Abolire la Legge Moratti

Il prossimi anno scolastico sarà decisivo per la scuola italiana. Ci sentiamo di fare un’affermazione così impegnativa perché la situazione che stanno vivendo quanti operano nel mondo scolastico non consente ulteriori mediazioni. Per onestà intellettuale occorre dire che la crisi nella quale si dibatte la nostra scuola è cominciata prima che si insediasse il governo Berlusconi, il peggiore della storia repubblicana, e la di lui ministra Moratti. Nessuno potrà mai dimenticare i disastri provocati da Luigi Berlinguer, poco leniti dalle lacrime del suo successore Tullio De Mauro. Ora, però, dobbiamo assolvere un compito “storico”: abolire le leggi Moratti perché cambierebbero il volto (in negativo: si intende!) della scuola, e conseguentemente della società italiana, per i prossimi decenni.
Del resto, le ultime notizie, diffuse dallo stesso ministero, non lasciano non sperare: negli ultimi dieci anni i docenti di ruolo sono diminuiti di oltre il 15%; per contro quelli precari sono aumentati enormemente, raggiungendo l’astronomica cifra di 134.000. Nessuno pensa più a stabilire il numero massimo di alunni per classe, come era stato fatto negli anni passati, allo scopo di salvaguardare la didattica (insegnamento individualizzato) e le cattedre dei docenti. Tutto ciò in nome della cosiddetta razionalizzazione della spesa, quella che ridotto gli investimenti per l’istruzione dal 4,2 al 3,9 % del PIL, avviando significativamente lo sganciamento dello Stato dalla scuola di massa.
Un altro schiaffo alla scuola statale è stato mollato proprio in questi giorni: la ministra regala 50 milioni di euro alle scuole “paritarie”, maggiorando del 70% il fondo rispetto al 2004. Ciò significherà, grosso modo, bonus fino a 564 euro per chi, a prescindere da ogni valutazione di reddito familiare, invierà richiesta per il contributo. In pratica si sottraggono fondi alla scuola statale e si regalano a quelle “fedeli alla linea”: un Robin Hood al contrario.
Ma sarebbe sbagliato e puramente economicista, vedere solo questi aspetti nelle iniziative portate avanti dalla Moratti. C’è, insieme ai tagli e alla riduzione delle cattedre e dei posti del personale ATA, un disegno “culturale” che vorrebbe scardinare le basi democratiche della scuola italiana, nella quale da decenni si è affermata un’egemonia della sinistra nei vari rami del sapere. Ai valori della Resistenza, della democrazia repubblicana, della legalità e del rispetto delle regole, del pensiero critico fondato sulla ragione, si vorrebbero sostituire dei “dis-valori” che portino, ad esempio, al revisionismo storico, al fideismo teso alla demolizione dell’asse culturale scientifico, alla “distruzione della ragione”. Sul revisionismo storico avremo modo di tornare in maniera più approfondita, qui vorremmo soprattutto chiarire un aspetto dell’intero disegno Moratti che bisogna urgentemente contrastare, quello riguardante la funzione dello Stato e la divisione tra lavoro intellettuale e lavoro manuale. La Costituzione italiana, infatti, assegna allo Stato la funzione di intervenire attivamente per “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione…”. E, sempre attraverso la Costituzione, lo Stato è chiamato a svolgere un ufficio universale “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Ancora: nella Costituzione alcune cose sono sancite come obbligatorie, intendendo l’obbligo in senso positivo “La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore impartita per almeno otto anni è obbligatoria e gratuita. […]”. Non per caso, le forze democratiche si sono battute e si batteranno quando torneranno al governo per innalzare l’obbligo a 18 anni.
La Moratti non parte dallo Stato, inteso come universalità, ma dall’individuo e dalla famiglia accogliendo il principio di sussidiarietà: per capirci l’interesse particolare rispetto a quello universale. È questa, in qualche modo, la linea che per anni ha perseguito il mondo cattolico integralista e che porterebbe alla contrapposizione della società civile e allo “scontro di (in)civiltà”. L’obbligo viene cancellato introducendo il principio del “diritto-dovere”, ben altra cosa rispetto all’obbligo!, prevedendo (udite!, udite!) sanzioni per i trasgressori. Risultato: meno giovani frequenteranno la scuola italiana; dunque meno istruzione e cultura. Del resto, questo obiettivo si collega con quello di ridurre la spesa a favore della scuola e con la contrazione del monte-ore complessivo, che certo non fa bene alla salute dei nostri istituti.
Inoltre, con le sue leggi la ministra Moratti aggrava la storica divisione gentiliana tra attività intellettuale e lavoro manuale, mascherandola però con “un tocco di classe”: tutte le scuole superiori si chiameranno licei, la famosa liceizzazione!, facendo solo finta di abolire le differenze.
Di fronte a queste malefatte, e ad altre delle quali parleremo in seguito, ben vengano gli inviti alla mobilitazione da parte delle forze politiche e sindacali democratiche per abolire le leggi Moratti e rilanciare la scuola italiana. Per questo invitiamo tutti ad andare a Firenze il prossimo 10 settembre per partecipare all’incontro indetto dal locale comitato “Fermiamo la Moratti” e cominciare così a programmare le iniziative per mandare a casa prima possibile il governo di centrodestra.

Catania, 31 agosto ’05