionieri del dopo 11 settembre: i 70 afghani detenuti per terrorismo nella base americana a Cuba, oltre agli 800 dentro a Bagram. OCCHIO DI LINCE – È quel che serve a Farah, ormai il vero «fronte» italiano: qui è stato ferito al braccio l’ incursore del Col Moschin, qui ci sono stati 13 attentati in tre mesi, qui spetta al nostro contingente garantire la sicurezza. L’ altro giorno, gli abitanti d’ un villaggio hanno ucciso tre talebani per difendere una squadra che riparava una diga. «Normale attività di ricognizione», dice la nostra Difesa della pattuglia saltata per aria ieri mattina. A salvare i soldati, sarebbe stata la blindatura speciale dei Lince, i nuovi veicoli di fabbricazione italiana che in tutta fretta s’ è deciso d’ inviare a Kabul e a Herat dopo la performance dei «Puma», che s’ aprivano come scatole di sardine. I Lince sono gipponi un pò rialzati, portano 4 uomini, vanno a 130 l’ ora e hanno una blindatura rinforzata. Basta a rassicurare, quando D’ Alema riconosce che la guerriglia sta arrivando fino a noi? «Il fatto è che l’ operazione Achille sta dando buoni risultati – dice il generale Ton Van Loon, l’ olandese che dirige le manovre a Sud -, il nemico vede erodere la sua capacità di combattere. Ed è obbligato a piccoli attentati». BOMBE SPORCHE – Se le cose vanno così bene, colpisce la richiesta degli elicotteristi degli Apache inglesi: vogliono che Londra invii missili termobarici, i micidiali Hellfire, già usati dagli americani a Falluja e dai russi in Cecenia. Dicono che qui sarebbero utilissimi: non bruciano, non sporcano le carni, ma creano un’ onda di pressione così forte da dilaniare all’ istante gli organi interni di chi sta nei dintorni. CELLE E TORTURE – Guantánamo è qui, dunque. Appena fuori Kabul, direzione est. Un cassone di cemento armato, telecamere, microspie e sensori laser: 324 celle, 172 guardie addestrate dalle forze speciali Usa, filo spinato e mura insormontabili. «Non manderemo più nessuno a Cuba – dice il ministro Wardak -. D’ ora in poi, chiunque sarà arrestato per terrorismo finirà a Pol-i-Charki». La nuova Guantánamo afghana servirà per l’ opinione pubblica mondiale: se ci sarà qualche abuso, ora la colpa sarà di Kabul. Senza contare che tornano a casa prigionieri che non hanno più nulla da rivelare e, prima o poi, sarebbero finiti davanti a un tribunale Usa a raccontare cose imbarazzanti. Pol-i-Charki, il raggio ordinario, è anche la prigione che custodiva i talebani scarcerati in cambio di Mastrogiacomo. È dove potrebbe finire pure Rahmatullah Hanefi, il mediatore di Emergency arrestato dai servizi afghani dopo la liberazione del giornalista. Teresa Strada, a nome di Gino, ha paura: «Lo stanno interrogando e torturando. Coi cavi elettrici. Il governo italiano deve intervenire».