«Adjmal ha le ore contate»

Il tempo per Adjmal Nashkbandi, l’interprete di Daniele Mastrogiacomo trattenuto dai taliban dopo la liberazione del giornalista di Repubblica, sta per scadere. «È l’ultima possibilità, vi diamo tempo fino a lunedì alle 15» hanno fatto sapere gli studenti coranici. Il fratello di Adjmal ha ricevuto l’altro ieri una telefonata dal portavoce degli uomini del mullah Dadullah e ha subito rilanciato l’appello perché il governo faccia qualcosa per salvare la vita di Adjmal. «Sono Muneer Nashkbandi, il fratello di Adjmal. Ho ricevuto una chiamata sul mio cellulare da uno dei talebani ieri, giovedì 5 aprile, alle sei» ha detto Muneer. «Il governo deve mettersi in contatto con noi, c’è tempo fino a lunedì alle 3 – mi ha detto – Ma questa è l’ultima chiamata che vi facciamo». «Poi hanno aggiunto: il governo non ha fatto nulla per salvare tuo fratello. Devono mettersi in contatto con noi». Ma è proprio questo il punto: dopo la liberazione di Mastrogiacomo e con due cooperanti francesi finiti martedì prigionieri dei taliban, il presidente Karzai non sembra più disposto a trattare. Alla notizia dell’ultimatum, il direttore di Repubblica Ezio Mauro e Daniele Mastrogiacomo hanno lanciato un nuovo appello. «Mi appello ai miei rapitori perché non venga ucciso il mio amico Adjmal Nashkbandi. Sapete benissimo che Adjmal è caduto prigioniero mentre era in una missione giornalistica, che non aveva nessun altro scopo. Vi chiedo di non compiere un nuovo omicidio dopo quello di Sayed, il nostro autista», ha dichiarato l’inviato di Repubblica.
Gino Strada, fondatore della ong che con i suoi ospedali assicura assistenza a migliaia di afghani anche in zone, come la città meridionale di Lashkargah, investite in pieno dall’offensiva dei taliban contro le truppe della Nato, dal sito internet di Peace reporter si è rivolto direttamente a Dadullah: «Emergency e io personalmente facciamo appello alla tua umanità e ai tuoi profondi sentimenti religiosi nel chiederti di risparmiare la vita di Adjmal Nakshbandi». «La liberazione di Adjmal – osserva Strada – sarebbe un importante segnale di umanità e compassione».
Ma a tenere banco sono state ieri soprattutto le esternazioni di Karzai. Quella del giornalista italiano è stata «una situazione eccezionale – ha dichiarato il presidente afghano – che non si ripeterà. Non ci saranno più accordi del genere con nessun altro Paese». La trattativa per la liberazione di Mastrogiacomo secondo Karzai è stata portata avanti su pressione del governo di Roma, che aveva «il diritto» di chiedere la collaborazione delle autorità afghane nel quadro di «una situazione molto difficile», nella quale l’esecutivo di Romano Prodi «poteva cadere in qualsiasi momento».
«Nei colloqui con il Presidente afghano Karzai, non è mai stata messa in connessione la sorte del Governo Prodi con l’esito del rapimento di Daniele Mastrogiacomo. Ci si è limitati a chiedere a Karzai e al Governo afghano di fare tutto quello che era in loro potere per una soluzione positiva della vicenda» è stata la risposta del portavoce del governo Silvio Sircana. Per la destra invece le parole del capo dello stato afghano indicano che «i veri responsabili della liberazione di cinque pericolosi terroristi» sono da ricercare nel governo italiano e non in quello di Kabul, come sostiene il leghista Calderoli. Quanto ai contatti fra il suo governo e i talebani, Karzai ha detto: «Membri del governo afgano hanno incontrato diversi rappresentanti dei talebani e anche io ne ho incontrati alcuni». «I talebani afgani sono sempre benvenuti, fanno parte di questo Paese… sono figli di questa terra», ha detto Karzai. Ma ieri i taliban hanno portato la loro offensiva – ormai non più limitata alle province meridionali – fino al parlamento di Kabul, con un attentatore suicida che si è fatto esplodere a bordo si un’automobile, sulla strada che porta alla sede della Camera dei deputati. Almeno sette persone (tre poliziotti, altrettanti civili e l’attentatore) sono rimaste uccise nel terzo attentato di questo tipo avvenuto nella capitale nelle ultime tre settimane. E in un’ennesima dimostrazione di forza e di debolezza del contingente Isaf (a guida Nato) che ne dovrebbe contenere l’avanzata nel sud i taliban, che controllano già diverse zone nel sud del Paese, si sono impadroniti la notte scorsa di un distretto isolato della provincia orientale di Zabul, al confine con Pakistan. Secondo le autorità locali i poliziotti hanno scelto come «tattica» di ritirarsi, abbandonando il distretto.