A sinistra “reprimere” non è più un tabù

Sotto accusa è finito Liberazione, quotidiano di Rifondazione che in prima pagina ha titolato “Allarmi siam razzisti, caccia ai rumeni”. A tanti, della sinistra alternativa, è sembrato troppo, è apparso il solito modo per mettere la testa sotto la sabbia, e hanno cominciato a dirlo. Piero Folena, sempre più indipendente del Prc, non usa giri di parole: «Mi sento distante moralmente dalla prima pagina di Liberazione, dove fra l’altro la notizia della morte della povera donna vìolentata è stata nascosta nell’occhiello. Ma come si fa. E’ ora di smetterla con il sociologismo che alberga tuttora a sinistra, secondo il quale quando si parla di sicurezza si rimanda sempre ad altro, i poveri, gli emarginati, come se il tema invece non riguardasse proprio la parte debole della società, la vera vittima di abusi e soprusi e criminalità».
Sì, a sinistra il tabù sicurezza comincia a essere infranto. La parola “repressione”, il verbo “reprimere” non vengono più pronunciati sottovoce o di nascosto. E al Consiglio dei ministri straordinario dell’altro giorno, i ministri della sinistra dissidenti sono rientrati, l’astensione sul ddl sicurezza è diventata disco verde sul decreto. Ma non tutti si sono mossi allo stesso modo. Sul tema, la sinistra alternativa si è divisa. Mentre Paolo Ferrero, ministro di Rifondazione, si è astenuto su quattro dispositivi su cinque del pacchetto sicurezza, Fabio Mussi e Pecoraro Scanio solo su uno, e hanno detto sì alle norme sulla custodia cautelare che equipara alcuni reati a quelli di mafia e terrorismo, un tabù per una certa sinistra fino a qualche tempo fa. Sicché Famìano Crucìanelli, sottosegretario agli Esteri, commentava
allargando le braccia: «Non è un bel vedere che la sinistra che vuole unificarsi si divida sulla sicurezza, stenta ancora a farsi strada l’idea che questo è un tema proprio della sinistra, che per storia e tradizione è sempre stata vicina al comune sentire delle persone, del popolo».
La sinistra viene anche da una lunga tradizione terzomondista che spesso ha visto nella povertà una sorta di passaporto, di alibi per giustificare violenze e delitti, come se al povero fosse concesso un particolare lasciapassare per delinquere. «C’è una sinistra elitaria che non vive i problemi della gente comune», bacchetta Peppìno Caldarola assai vicino a Veltroni, «una sinistra che sì permette il lusso di parlare di integrazione vivendo mille miglia lontano dai luoghi del degrado. E’ la sinistra de “la teoria è nostra, il problema è vostro”, ma per fortuna tra tanti amministratori comincia ad affermarsi un discorso comune, concreto. Il ricco non ha il problema della sicurezza, ci pensano i suoi body guard, il problema ce l’hanno i poveri». In prima fila a infrangere tabù c’è Nicki Vendola, governatore della Puglia, che al Manifesto ha detto cose considerate tabù in una certa sinistra: «Guardo con interesse alla banca dati del Dna, il problema della identificazione c’è, esiste. Non basta denunciare la deriva securitaria, bisogna affrontare nel merito i problemi».