La scorsa settimana l’aviazione statunitense ha effettuato «310 missioni di appoggio aereo ravvicinato alle truppe Isaf in Afghanistan», cui si sono aggiunte 55 missioni di intelligence compiute da aerei statunitensi e britannici: lo comunica la US Air Force. I raid statunitensi in appoggio alle truppe Nato/Isaf sono così saliti a oltre 1.200 in un mese e le missioni di intelligence a più di 200.
I raid sono effettuati, oltre che da cacciabombardieri F-15, da F/A-18 Super Hornets, che decollano dalle portaerei Eisenhower e Stennis, dislocate nell’area di operazioni della 5a flotta (comprendente Golfo, Mar Rosso e parte dell’Oceano Indiano). Ciascuna ha a bordo circa 80 aerei di vario tipo. I cacciabombardieri, che effettuano raid anche in Iraq, vengono riforniti in volo da aerei cisterna statunitensi, britannici e francesi: la scorsa settimana hanno effettuato 289 sortite, fornendo agli aerei in volo una quantità di carburante equivalente a quella di 482 grosse autocisterne.
Vengono impiegati in Afghanistan anche i B-1B, bombardieri strategici per l’attacco nucleare, utilizzati con bombe non-nucleari: questo bombardiere pesante, con un carico bellico maggiore di quello di un B-52, può sganciare in una missione 24 Gbu-31 Jdam a guida Gps da 2.000 libbre (quasi una tonnellata), che possono essere lanciate simultaneamente contro più obiettivi da oltre 60 km di distanza, più 84 Mk-82 da 500 libbre, 30 bombe a grappolo di vario tipo e decine di altre munizioni.
Un altro aereo impiegato in Afghanistan è l’A-10 Thunderbolt, specializzato nell’appoggio aereo ravvicinato alle forze terrestri. Può trasportare oltre 7 tonnellate di bombe e missili. Ma la sua arma letale è il cannone Gau-8 Avenger da 30 mm, che spara 3.900 colpi al minuto usando un misto di proiettili incendiari ad alto esplosivo e di proiettili penetranti a uranio impoverito. Questi aerei possono operare a bassa quota, in quanto abitacolo e apparecchiature sono protette da una corazza di titanio, e in piena oscurità, grazie al visore notturno del pilota. Decollano quindi in continuazione, di giorno e di notte, dalla base di Bagram per fornire «appoggio aereo ravvicinato alle truppe Isaf».
E’ dunque in corso in Afghanistan una guerra aerea di crescente intensità. Ciò viene però ufficialmente ignorato nei comunicati Nato/Isaf, in cui si parla solo di operazioni militari terrestri. Esiste invece uno stretto coordinamento tra il comando Nato/Isaf, agli ordini del generale statunitense Dan K. McNeill, e l’aviazione statunitense, le cui «missioni di appoggio aereo ravvicinato alle truppe Isaf» rientrano ufficialmente nell’operazione Enduring Freedom. Sul piano operativo, il ruolo chiave viene svolto dai «controllori aerei tattici congiunti» (Jtac): sono «membri altamente addestrati dell’Air Force, che consigliano i comandanti sul terreno sull’appropriato appoggio aereo e trasmettono agli equipaggi degli aerei le intenzioni dei comandanti sul terreno». Sono dunque i comandanti Nato/Isaf a dare l’ok ai raid aerei «consigliati» o a richiedere tramite i Jtac l’intervento dell’aviazione Usa.
Tutto questo viene ufficialmente ignorato, da maggioranza e opposizione, anche nel parlamento italiano. E’ una sorta di operazione bipartisan «mani pulite», per dimostrare che l’Italia non ha niente a che vedere con la guerra aerea in Afghanistan e con il crescente numero di vittime civili (di cui nemmeno si parla). In realtà, ufficiali italiani fanno parte del comando Nato/Isaf, che indica all’aviazione statunitense gli obiettivi da colpire, spesso definiti «sospetti terroristi».
E tra poco arriveranno in Afghanistan anche i Predator italiani, i velivoli teleguidati che, assicura il ministero della difesa, hanno «esclusive capacità di ricognizione». Così, quando un Predator italiano segnalerà al comando un gruppo di «sospetti terroristi», e un B-1B li colpirà con una bomba da una tonnellata o un A-10 Thunderbolt gli sparerà in un minuto 3.900 proiettili incendiari e a uranio impoverito, in caso si tratti di civili la coscienza nazionale sarà salva.