«A Gaza siamo ad un passo dalla catastrofe umanitaria»

Ieri altri quattro palestinesi sono morti in ospedale a Gaza per le ferite riportate nel corso delle incursioni dell’esercito israeliano dei giorni scorsi. Secondo le informazioni del ministero della Sanità, da mercoledì scorso vi sono stati a Gaza 34 morti e 129 feriti, dei quali 16 gravi ed 11 che resteranno invalidi. Una statistica che va ad aggiungersi alle altre vittime registrate dall’inizio dell’operazione militare israeliana “piogge d’estate”, scattata lo scorso 25 giugno.
In questi giorni il ministero della Sanità palestinese ha fatto appello alla comunità internazionale affinché sia inviata a Gaza una commissione di esperti in caso di appurare a cosa siano dovute le inconsuete mutilazioni e lacerazioni provocate dai proiettili utilizzati durante l’attuale offensiva dell’esercito israeliano.

Ne abbiamo parlato con il ministro della Sanità del governo palestinese Bassem Naim. «Dall’inizio di quest’ultima operazione militare israeliana sul nostro territorio abbiamo ricevuto informative dai medici di diversi dei nostri ospedali che ci pongono di fronte ad una situazione mai osservata in precedenza. Parliamo di medici con una lunga esperienza. Dottori che si sono occupati di trattare pazienti durante la prima e la seconda intifada. Dai rapporti si evince che i pazienti arrivano all’ospedale con mutilazioni, lacerazioni dei tessuti esterni al punto che i cadaveri sono sfigurati tanto da non essere riconoscibili. Alle ferite corrispondono ustioni interne di secondo e terzo grado. Gli organi interni risultano gravemente danneggiati o in caso di ferite alle estremità, ci si trova nell’impossibilità di intervenire e bisogna amputare. Le schegge che provocano tali ferite non sono visibili ai raggi X».

Durante l’operazione “piogge d’estate”, soprattutto nella prima fase, a Gaza c’erano televisioni e giornali. Avete cercato di sollevare l’attenzione sulla vicenda?

Noi abbiamo denunciato, in diverse occasioni, cosa stava accadendo. Poi è cominciata l’offensiva in Libano. Da allora l’attenzione si è spostata altrove. A parte questo noi non abbiamo strutture per procedere a serie analisi e documentare con esattezza quello che sta succedendo. Ecco perché come ministero abbiamo in questi giorni lanciato un appello per la costituzione di un comitato internazionale. Comunque la questione non riguarda esclusivamente il tipo di armi utilizzate. Io mi chiedo se sia possibile impiegare tali quantità di esplosivo in zone affollate da civili. Donne, anziani, bambini.

Può dirci con precisione chi avete informato?

Quattro giorni fa abbiamo scritto al Segretario Generale delle Nazioni Unite, abbiamo inviato informazioni alla stampa, alla Lega Araba e alla Croce Rossa Internazionale. Ma non abbiamo avuto riscontri.

Qualche giorno fa il commissario europeo alle relazioni esterne dell’Unione Europea Benita Ferrero Waldner era visita a Gaza ed è andata all’ospedale Shifa. Avete parlato di questo argomento?

La questione principale in agenda durante l’incontro era il carburante di cui l’ospedale necessita per funzionare e parte degli stipendi di medici e infermieri. La reazione rispetto alla condizione dei pazienti ha avuto toni personali, non vi è stata una presa di posizione ufficiale.

Avete ancora fiducia nella comunità internazionale?

Io credo che stiamo arrivando, da questo punto di vista, al collasso morale. Con l’intervento degli Stati Uniti in Iraq c’è stato il superamento di una “linea rossa”. Il disinteresse verso le conseguenze delle guerre è immorale. Anche l’Unione Europea si è appiattita sulle posizioni americane, anch’essa è affetta da un collasso morale. Che siano utilizzate armi convenzionali o armi al fosforo, il problema sta nel fatto che il Mondo ne è al corrente, e, per quello che riguarda la nostra situazione, il solo intervento di rilievo è quello degli Stati Uniti impegnati nella protezione di Israele.

Quanto riescono ad incidere aiuti umanitari stanziati dall’Unione Europea?

Con il livello di distruzione raggiunto attualmente gli aiuti dell’Ue incideranno in misura irrisoria. Per far funzionare il sistema degli ospedali e delle cliniche di Gaza, senza includere gli stipendi del personale sanitario, occorrono 75 milioni di dollari l’anno. Se la situazione non migliora arriveremo alla catastrofe sanitaria. Per la prima volta in vent’anni ci troviamo nella condizione di non poter procedere ai vaccini obbligatori per i bambini. Questo vuol dire regredire. In un momento in cui le condizioni ambientali espongono la popolazione ad un numero maggiore di pericoli per la salute.

L’Anp è ancora fiduciosa rispetto ad una soluzione della crisi che colpisce Gaza mantenendo l’attuale formazione di governo?

Io credo che i paesi occidentali dovrebbero eticamente rivedere la propria posizione rispetto alla decisione di punire il popolo palestinese per la sua scelta democratica. Una scelta che si riflette sulla pelle di bambini. Inoltre dovrebbero cambiare la politica di appoggio incondizionato ad Israele.

Lei parla di occidente schierato con Israele. Ma i paesi arabi non avrebbero potuto sollevarvi da questa condizione?

Anche se volessero aiutarci c’è sempre il problema dei confini chiusi. Inoltre ogni transazione in dollari o euro verso Gaza è sottoposta a controllo e bloccata. Infine c’è anche il fatto che molti governi arabi non intendono irritare gli Stati Uniti.