In 300 si sono ritrovati venerdì a Bilin, in Cisgiordania, per la manifestazione settimanale contro il muro, un appuntamento mai mancato negli ultimi 18 mesi. I raduni a Bilin non sono mai scontati o inutili, come qualcuno comincia a pensare di fronte al disinteresse della comunità internazionale, per i diritti violati del popolo palestinese. Nella strada principale di questo villaggio palestinese al quale le forze di occupazione hanno confiscato circa il 60% della terra agricola rovinando decine di famiglie, ancora una volta si sono riuniti palestinesi, giovani israeliani di «Anarchici contro il muro» e di «Taayush», e numerosi volontari europei, americani e giapponesi. Tra loro volti noti della politica locale e della società civile: il rettore dell’università Al-Quds, Sari Nusseibeh, il deputato arabo israeliano Mohammed Barakeh, i parlamentari palestinesi Mustafa Barghuti e Abu Leila, lo storico Salim Tamari e il noto pacifista israeliano Uri Avnery che nonostante i suoi 82 anni continua a manifestare ovunque è possibile per i diritti del popolo palestinese.
«E’ fondamentale continuare a lottare per l’ applicazione della sentenza della Corte di Giustizia dell’Aja che due anni fa ha affermato la assoluta illegalità del muro. Bilin in questo è esemplare, un punto di riferimento per la lotta contro la barriera israeliana», ha spiegato Tamari, seguito come un’ombra da una troupe della Bbc che sta girando un documentario nei Territori occupati la cui messa in onda è prevista per l’anniversario della Dichiarazione di Balfour (2 novembre 1917). Alla fine della preghiera islamica di mezzogiorno, la manifestazione dal centro di Bilin si è avviata verso i campi confiscati dall’esercito israeliano, sui quali si sta oggi espandendo la colonia ebraica di Modiin Illit, nonostante i vincoli posti dalla stessa Corte Suprema israeliana. Si è snodato un corteo variopinto nel quale accanto alle palestinesi velate e con gli abiti della tradizione contadina camminavano ragazze israeliane con l’acconciatura punk, docenti universitari e uomini politici, giovani di vari paesi con falce e martello disegnati sulle shirt.
Agli slogan in arabo, seguivano quelli in ebraico degli anarchici guidati come sempre da Yonatan Pollack. E’ così da mesi a conferma della determinazione di Bilin di non arrendersi e di rappresentare un esempio per altri villagg impegnati nella lotta contro il muro, come il vicino Beit Sira. Immancabile la solita reazione dei soldati israeliani quando i manifestanti si sono avvicinati alla barriera di colore giallo che serve da ingresso per i veicoli militari nella «striscia di sicurezza».
Gas lacrimogeni, bastonate, granate assordanti ma anche proiettili di gomma come quelli che hanno colpito la volontaria americana Mary Cullock, raggiunta al collo e alla schiena. «Le parti colpite mi fanno molto male. Non capisco perché (i soldati) abbiamo sparato, ero lontana dalla barriera e non facevo nulla di male», si è lamentata. Alla fine almeno sei manifestanti, tra cui due stranieri, sono rimasti leggermente feriti così come un poliziotto colpito da un sasso. «Saremo qui anche venerdì prossimo, e tutti gli altri venerdì», ha promesso al termine degli scontri Yonatan Pollack.
La battaglia condotta da mesi da Bilin serve agli attivisti anche per fare il punto sull’ avanzata del muro in Cisgiordania. Gli ultimi sviluppi sono preoccupanti. Rischia la demolizione persino l’edificio scolastico di Walaja (tra Gerusalemme e Betlemme) in costruzione (con fondi raccolti dagli abitanti). Lo scorso 30 maggio una ruspa militare ha distrutto due magazzini perché «costruiti senza permesso edilizio» e la scuola rischia di fare la stessa fine. Crescono intanto le colonie israeliane. Lo scorso 21 maggio i militari hanno consegnato ad alcuni abitanti di Wadi Maleh, nella Valle del Giordano, ordine di confisca per circa 300 ettari di terra su cui si espanderà la colonia di Maskyot.