Ebreo, storico, militante. Quando parlava di se stesso e del suo lavoro, Pierre Vidal-Naquet sottolineava sempre con forza questi tre indissolubili aspetti della sua identità di intellettuale. Aveva portato nel mestiere di storico la passione di militante politico, aveva portato nella militanza politica il rigore dello storico di vaglia, aveva sempre reso trasparenti le sue posizioni, ostentando volutamente una biografia segnata dalla deportazione e dalla morte dei suoi genitori ad Auschwitz, dalla sua precocissima partecipazione alla Resistenza contro i tedeschi nella Francia occupata, a soli 14 anni (era nato nel 1930), rivendicando la realtà di un ebraismo forgiatosi non tanto nella sua dimensione religiosa quando direttamente nel grido civile di «mai più la Shoah!».
Ora che è morto, a 76 anni, non si può non rimpiangerne l’impegno intellettuale e il contributo dato agli studi storici. Vidal-Naquet era un «antichista». Era stato direttore di ricerca all’École des Hautes Etudes en Sciences Sociales dal 1969 al 1990, anno in cui sostituì Jean-Pierre Vernant nella direzione del Centre Louis Gernet di studi comparati sulle società antiche. E proprio insieme a Jean-Pierre Vernant ha pubblicato i due volumi Mito e tragedia nell’antica Grecia , tradotti in Italia da Einaudi. Altri libri conosciuti da noi sui temi dell’antica Grecia erano La democrazia greca nell’immaginario dei moderni (Il Saggiatore 1996), Il mondo di Omero (Donzelli 2001). Ma la definizione di «antichista» gli stava stretta; innanzitutto perché la portata metodologica delle sue riflessioni sulla ricerca e sulle fonti – Gli assassini della memoria (Editori Riuniti 1993), e Lo specchio infranto (Donzelli 2002)- avevano una portata amplissima, che interessava tutti gli storici, compresi i «contemporaneisti», sempre molto attenti alle sue considerazioni epistemologiche, ma soprattutto perché il suo impegno militante lo aveva portato a cimentarsi su tutti i temi che hanno imperversato nella grande arena dell’«uso pubblico della storia», in Francia come in Italia.
Denunciò le torture eseguite dai parà durante la guerra di Algeria, si schierò contro la dittatura dei colonnelli in Grecia; quando su quegli eventi si è tornati, non più per la riflessione storica ma per le memorie che ne scaturivano, Vidal naquet si è sempre opposto a una dimensione riconciliatoria e unanimistica, ribadendo le ragioni della storia contro quelle della memoria. Nella battaglia contro i negazionisti usò tutto il peso del suo rigore filologico, attaccandoli sul terreno strategico della critica delle fonti, smascherandone i falsi e le manipolazioni. Nella sua ultima polemica contro Irving, Vidal-Naquet parlò del «disonore di falsificare una materia che si conosce». Fu un giudizio inappellabile, una sentenza contro Irving più esemplarmente fondata di quella emessa da qualsiasi tribunale.