«Ormai siamo nel caos. E non ce lo possiamo più nascondere. Specialmente nella striscia di Gaza, il governo di Abu Mazen ha totalmente fallito, non è stato in grado di imporre la legge e l’ordine». Parla senza peli sulla lingua Hanan Ashrawi. Qui, nella sua villetta posta di fronte al muro di cinta della Mukata, dove era costretto Arafat e oggi ha l’ufficio il suo più che debole successore, la «pasionaria» della causa palestinese, che per tanti anni è stato tra i volti più noti ai media, sta organizzando il suo nuovo partito in vista del voto del 25 gennaio. «L’abbiamo chiamato Terza via , perché ci presentiamo come l’alternativa tra la corruzione del Fatah e l’integralismo islamico di Hamas», spiegava ieri sera ascoltando preoccupata le ultime cronache delle violenze.
A Gaza poliziotti palestinesi e gruppi armati si sparano contro. Ci sono anche morti e feriti. È guerra civile?
«Sono fatti gravissimi. E non è la prima volta. Purtroppo negli ultimi mesi abbiamo assistito al progressivo degenerare della violenza. Sembra che le cose possano ancora peggiorare con l’approssimarsi delle elezioni politiche tra ormai meno di un mese».
Colpa di Abu Mazen?
«Sì, direi di sì. Non ha avuto coraggio, non ha voluto adottare la forza per imporre la sua autorità, pur essendo consapevole già quest’estate che la situazione stava deteriorandosi. Conosciamo i suoi punti di debolezza: un anno fa era partito con un’amministrazione allo sfascio, le forze di sicurezza divise, la mancanza di uomini e mezzi nella sua polizia. Però non ha fatto praticamente nulla per porvi rimedio. I corrotti e le mafie della vecchia amministrazione hanno continuato a prosperare, lui non ha saputo neppure riformare la polizia. Ora a Gaza imperano le grandi famiglie, le milizie private, manca qualsiasi parvenza di autorità centralizzata».
Si potrà votare egualmente?
«Sì, spero di sì. Non abbiamo alternativa»
Come spiega la crescita di Hamas?
«In molti casi è un voto di protesta. La gente, anche l’elettorato tradizionalmente laico che è molto forte tra noi palestinesi, sceglie Hamas non perché si sia avvicinata improvvisamente all’Islam, ma piuttosto per condannare la corruzione imperante nel Fatah e tra i vecchi leader dell’Olp, rientrati nei territori occupati dal 1994. Ecco perché ha un senso il nostro nuovo partito: cerca di catturare i voti della protesta laica».
Il punto principale del vostro programma politico?
«L’onestà contro la corruzione. E un governo legittimo che non abbia paura di riformare la polizia per imporre finalmente l’ordine e la vera democrazia».
Ancora un kamikaze in Cisgiordania. E guerra di missili da Gaza che obbliga il governo Sharon a imporre una fascia di sicurezza. Li condanna?
«Sono contro la violenza e il terrorismo, certo. Ma attenzione, non mancano le responsabilità israeliane. Non va dimenticato che nelle ultime settimane i gruppi estremisti tra i coloni ebrei nella zona di Nablus hanno tagliato migliaia di ulivi dei villaggi palestinesi nell’assoluta impunità. Un fatto gravissimo, il massimo dell’ingiustizia nel disprezzo di queste antiche comunità contadine, denunciato anche da un paio di coraggiosi giornalisti israeliani. Ma per il resto del tutto ignorato dal governo Sharon e da larga parte della società israeliana. Solo qualche mese fa gli stessi coloni avevano avvelenato alcune fonti d’acqua usate dai pastori palestinesi. Nessuno è mai stato portato in tribunale. Così, Sharon parla di pace, ma intanto non mantiene gli accordi per il passaggio di beni e persone tra Cisgiordania e Gaza, strangola la nostra economia, trasforma larghe zone dei territori occupati in grandi prigioni. Parla di pace, ma intanto costruisce il muro sulle nostre terre, ci ruba la Gerusalemme araba, impone le punizioni collettive. Se si condanna tutto questo, si deve condannare anche la violenza palestinese».