La denuncia di Greenpeace: l’Italia è una potenza nucleare presa in affitto da Nato e Stati uniti. Le atomiche in due basi militari
L’Italia è una potenza nucleare. Presa in affitto dagli Stati uniti e dalla Nato che dispongono di ben 90 testate atomiche in due basi militari, quella area statunitense di Aviano, in provincia di Pordenone, e quella italiana di Ghedi Torre, a Brescia. Non si tratta di una novità, ma a sedici anni dalla fine della guerra fredda la presenza di armi atomiche che perdipiù non sono sotto il controllo del governo italiano suscita comunque preoccupazione. Anche perché non si tratta degli unici ordigni presenti in Europa. Altre bombe atomiche di proprietà degli Stati uniti si trovano infatti in Belgio, Germania, Paesi Bassi, Turchia e Regno unito. In tutto 480 ordigni nucleari, ognuno dei quali con una potenza distruttiva dieci volte superiore a quella di Hiroshima e che Washington controlla grazie a quanto previsto dagli accordi Nato sulla condivisione nucleare. «Se esplodessero tutte assieme, avrebbero la capacità di cancellare l’Europa dalla cartina geografica» avverte Greenpeace, che ieri ha presentato un rapporto in cui si denuncia come tanti e tanti ordigni rappresentino i «rischi nascosti nel cortile di casa». «Occorre rimettere al centro dell’agenda parlamentare lo smantellamento delle basi che ospitano armi nucleari in Italia», ha spiegato Donatella Massai, direttore generale di Greenpeace durante la presentazione del rapporto, avvenuta a Palazzo Madama. «Gli Stati uniti – ha proseguito – possono decidere un attacco nucleare utilizzando le basi presenti sul nostro territorio senza che l’Italia possa intervenire. E’ una vera perdita della sovranità nazionale».
Oltre a rappresentare un evidente pericolo, le novanta testate nucleari sono soprattutto una presenza illegale. Almeno in teoria, e almeno stando al trattato di non proliferazione nucleare ratificato anche dal nostro paese. Il fatto che siano tenute all’interno di basi americane o della Nato rappresenta solo un escamotage per mantenerle sul nostro territorio. «Grecia, Canada e Islanda, pur facendo parte della Nato, hanno smantellato questi armamenti: noi dobbiamo fare lo steso», ha detto Giuseppe Onufrio, direttore delle campagne di Greenpeace.
Senza contare i rischi legati a possibili attentati terroristici, aumentati in maniera esponenziale dalla crisi in corso con l’Iran e dalla possibilità che, nella malaugurata ipotesi di un conflitto, le basi presenti in Italia potrebbero diventare operative. «L’azione si potrebbe fare coni B-61 presenti nella basi italiane – ha proseguito Onufrio – Chiediamo una forte iniziativa parlamentare per smantellare le basi nucleari».
Stando al rapporto presentato dall’organizzazione, nella base americana di Aviano sarebbero presenti 50 testate nucleari di tipo B-61 con una potenza tra 0,3 e 170 kiloton, ma la struttura è attrezzata con 18 ricoveri protettivi in grado di ospitare fino a 72 ordigni. Quaranta sono invece le bombe presenti a Ghedi Torre, che potrebbe comunque ospitarne fino a 44 in 11 ricoveri protettivi. Il loro eventuale lancio è affidato ai Tornado italiani del 102esimo e 154esimo Gruppo del sesto stormo, che opera in ambito Nato. «Negli anni ’60 – ha spiegato il senatore Francesco Martone (Prc) – l’Italia ha sottoscritto un accordo segreto, “Stone Ax”, che ha come conseguenza la presenza nel nostro paese di servitù militari: oltre a Ghedi Torre e Aviano, non bisogna dimenticare i sommergibili nucleari della Maddalena e la possibilità che navi a capacità nucleare possano attraccare in porti come quello di Taranto». Un accordo che non è mai stato discusso dal parlamento.