Abu Omar: «Così sono stato torturato»

Gli imputati più famosi non saranno presenti. Non ci sarà l’ex direttore del Sismi Niccolò Pollari, né il suo braccio destro Marco Mancini. E assenti saranno anche i 26 agenti della Cia che la procura di Milano vorrebbe tanto vedere seduti sul banco dei imputati, primo fra tutti l’ex capo centro di Milano Robert Seldon Lady, e sulla cui possibile richiesta di estradizione il ministro Mastella ha invece promesso un pronuciamento del governo entro la fine del mese. E così molto probabilmente questa mattina alle 10,30, quando al settimo piano del palazzo di giustizia milanese prenderà il via l’udienza preliminare per il rapimento dell’imam di Milano Abu Omar, a rispondere alle domande del gup Caterina Interlandi ci saranno solo due delle 34 persone complessivamente indagate dalla procura: il maresciallo dei Ros Luciano Pironi e il vicedirettore di Libero Renato Farina, l’unico a essere accusato solo di favoreggiamento.
Per l’occacsione il piano su cui si trova l’aula è stato fin da ieri transennato e reso inaccessibile a giornalisti e operatori televisivi, che in questo modo non potranno vedere gli imputati nemmeno al loro arrivo, visto che come di consuetudine il dibattimento si svolgerà a porte chiuse. Dietro l’assenza di Pollari e Mancini non ci sarebbe però la volontà da parte dei due imputati di disertare il procedimento. Mancini – di nuovo in carcere dal 12 dicembre scorso in seguito all’inchiesta sui finti dossier – ha fatto sapere attraverso il suo difensore che sta preparando una memoria difensiva da consegnare al giudice quanto prima. Dietro la decisione dell’ex numero uno del Sismi, invece, ci sarebbero una serie di difficoltà logistiche legate all’organizzazione della scorta. In ogni modo attaverso i suoi legali, gli avvocati Fausto Coppi e Titti Madia, Pollari ha già fatto sapere di voler rilasciare delle dichiarazioni spontanee il giorno in cui il gup lo convocherà in aula. Esclusi improbabili colpi di scena, stamattina al gup Interlandi non resterà dunque altro da fare che esaminare le prime richieste di rito alternativo, come il patteggiamento proposto sia da Piron che da Farina. Ieri invece il difensore di Mancini ha smentito che l’ex capo del controspionaggio abbia fatto richiesta di rito abbreviato.
L’imam di Milano Abu Omar venne rapito il 17 febbraio del 2003 e trasferito in Egitto con un volo organizzato dalla Cia. Al Cairo, Abu Omar sarebbe stato imprigionato e torturato per essersi rifiutato di collaborare. «Ero appeso come un animale», ha raccontato lo stesso Omar in una testimonianza pubblicata dal giornale Chicago Tribune, «la testa giù e i piedi in su, le mani legate dietro, i piedi legati insieme, ero sottoposto a elettrochock su tutto il corpo e specialmente nella testa per indebolire il cervello». Quando non veniva torturato, Abu Omar sarebbe stato messo in una camera dalla quale poteva sentire le urla degli altri prigionieri, «affinché potessi crollare psicologicamente». E in quelle condizioni, secondo quanto riferito dal suo avvocato, l’imam ha tentato il suicidio.
Quasi certamente la carta che fin da oggi giocherà la difesa degli imputati sarà quella del segreto di stato, con la richiesta di fare ricorso alla Corte costituzionale. Alla Consulta, gli avvocati chiedebbe di pronunciarsi sulla legittimità dell’articolo 202 del codice penale, secondo il quale solo un testimone – e quindi non un indagato – può fare ricorso al segreto di stato. Un passaggio che riguarda in particolare Pollari, che chiede l’acquisizione di documenti segreti che, a suo dire, lo scagionerebbe.