1.245 voli segreti Cia Nient’affatto segreti

Ci va giù duro Claudio Fava. Il rapporto preliminare sulle operazioni della Cia in Europa, firmato dall’euro-deputato dei Ds per la Commissione temporanea del parlamento europeo, non risparmia governi, servizi segreti e nemmeno i rappresentanti delle istituzioni comunitarie e della Nato. In pratica non guarda in faccia a nessuno. Alcuni tra loro hanno collaborato con la Cia, altri, più semplicemente, hanno mentito o hanno guardato da un’altra parte.
Il rapporto verrà presentato stamane a Bruxelles dallo stesso autore, ma già eri sera è iniziata la sua discussione all’interno della Commissione ad hoc in vista della votazione prevista ad inizio 2007. Poi anche i governi verranno obbligati a guardare dentro alla scatola nera delle attività della Cia in Europa e, eventualmente, render conto delle loro responsabilità. «I 25 hanno taciuto e mentito – avverte Fava – molti governi sapevano da più di un anno delle detenzioni illegali, l’hanno saputo direttamente da Condoleezza Rice. Adesso speriamo che sappiano assumersi le loro responsabilità». Intanto Amnesty international applaude al lavoro svolto.
Dopo quasi un anno di indagini, dopo diverse audizioni in cui sono sfilate 154 persone e tra loro una decina di vittime (o i loro rappresentanti), dopo varie missioni all’estero, da Washington ai Balcani fino alla Polonia ed alla Romania, il rapporto si riempie di una serie di dati utili a disegnare un panorama inquietante. Almeno 10 sono state le extraordinary rendition, le detenzioni illegali, messe in atto dalla Cia sul territorio Ue anche grazie alla collaborazione o all’inazione dei servizi di intelligenza o dei governi europei. 1245 è il numero dei voli che dopo l’11 settembre 2001 atterranno negli aeroporti comunitari trasportando, a volte, anche dei detenuti imprigionati illegalmente e quindi trasportati a Guantanamo, in Afghanistan o in paesi amici come l’Egitto o la Giordania, e qui interrogati e sottoposti a tortura e/o a regime di incomunicabilità. E «serie» sono le «evidenze circostanziali» che indicano la possibile esistenza di un centro di detenzione, ossia di una prigione segreta, a Stare Kiejkuty in Polonia. Discorso analogo per la Romania.
L’Italia viene citata soprattutto per via del rapimento di Abu Omar, delle reticenze dell’ex direttore del Sismi Pollari (ora consigliere speciale di Prodi), ma anche per il prezioso ruolo svolto dalla procura di Milano. Con l’Italia «colpevoli» altri 10 Stati membri – Regno unito, Polonia, Germania, Spagna, Portogallo (all’epoca dei fatti il premier era il commissario europeo Barroso), Austria, Irlanda, Grecia, Cipro e Danimarca – uno che entrerà a gennaio – la Romania – due candidati – Turchia e Macedonia. Poi il Kosovo e la Bosnia Erzegovina.
«La prima conclusione – spiega Fava – è che non si tratta di episodi isolati, ma di elementi che disegnano un sistema consolidato che gli Stati uniti hanno potuto applicare in modo strutturato grazie alla cooperazione dei governi europei». E qui emergono due tipi di collaborazione: «C’è quella grossolana dei servizi di intelligenza italiani (nel caso del rapimento di Abu Omar, ndr) ed un’altra che passa attraverso la legittimazione degli abusi. Membri dei servizi britannici e tedeschi si sono recati in alcuni paesi terzi per interrogare delle persone, dei loro concittadini, rapite illegalmente. In questa maniera hanno legittimato il metodo della Cia».
Gli elementi che inchiodano servizi e governi sono tanti, alcuni inconfutabili, come quelli sui voli, altri fortissimi, come quelli figli delle indagini «rigorose» svolte dalla giustizia italiana, spagnola e tedesca, altri, infine, forniti da fonti considerate attendibili, come ex agenti della Cia e ong. Per non citare la ciliegina: lo stesso Bush che ammette l’uso delle rendition.
Ma dal Consiglio, dai 25, per ora è arrivata poca cooperazione e molto ostruzionismo. Per questo il rapporto Fava accusa di reticenza il Regno unito, la Polonia e la Romania; esprime la sua «profonda preoccupazione per le omissioni» di Javier Solana, il superesponsabile della politica estera dell’Unione; si interroga sull’utilità e sul contenuto reale delle funzioni di Gijs de Vries, alias Mr. Terrorismo; «deplora» il rifiuto del direttore di Europol a comparire di fronte alla Commissione temporanea ed esprime «insoddisfazione» per l’analogo comportamento tenuto Jaap de Hoop Scheffer, il segretario generale della Nato.
Il rapporto sarà votato a gennaio dalla Commissione ad hoc, poi a febbraio dall’euro-parlamento, quindi la palla tornerà agli Stati membri. «Starà a loro decidere». Quel che è certo è che non potranno più negare.