A caval donato non si guarda in bocca

Dunque, ponti d’oro alla marcia natalizia per l’amnistia. Però, però… I detenuti non vanno ingannati. Alle loro sofferenze per le disumane condizioni in cui sono costretti a vivere da un sistema carcerario fermo all’età della pietra, è ignobile aggiungere la illusoria speranza di poter presto tornare in libertà. Infatti, attualmente, non ci sono in Parlamento i numeri per approvare un provvedimento di indulto e amnistia. Ed è difficileci siano anche dopo le prossime elezioni politiche.
Infatti, i partiti, nel 1992, terrorizzati da “mani pulite”, in preda al panico, hanno castrato il Parlamento introducendo un quorum di due terzi dei membri di ogni Camera per varare un provvedimento di clemenza. Riforma improvvida, frutto della reciproca sfiducia e paura delle forze politiche. Ciascuna temeva che l’altra, in caso di conquista della maggioranza, avrebbe varato un provvedimento d’amnistia ad hoc per cancellare le proprie malefatte. Ai giorni nostri, in carcere ci sono 60mila persone, circa 50mila si trovano obbligate agli arresti domiciliari o affidate ai servizi sociali. Ma in realtà un provvedimento di clemenza interessa milioni di persone: sono, infatti, 5 milioni e 580mila i procedimenti penali pendenti e circa 80mila persone, già condannate a pene inferiori ai 3 anni, sono in nervosa attesa delle possibile, ma non sicura decisione del giudice di far loro scontare la pena in forme alternative alla prigione.
Pertanto, è ovvio che tutti questi uomini e donne, in particolare quelli ristretti in carcere o che temono di finirci a breve, soffrano, in queste ore, sentendo parlare di amnistia, della sindrome dell’affogato: si aggrappano a ogni notiziola rassicurante, sfogliano i giornali, ritagliano gli articoli che parlano di indulto e amnistia. La situazione, oltretutto, è destinata ad aggravarsi nei prossimi mesi, quando cominceranno a farsi sentire gli effetti della c. d. ex Cirielli. Aumenteranno, di molto, i reclusi, molti di loro non potranno più usufruire di permessi di lavoro o licenze premio, i recidivi abituali (i sottoproletari del crimine: scippatori, ladruncoli, rapinatori da quattro soldi, spacciatori al minuto, tossicodipendenti, immigrati, eccetera) saranno condannati a pene pesanti, eccetera, eccetera. Tempi rosei, invece, per i bancarottieri e i truffatori d’alto bordo: per loro i tempi di prescrizionedei reati si sono dimezzati. Ma – diciamolo a chiare lettere – la sorte, più o meno benevola, di Tanzi, Previti, Fiorani e quanti altri, interessa soprattutto, se non esclusivamente, per motivi polemici, il mondo partitico e giornalistico. I ceti subalterni, gli ultimi, gli esclusi, i marginali, gli imputati comuni non si fanno illusioni di sorta: sanno di vivere in una società dove i ricchi e i potenti la fanno sempre o quasi sempre franca. E di ciò non si stupiscono,né si indignano.