Contestazioni e polemiche nell’Anp, slitta per due giorni di seguito il dibattito sulla fiducia davanti al Consiglio legislativo dopo che in quasi tutti i primi interventi era stata bocciata la lista dei ministri
La «stagione riformatrice» promessa da Abu Mazen esordisce con difficoltà, peraltro largamente prevedibili: il nuovo governo messo a punto dal primo ministro Abu Ala, su mandato del neo-eletto presidente, ha suscitato infatti un coro di contestazioni e di proteste fra i deputati del Consiglio legislativo palestinese determinando due consecutivi rinvii – prima da lunedì a ieri e poi di nuovo alla giornata odierna – della seduta in cui si dovrebbe discutere della composizione dell’esecutivo e passare poi al voto di fiducia. Lunedì ben 14 dei primi 17 deputati intervenuti nel dibattito avevano bocciato la lista proposta da Abu Ala; e sia Al Fatah – l’organizzazione maggioritaria cui appartengono il presidente e il primo ministro – sia le Brigate dei martiri di Al Aqsa, che ne sono di fatto una filiazione, avevano invitato il parlamento a negare la fiducia. Abu Ala l’ha presa male, ma dopo una nottata di incontri e consultazioni ha accettato di rimettere mano all’esecutivo includendovi dei «volti nuovi», sia di «riformisti» che di tecnici; stamani la nuova compagine sarà presentata al Consiglio e si spera di arrivare in giornata alla votazione finale.
Il nodo cruciale è rappresentato dalla richiesta non solo dei deputati ma dell’insieme della società civile palestinese (e degli stessi appartenenti ad Al Fatah, che ha in parlamento una larga maggioranza) che il nuovo governo rappresenti una netta svolta rispetto ai precedenti soprattutto in tema di lotta alla corruzione, la quale – insieme al burocratismo e anche ad un eccesso di verticismo – costituiva una delle «piaghe» croniche dell’Anp. Va ricordato che già diversi anni addietro, e cioè prima ancora della seconda Intifada e della introduzione della carica di premier, c’era stata una levata di scudi contro i ministri giudicati corrotti e il governo era stato sfiduciato; Arafat, che allora era il capo dell’esecutivo, aveva però riconfermato praticamente quasi tutti i ministri uscenti, e alla fine il Consiglio si era piegato ad approvare la sua scelta. Ora però le cose sono cambiate, nessuno – e in ogni caso certamente né Abu Ala né Abu Mazen – ha il carisma e l’autorità (magari a volte eccessiva) di cui godeva Arafat e i deputati del Consiglio legislativo sono decisi a far pesare fino in fondo il loro ruolo. Va detto che le difficoltà incontrate da Abu Ala, da sempre uomo di fiducia di Arafat, possono in fondo non dispiacere ad Abu Mazen, che nel settembre 2003 si vide costretto a dimettersi, anche per i suoi dissensi con lo stesso Arafat, e a passare la mano proprio all’attuale premier; e tuttavia nessuno dei due ha oggi interesse a far precipitare una crisi politica, proprio nel momento in cui a livello internazionale viene rilanciato il processo di pace e Sharon accetta di coordinare con l’Anp il ritiro da Gaza e avvia l’attuazione degli accordi conclusi a Sharm-el-Sheik. Per cui è da ritenere che l’impasse sarà superata e che nelle prossime ore si arriverà effettivamente al varo del nuovo governo, rinviando il confronto fra le due anime dell’Anp e di Al Fatah – quella legata agli uomini e ai metodi del passato e quella che si presenta come «riformatrice» e che si raccoglie appunto intorno ad Abu Mazen – alle elezioni politiche già previste per il prossimo luglio.
Nella compagine messa a punto lunedì da Abu Ala c’erano soltanto quattro nomi nuovi su 24 ministri; due sono figure di fiducia di Abu Mazen, e precisamente il generale Nasser Yussef come ministro dell’Interno e Mohammed Dahlan, di Gaza, come ministro per gli affari di governo con un mandato speciale per trattare con Israele sulle questioni della sicurezza, mentre le altre due sono personalità di Al Fatah molto stimate, vale a dire Nasser Qidwa, nipote di Arafat, che passa dall’incarico di rappresentante palestinese all’Onu a quello di ministro degli Esteri, e la signora Dalah Salameh, del campo profughi di Balata alle porte di Nablus, quale nuovo ministro degli Affari sociali. Dahlan e il gen. Yussef erano stati bocciati, o comunque silurati, nel 2003 da Arafat quando Abu Mazen aveva formato il suo primo ed effimero governo; Nasser Qidwa e la signora Salameh sostituiscono due figure «storiche» come Nabil Shaath e Intissar al Wazir (alias Umm Jihad, vedova di Abu Jihad assassinato dagli israeliani a Tunisi nel 1988), entrambe contestate proprio con l’accusa di corruzione. Che tutto ciò sia potuto accadere è un segno di quanto le cose stiano cambiando (anche se forse non sempre in meglio) nell’era del dopo Arafat.