A Pisa l’hub della guerra

L’aeroporto militare di Pisa diventerà l’Hub nazionale delle forze armate, ossia l’unica base aerea da cui transiteranno tutti i reparti inviati nelle diverse «missioni internazionali»: lo ha annunciato il portavoce della 46a Brigata aerea, maggiore Giorgio Mattia. I lavori inizieranno il prossimo maggio e, entro il 2013, l’Hub diventerà operativo. I lavori di ampliamento dello scalo prevedono una struttura ricettiva per circa 30mila uomini perfettamente equipaggiati, per un arco di tempo di almeno un mese. La struttura, ha precisato il portavoce, rispecchierà in tutto e per tutto i grandi hub civili con servizi di check in e check out, movimentazione bagagli e altri servizi di terra che potranno essere gestiti da ditte civili. Con la differenza che vi transiteranno non turisti con T-shirt e canne da pesca, ma militari con tute mimetiche e fucili mitragliatori.

Il progetto viene presentato come un investimento importante che, rilanciando il ruolo strategico della base pisana, potrà avere importanti ricadute economiche sul territorio. «L’aeroporto militare nuova ricchezza per Pisa», titola Il Tirreno (3 agosto), prevedendo che l’Hub, in grado di movimentare fino a 30mila militari al mese, creerà un notevole indotto la cui capacità, inclusi i familiari al seguito, viene stimata in 50-60mila persone. Questo in una città che non raggiunge i 90mila residenti. Tale progetto, che stravolge la vocazione turistica del territorio puntando sul militare, viene imposto all’intera città senza che i suoi abitanti siano stati consultati. Sicuramente, invece, esso ha ricevuto l’entusiastico ok dell’amministrazione comunale, presieduta dal sindaco Marco Filippeschi (Pd).

E’ stato Filippeschi, lo scorso novembre, ad annunciare che la base Usa di Camp Darby, tra l’aeroporto di Pisa e il porto di Livorno, ha «importanti prospettive» e che «gli americani ritengono questo insediamento molto importante e vogliono continuare a investirci». Intanto vi investono la Regione Toscana e i comuni di Pisa e Livorno che, ampliando il Canale dei Navicelli, permettono alla base di velocizzare i collegamenti con il porto di Livorno e accrescere la sua capienza, così da rifornire più rapidamente le forze terrestri e aeree nell’area mediterranea, africana e mediorientale. Nello stesso quadro si inserisce il progetto dell’Hub di Pisa: il fatto che esso sarà in grado di movimentare fino a 30mila militari al mese, il triplo di quanti l’Italia ha dislocati all’estero, indica che la struttura potrà essere usata anche dalle forze armate statunitensi.
Si tace però sul fatto che l’impatto ambientale dell’aeroporto è già oggi ai limiti della sostenibilità. La 46a Brigata, dotata di aerei C-130J della Lockheed Martin che trasportano in continuazione truppe e materiali in Afghanistan e altri teatri, effettua oltre 10mila movimenti annui di velivoli militari, ai quali si aggiungono quelli effettuati per conto di Camp Darby, il cui numero è segreto. Nello stesso aeroporto, la cui gestione è militare, si svolgono oltre 40mila movimenti annui di velivoli civili. Sempre più spesso i C-130J e altri aerei sorvolano a bassa quota le zone abitate, incuranti dell’inquinamento che provocano e che le autorità di solito ignorano. Aumenta allo stesso tempo il pericolo di incidenti come quello verificatosi lo scorso novembre, quando un gigantesco C-130J, modificato in aereo cisterna per il rifornimento dei caccia in volo, è precipitato su una linea ferroviaria subito dopo il decollo, rischiando di provocare una strage. La realizzazione dell’Hub, una vera e propria città militare all’interno della città, che richiederà maggiore spazio e la probabile demolizione di edifici civili, accrescerà enormemente tale impatto.
Siamo quindi di fronte al progetto di militarizzazione di un territorio, che supera ampiamente quello del raddoppio della base di Vicenza, da cui potranno trarre vantaggio alcuni settori economici locali, ma non l’economia né tantomeno la cittadinanza nel suo complesso. Una «grande opera» militare, il cui enorme costo fagociterà altro denaro pubblico, mentre anche a Pisa si tagliano i fondi per l’università, la sanità e altri settori. Un altro investimento sulla «risorsa guerra», dietro il paravento delle «missioni umanitarie».

(il manifesto, 4 agosto 2010)