Prima la nostra Costituente, poi le alleanze
Le grandi speranze suscitate dal Prc
No al centralismo democratico di coalizione
Basta con le dispute interne al ceto politico
Caro Curzi, mi dispiace non aver letto sul mio giornale una notizia politica che mi pare invece assai interessante, specie se messa in parallelo, anzi se intrecciata alle più recenti prese di posizione del nostro Bertinotti. Si tratta del documento congressuale Ds firmato da Laura Pennacchi e Giovanna Melandri, che, secondo il solitamente bene informato “manifesto” sarebbe ispirato da Cofferati e Veltroni. Innanzitutto in quel documento c’è il no secco alla guerra in Iraq «senza ripensamenti che non hanno alcun fondamento». Contro l’ipotesi della lista unitaria riformista, vi si sostiene la necessità di «contribuire alla costruzione dell’alleanza più larga possibile». E poi, soprattutto, c’è una filosofia di fondo, mi pare assolutamente condivisibile, soprattutto da parte nostra che vogliamo l’allargamento ai movimenti del confronto e del dibattito politico finalizzato a un’alleanza di governo: la necessità di uscire «da una disputa, tutta interna al ceto politico, tra l’ala moderata e quella radicale». A me sembra una posizione che varrebbe la pena di seguire con attenzione. Non credi?
Franco Prignano, via e-mail
BASTA CON I VERTICI “ALL’ACQUA MINERALE”
Caro Curzi, ho letto la tua intervista sul dibattito aperto da Bertinotti sulle primarie di programma, pubblicato con buon rilievo dall'”Unità”. Accetto le indicazioni che dai e che “l’Unità”, giustamente, mette in rilievo nel titolo: “Dobbiamo scommettere su un’ampia consultazione”. Il fatto stesso che io, elettore di sinistra, non iscritto da anni a nessun partito, senta questa necessità (tanto forte da invogliarmi a scriverti il giorno di ferragosto) dimostra che questa volta nel popolo di sinistra c’è una diffidenza grande per i soliti “vertici all’acqua minerale” (la definizione è tua). Io spero che non ci sarà bisogno di un altro intellettuale, come fu il caso di Nanni Moretti, per far capire a tutti i capi ulivisti e rifondaroli che bisogna dire e fare cose di sinistra se vogliamo davvero cacciare Berlusconi. Prodi, ed anche su questo punto concordo su quello che tu hai detto, ha sbagliato quando si è augurato che si voti a fine legislatura (2006). Questo errore, temo dimostra che il leader che dovrebbe guidarci ha una visione della democrazia chiusa nello steccato della semplice alternanza. Oggi Berlusconi, domani Prodi… Magari con solo piccole variazioni nei titoli delle pagine programmatiche. No, su questa strada la democrazia soffoca e la destra vince sempre.
Andrea Fiorito, via e-mail
Un limite da colmare
Caro direttore, le polemiche di questi giorni dimostrano quanto siano ancora incerti i caposaldi con i quali andiamo verso una trattativa di fondamentale importanza. E’ un limite che urge colmare al più presto. Milioni di italiani guardano a Rifondazione comunista con grandi speranze. Il nostro gruppo dirigente dimostri di essere all’altezza di queste aspettative.
Danilo Tosarelli, MILANO
O un buon accordo o niente
Caro Curzi, sono convinto che il nostro partito – indispensabile per battere Berlusconi (a meno che qualcuno non pensi di reclutare l’Udc) – abbia il dovere di avanzare una proposta unitaria a tutto il centro-sinistra e ai movimenti, precisando bene i punti senza i quali non è possibile l’accordo. O un buon accordo o nessun accordo ha scritto Paolo Ferrero su questo giornale. Se, poi, si riuscirà a fare l’accordo, questo non significa che saremo entrati a far parte del centro-sinistra, ma che si sarà realizzata una alleanza fra il centro-sinistra stesso e il Prc. Non sono in grado di sentirmi parte di esso, quantunque io speri ardentemente di poter stringere questa alleanza di governo.
Gilberto Volta, via e-mail
Perché si alimenta il caos?
Cara “Liberazione”, dal congresso ad oggi qualsiasi posizione del segretario è stata sempre a dir poco contrastata. Ma il problema non è Bertinotti, il problema è che una parte del Partito, dalla sua nascita, si sente protagonista solamente se alimenta il caos interno. Il segretario, a mio parere, ha tutto il diritto di esprimere pubblicamente delle posizioni: è stato eletto democraticamente e può essere sostituito. C’è poi un’altra opzione: chi non è d’accordo su nulla non è obbligato a rimanere. Le posizioni del segretario sono state discusse mille volte in qualsiasi organismo, su “Liberazione”, dappertutto. Io non credo che debba essere convocato il Cpn ogni volta che Bertinotti rilascia un’intervista!
Neda Graziani, Roma
I soggetti della Costituente
Cara “Liberazione”, è urgente, il partito, i movimenti tutti e tutte le forze (realmente di sinistra) promuovano una “Costituente programmatica di sinistra” che proponga a tutti, uomini e donne in carne ed ossa, un programma di governo realmente alternativo e con quei punti irrinunciabili di una forza alternativa al liberismo. E’ soltanto con la forza di questa “Costituente” che si può aprire un discorso con i Prodi, Rutelli, D’Alema eccetera; sono loro che dovranno dimostrare con fatti ed impegni precisi che sono diversi da Berlusconi e dalla sua politica, non solo a chiacchiere.
