«Ci mancherebbe solo un altro caso Airbus», sospira il vecchio eurofunzionario. Pare l’ennesima Cassandra, ma adesso ogni timore è legittimo. Come per il Jumbo europeo, tutti gli ingredienti di discordia e fallimento contaminano le ambizioni di Galileo, il sistema di navigazione satellitare con cui l’Europa vuole sfidare il Gps americano.
Il dato tecnico – le otto aziende del consorzio non riescono a intendersi sulla ripartizione dei costi di sviluppo – reinnesca una collaudata giostra di scontri politici fra le capitali, il solito «tutti contro tutti» che taglia le gambe quando Bruxelles cerca di passare dalle parole ai fatti. È un gioco doppiamente pericoloso visto che garantisce agli Stati Uniti il monopolio dei servizi e crea le premesse per cedere il passo ai cinesi. I quali, senza eccessivo clamore, hanno appena lanciato il loro piccolo Beidou e, mentre qui si discute, aspettano l’occasione propizia per sorpassarci a destra.
A Palazzo Berlaymont, sede dell’esecutivo Ue, la preoccupazione è evidente. Il commissario per i Trasporti, Jacques Barrot, ha scritto alla presidenza tedesca per stigmatizzare il comportamento dei consorziati – Finmeccanica, Aena e Hispsat(Spagna), Alcatel e Thales (Francia), Eads (Francia-Germania), Inmarsat (Gb) e TeleOp (Germania). Il messaggio è duro: «Credo che il ritardo accumulato sinora, con l’assenza di progresso sul negoziato per il contratto di concessione, costituisce un rischio per il progetto». Si stanno creando «i presupposti per un significativo aumento dei costi» mentre bisognerebbe concentrarsi sul calendario e chiudere la fase organizzativa entro settembre. C’è questo, oppure la rivoluzione. «Esplorerò alternative per completare il progetto – assicura il commissario francese -. E non escludo di rivisitare alcuni aspetti fondamentali del nostro approccio di partenza».
Con me o contro di me, manda a dire Barrot. I governi, però, si aggrovigliano in dispute di potere divergenti rispetto alle esigenze della collettività. Faticano a decidere persino sul dove collocare la sede operativa di Galileo. Erano ben disposti i cechi con Praga, ma il veto incrociato di Francia (che ha l’arroganza di proporre Strasburgo, già contestata città ospite dell’Europarlamento), Germania (vuole Monaco) e Regno Unito (propone Cardiff) ha bloccato la discussione. S’erano proposte anche Malta e Slovenia, ma valli a vedere i leader dell’Unione Europea che trovano l’unanimità in fretta un problema di geografia istituzionale.
Il grande sogno del Gps a dodici stelle s’impantana così tra cavilli finanziari rafforzati da ragioni politiche. Per i suoi trenta satelliti, Bruxelles ha pensato di costruire il sistema di navigazione attribuendo due terzi dei costi fissi (3,6 miliardi di euro) a soci privati e il resto al bilancio comunitario. Agli investitori, grazie ad una concessione ventennale, è stata promessa una massiccia presenza in un mercato dei servizi satellitari che nel 2005 valeva 60 miliardi con un tasso di crescita stimato nel 25 per cento l’anno. Il sistema europeo, più stabile di quello americano e aperto a tutti, anche alla difesa, offre in questo senso ampie possibilità di ritorno.
Sulla carta nessun intoppo. Poi, lentamente, sono venuti fuori i dissapori. Sostenute dal governo di Zapatero, le aziende spagnole hanno cominciato controbattere l’esuberanza dei partner francesi, tedeschi ed italiani. Ne è scaturita una richiesta di revisione dei criteri per stabilire le quote del 75% dei fondi di mettere nell’impresa comune. Il pressing di una Madrid che non vuole essere la quarta ruota del carro ha nei fatti complicato un negoziato già difficile. Nessuno vuole cedere e la concessione non si firma. Secondo una fonte comunitaria, le parti industriali cercano persino di scaricare sulla partecipazione pubblica ogni alea e tenere per sé gestione e profitti.
«Non se ne parla proprio», dicono a Bruxelles. La presidenza tedesca, interessata industrialmente ai guadagni ma determinata a non perderci la faccia, ha posto la questione sul tavolo del consiglio Trasporti dell’Unione Europea di giovedì prossimo. «Un anno senza intesa è inaccettabile», dicono a Berlino. Vero. Se glielo chiedi tutti vogliono Galileo. Eppur non si muove.