A tutti i costi

Ieri riferendomi – sul manifesto – alla presentazione del programma dell’Unione scrivevo di «delusione preventiva». Ieri mattina sono andato all’Eliseo a sentire Romano Prodi e la delusione mi si è confermata. In questi casi darsi ragione fa male. Avrei preferito scrivere una nobile e incoraggiante autocritica (i vetero comunisti hanno nostalgia dell’autocritica). Ma cerco di spiegarmi meglio. Ieri mattina, a Roma, il teatro Eliseo era strapieno e moltissimi non sono riusciti a entrare. All’interno c’era un clima ottimo: gli applausi di consenso e di incoraggiamento sono stati continui. La parola d’ordine più ripetuta è stata (e non a caso) unità, cioè la sottolineatura dell’imperativo categorico di queste elezioni prossime: tutti uniti, a ogni costo, per liberarci di Berlusconi.

Questa volta è meno probabile un astensionismo di sinistra: i cinque anni di Berlusconi qualcosa hanno insegnato. Quindi bene. Ottima l’ovazione quando Fassino è stato chiamato sul palco dei leader. Buona anche l’esposizione che Romano Prodi ha fatto del programma dell’Unione: una retorica accorta e suadente. Complimenti.

Detto tutto questo la «delusione preventiva» mi si è purtroppo confermata. Nel suo buon discorso Romano Prodi (per il quale ho votato alle primarie) è stato – a mio parere – elusivo. Non basta (e non convince) dire che uno vuole il bene contro il male, peraltro evidente. Il bene comporta scelte precise e coerenti. Volere il bene senza dire come e perché e a costo di chi non persuade. Da questo punto di vista il bel discorso di Romano Prodi è stato piuttosto indeterminato. Ogni bene ha un costo di un qualche comparto della società (non oso parlare di società divisa in classi, sarebbe premoderno). Romano Prodi ha parlato dei benefici e non dei costi che qualche parte della società italiana dovrebbe pagare. Tutto a gratis è impossibile.

Forse è una opportunità, un’astuzia elettorale, ma non convince. Pensare che tutti gli italiani sono buoni e solo Silvio Berlusconi è cattivo, sarebbe un grave errore. Silvio Berlusconi non sarebbe quello che è se non avesse il sostegno di una parte della società italiana e della sua cultura. Lo stesso discorso abbiamo avuto modo di svilupparlo a proposito del fascismo, che fu un fenomeno profondamente nazionale e anche internazionale. Grazie a dio Berlusconi non è Mussolini, ma anche lui ha un consenso sociale e culturale e un programma serio di sinistra dovrebbe metterlo in evidenza e combatterlo nelle sue radici sociali e culturali. Berlusconi non ci sarebbe se non ci fosse il berlusconismo.

Grazie a dio, o a non so chi altro, Berlusconi non è Mussolini e non ha le radici del fascismo, verrebbe da dire che è un epifenomeno, ma se vogliamo batterlo (non solo alle elezioni) la nostra critica e il nostro programma dovrebbero essere più radicali e netti. Altrimenti il rischio è di battere Berlusconi Silvio e di restare con un po’ di berlusconismo appiccicato a noi.