Renzo Scorzoni Roma
Il minimo indispensabile
Caro direttore, tenere fermi i punti dirimenti (no alla guerra, pensioni, salari, rilancio dello Stato in campo economico, privatizzazioni ecc.) per un nostro eventuale ingresso in un governo di centro sinistra, mi sembra il minimo indispensabile per ottenere quella svolta politica da noi tanto invocata e così, ormai, irrinunciabile per il Paese Italia. Quel “se perdo mi adeguo” mi allarma e mi sconforta.
Enrico Giovannetti, Agliana (Pt)
I protagonisti
di una vera alternativa
Caro direttore, credo che nessun accordo tra Rifondazione (che non può collocarsi come sinistra del centro sinistra, ma che deve continuare a pensarsi come forza autonoma) ed il centrosinistra, possa garantirci da logiche di gestione della crisi e di governo, più o meno riformista, delle dinamiche neoliberiste, se in questo processo non entrano in maniera netta, partecipativa, da protagoniste, tutte quelle istanze sociali che, resistendo al neoliberismo, creano i presupposti, soggettivo ed oggettivo, per una vera alternativa.
Roberto del Bello, Venezia
Le ragioni della nostra autonomia
Caro direttore, è necessario definire invece alcuni punti che devono essere considereati come non negoziabili (l’opposizione alla guerra, la legge 30, la riforma delle pensioni e l’introduzione di un nuovo meccanismo che consenta di recuperare il potere d’acquisto di salari e pensioni). Su questi punti irrinunciabili o il centrosinistra (Ds e Margherita in testa) sono disposti a sottoscrivere un accordo o altrimenti Rifondazione comunista farà valere le ragioni della propria autonomia politica.
Giuliano Della Foglia, Vanzago (MI)
Il partito come avanguardia
Cara “Liberazione”, il Partito ha scelto la linea del confronto programmatico col centro-sinistra, accettando di fatto Prodi quale candidato premier. Questo è un dato di fatto discusso e votato dagli organismi dirigenti. Andare oltre, nel tentativo di accelerare il processo tentando di svegliare comunque un Ulivo dormiente, mi appare essere operazione demagogica. Se siamo ancora comunisti, e non socialisti utopisti, non si può rinnegare il ruolo del Partito inteso come avanguardia («interprete cosciente di un movimento incosciente» scrisse Lenin) affermando con incredibile leggerezza che «il programma lo decidono gli elettori e non il Partito» ed a nulla serve il richiamo al ruolo ed ai metodi del sindacato né la suggestione della democrazia dei consigli
Raffaele Coppola, Salerno
Accettare l’egemonia moderata?
Caro direttore, a ulteriore conferma dello scadimento in tatticismo politicistico di certo “realismo politico”, con l’intervista al “Corriere della Sera” Fausto Bertinotti firma ufficialmente, a nome del Prc, la capitolazione rispetto a quel che dovrà essere il programma del futuro governo di centro-sinistra; e ciò risulta dal fatto che, ponendolo come disponibilità ad “adeguarsi” al risultato di un confronto col resto del centro-sinistra ed essendo il Prc minoritario, di fatto significa accettare di governare su linee che esprimono l’egemonia moderata esistente nel centro-sinistra.
Pasquale D’Angelo, via e-mail
Quel modello Jugoslavia…
Cara “Liberazione”, in questi giorni siamo passati dalla “doppia costituente” (con l’Ulivo per tentare di definire un programma e con le forze politiche, sociali, di movimento per l’alternativa) alle primarie. Con Bertinotti che dice: meglio sui programmi che sui candidati. Da quando in qua siamo diventati estimatori del bipolarismo e del maggioritario puro? Sul merito programmatico, Bertinotti propone, paradossalmente, il centralismo democratico di coalizione: ciascuno propone, esce una linea e tutti si adeguano. Straordinario, se non fosse per alcuni piccoli “dettagli” programmatici, a partire proprio dalle relazioni internazionali, la pace e la guerra. Il modello per il nostro centro-sinistra è, senza dubbio, l’aggressione Nato contro la Jugoslavia della primavera 1999 come scritto, nero su bianco, nel Manifesto per l’Europa di Prodi.
Marcello Graziosi, via e-mail
Quella scelta di Ingrao
Caro direttore, l’idea di Bertinotti di “movimentare” con elezioni “primarie” – non ben definite nel loro meccanismo – il centrosinistra ulivista, cioè di entrare appieno nel campo del centrosinistra al fine di poterne smuovere e conquistare la base contro i vertici – presupponendo l’esistenza di un’ampia base buona e disponibile e di un piccolo vertice deviato e sordo – mi richiama la scelta compiuta da Pietro Ingrao al convegno di Arco, settembre 1990, dell’allora mozione congressuale “Rifondazione Comunista” del Pci. La scelta cioè di stare comunque dentro il nascente nuovo partito (Pds) che avrebbe raccolto la gran parte del Pci in quanto ciò significava “stare nel gorgo” anziché ridursi a coltivare il proprio piccolo orto, o rinchiudersi in una nicchia come oggi dice Rina Gagliardi. Si è visto a cosa è servita per la sinistra e i comunisti quella scelta di Ingrao (di cui lo stesso Pietro qualche anno dopo si liberò).
Giovanni Caggiati, Parma