Il recente risultato referendario consegna alla politica un messaggio chiarissimo: l’acqua è un bene comune e come tale inalienabile.
Chi ha votato per abrogare l’art.23 bis della legge Ronchi vuole un servizio PUBBLICO a tutti gli effetti, efficiente, efficace e a costi contenuti.
Mi chiedo se questo sia ancora possibile. Forse si, ma è necessario uscire da una ambiguità di fondo che sta caratterizzando la gran parte delle aziende di gestione del ciclo integrato dell’acqua, per lo meno quelle NON ancora completamente privatizzate.
E per uscire dall’ambiguità bisogna cominciare dal ripristino di una verità troppo poco affermata da tutto lo schieramento politico parlamentare, in primo luogo dal centrosinistra in una sorta di trasversalità preoccupante che ha cancellato i confini ideali tra destra e sinistra perfino nel modo di concepire l’idea di un’altra società civile: il processo di PRIVATIZZAZIONE è datato di almeno 15 anni ed è stato avviato e perseguito con il contributo nefasto di governi di segno diverso.
Superate le forme consortili di gestione, avviate le trasformazioni in aziende speciali, di seguito strutturate in società per azioni, prevedendo perfino operazioni in borsa e completando il percorso proprio con il 23 bis, veniva offerta su un piatto d’argento la risorsa acqua al capitale privato italiano e non solo.
Non ci si illuda dunque che, cancellato il 23 bis, il mercato, i monopoli, i potentati economici e le multinazionali abbandonino il campo molto facilmente; del resto il retroterra è stato preparato con dovizia di particolari.
Non c’è più il 23 bis ma rimangono le aziende a TOTALE CAPITALE PUBBLICO e gestite in forma privatistica;
restano al loro posto i cosiddetti managers super pagati proprio per accelerare il processo di privatizzazione, tutti di nomina partitica; restano gli stessi consigli di amministrazione che rispecchiano le maggioranze di turno, in assenza totale di democrazia partecipata, i cui membri ricevono laute indennità di carica e i cui costi ricadono sulla tariffa che tutti noi paghiamo; restano i bilanci incomprensibili ed un uso del pubblico denaro che sfugge a regole di trasparenza, senza alcuna forma di verifica e di controllo da parte di organismi preposti; restano i tanto invocati accorpamenti in funzione delle cosiddette “economie di scala”che producono solo costi e zero investimenti.
Tutto questo mentre la rete idrica italiana fa acqua da tutte le parti e quella fognaria non è migliore.
Attrezziamoci dunque perché la strada della RIPUBBLICIZZAZIONE dell’acqua è ancora molto lunga e accidentata.
Parto dal dato inconfutabile che qualsiasi servizio, se gestito bene, in trasparenza e con le giuste professionalità può essere un ottimo SERVIZIO PUBBLICO; altro dato inconfutabile è che il privato, sempre, ha solo un obiettivo: fare profitto e quindi ridurre il servizio a MERCE.
Per decenni il servizio idrico integrato è stato abbandonato a se stesso proprio per invocare l’intervento del capitale privato. E non si pensi che tutto questo sia prerogativa del sud Italia; al nord dove impera la Lega dei “romaladrona” e dei proclami di pontida, i servizi pubblici e tra questi anche le aziende idriche, sono “terra di conquista” e di spartizione politica; sono merce di scambio di favori; sono strumenti di lottizzazione e di nepotismi perfino volgari.
Ecco perché NON si può lasciare un lavoro a metà!
Ecco perché tutti coloro che hanno lavorato per questa splendida vittoria non possono non completare l’opera di rupubblicizzazione vera e completa dell’acqua, prima di tutto prendendo coscienza della situazione reale e quindi proponendo una legge di iniziativa popolare che spazzi via tutto l’inutile e perverso groviglio normativo esistente in materia, mettendo al centro 5 semplici e fondamentali regole democratiche:
il controllo diretto sull’impiego di denaro pubblico e sull’uso delle risorse;
la cancellazione della struttura manageriale così com’è;
le assunzione di TUTTO il personale solo per concorso pubblico e con criteri di merito;
l’obbligo di presentazione di PIANI INDUSTRIALI soggetti a permanente verifica sul loro stato di realizzazione e controllo diretto sugli investimenti.
la verifica sui bilanci da parte della Corte dei Conti.
Vi pare poco? Se riuscissimo in questo progetto avremmo fatto anche un pezzo di strada importante per il ripristino della democrazia partecipata e della legalità che, di questi tempi, non è cosa di poco conto!
Marina Alfier
Associazione MARX XXI – Venezia