Un patto antiliberista che ripristini la legalità
Coinvolgere nella trattativa chi ha lottato
Un “paletto” non negoziabile: no alla guerra
“alternativa”No alle privatizzazioni e sicurezza del lavoro
Caro direttore, sembra evidente che le leggi che questo governo ha attuato attraverso la sua ex granitica maggioranza parlamentare, sono per la stragrande parte leggi fatte “hic et nunc” per il presidente del Consiglio medesimo. Insomma “pro domo sua”. Un patto di legislatura che veda la necessaria collaborazione e partecipazione del Prc non può che fondarsi sul ripristino della legalità costituzionale volutamente dimenticata dal centrodestra. Il futuro nuovo governo non può presentarsi alla popolazione come un revival del precedente, appena appena diverso perché rispetta la separazione dei poteri, non occupa selvaggiamente televisioni, radio e non contempla in sé, soprattutto, uomini politici con la dote imperiale economica di Berlusconi. Se una nuova maggioranza è destinata a governare questo disgraziato Paese, ebbene questa deve derubricare ogni seppur piccolo elemento di trascinamento verso le politiche tipiche del berlusconismo fatte di privatizzazioni accuratamente penalizzanti il ruolo dello Stato, di smantellamento e deregolamentazione della sicurezza lavorativa in tutti i settori. Fatte, altresì, di esaurimento democratico del e nel Paese. Le affermazioni di Francesco Rutelli non possono, pertanto, non solo non far piacere, ma debbono essere immediatamente stigmatizzate. Esse sono la pericolosa breccia di una cultura troppo liberaleggiante, o liberista peggio ancora, che alberga nel centro-sinistra.
Marco Sferini, Savona
Come la mettiamo con i Rutelli?
Caro Curzi, Paolo Ferrero dice: non possiamo porre dei paletti programmatici non negoziabili con il centro sinistra, ma bisogna creare un percorso programmatico con i movimenti e le organizzazioni che insieme a noi hanno lavorato sul referendum per l’estensione dell’articolo 18 e nel movimento per la pace. Benissimo, sfido il compagno Paolo Ferrero a trovarmi una sola persona di questa moltitudine di movimenti che non voglia mettere come paletto non negoziabile il categorico rifiuto a ogni guerra («senza se e senza ma») e il rispetto della nostra Costituzione. Sono inoltre sicuro che nessun militante, in particolare tra i giovani comunisti, sia disposto a far parte di un futuro governo di centro sinistra complice di una guerra e di massacri verso altri proletari, ovunque essi siano. Mi pare quindi che il compagno Burgio abbia individuato il primo punto non negoziabile con il centro sinistra, un punto condiviso non solo dal corpo militante del nostro Partito ma dalla maggioranza del popolo della pace. Sfido inoltre il compagno Ferrero a trovarmi una solo individuo tra i movimenti che voglia cacciare Berlusconi e la sua politica di destra sostituendola con una politica sempre di destra, ma fatta dal centro sinistra. Proprio oggi Rutelli ha pubblicamente sostenuto che il governo di centro sinistra non cancellerà leggi infami del governo Berlusconi come la Legge 30 e i Ds gli hanno dato manforte affermando che non si può sconvolgere il quadro giuridico ad ogni nuova legislatura; al massimo verranno azzerate le leggi sul falso in bilancio, ma le leggi sul mercato del lavoro o sulle pensioni potranno essere solo ritoccate. Come la mettiamo?
Yassir Goretz, via e-mail
I tanti soggetti della trattativa
Caro Sandro, dovremmo evitare che la questione delle alleanze e il ruolo dei movimenti assuma come priorità l’accordo di governo fra Prc ed Ulivo per battere il centro destra, quando invece essa è stata posta dal Partito in questi 2 anni come innovazione strategica per far ripartire il conflitto di classe ed interrompere l’ormai insopportabile e nefasta separatezza fra il “Palazzo della Politica” e i soggetti sociali e sindacali che si sono riorganizzati dando vigore alle lotte. Credo che in Rifondazione e in buona parte della sinistra dell’Ulivo, ad esempio la sinistra Ds, sia abbastanza diffusa la convinzione che la crisi di Berlusconi e del suo blocco sociale dipende principalmente da questa ripresa del conflitto che ha avuto come protagonisti proprio i movimenti, da quello No Global ai girotondi, ferrotranvieri, metalmeccanici, precari metropolitani e della scuola, di difesa ambientale e della salute. Come potremmo allora accettare che essi non siano soggetti presenti in carne ed ossa al tavolo della trattativa con le forze dell’Ulivo e Rc per definire un programma che non sia di sola contrapposizione al governo delle destre ma alternativo alle sue devastanti politiche liberiste?
Francesco Berti
Sul terreno dell’avversario?
Caro direttore, la lettera di Alberto Burgio su “Liberazione” di oggi spiega come meglio non si può il rapporto tra Rifondazione, movimenti e Ulivo alla vigilia dello scontro politico tra centrodestra e centrosinistra, che mai come in questa fase storica si carica di significati profondi, ben oltre le scadenze elettorali di alternanza, perché la posta in gioco riguarda ormai il futuro della società in cui viviamo. La radicalità di questa cosa la destra capitalistica – da Bush a Berlusconi – l’ha capita benissimo e infatti si gioca il tutto per tutto, mettendo tutte le sue forze in campo e cercando spregiudicatamente alleanze al centro come nella sinistra moderata – vedi il rapporto con Blair. Ma non credo che le forze moderate della sinistra italiana l’abbiano capito ancora se è vero che invece di cercare strategie che gratifichino e quindi unifichino l’intero arco delle forze democratiche e popolari, puntigliosamente ancora inseguono l’avversario sul suo stesso terreno, disorientando la società civile persino sulla cosa che francamente non è negoziabile, il rifiuto della guerra. Se è così allora chiedere preliminarmente a tutto chiarezza sui contenuti e programmi, precisare che al progetto di futuro governo debbono partecipare non solo i partiti ma anche i movimenti e – aggiungo io – gli attori sociali di un processo di trasformazione sociale e di innovazione democratica realmente progressista, mi pare doveroso e ineludibile, se veramente si vuole coinvolgere le masse sulla scala dei grandi numeri, per vincere veramente e non per inseguire risultati effimeri, come il fallimento della precedente esperienza di governo di centrosinistra insegna.
Pasquale Vilardo, via e-mail
Rifondazione Comunismo e nuove spinte ideali
Caro Curzi, su “Il Venerdi” di Repubblica del 23 luglio scorso il sig. Filippo Failla, che si dichiara un elettore dell’Ulivo, dice di avere tre figli che alle ultime elezioni hanno votato Rifondazione, pur non essendo mai stati comunisti. Il sig. Filippo è convinto inoltre che solo il 10% degli elettori di Rifondazione sia comunista mentre il restante lo considera “non ideologizzato”. Invita perciò il nostro partito a fare un congresso da cui dovrebbe eventualmente scaturire un nome diverso (democratici di base, sinistra radicale e così via). Ti dico subito che non sono affatto d’accordo con Failla sulla sua proposta di cambiare il nome a Rifondazione, tuttavia se, come penso, la lettera citata contiene alcuni interessanti spunti di verità oggettiva, non credi che sarebbe politicamente utile parlare un po’ meno di tutta l’impalcatura ideologica novecentesca, e molto di più di un comunismo rifondato sulle nuove spinte ideali venutesi a creare dopo tanti anni devastanti di neoliberismo feroce e di globalizzazione disumana?
Francesco Sarli, Roma